Andrea Rocchelli scattava foto. Fu preso di mira come un pericoloso terrorista
A conclusione del processo di Milano il pubblico ministero e la parte civile hanno precisato il contesto in cui fu ucciso il fotoreporter
Nell’ultima udienza del processo di appello per la morte di Andrea Rocchelli, il 3 novembre 2020, il pubblico ministero (il sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo) e l’avvocato di parte civile per la famiglia Rocchelli (l’avvocato Alessandra Ballerini) hanno replicato alle arringhe dei difensori dell’imputato e dello Stato ucraino per mettere a fuoco alcuni dati di fatto di indubbio interesse per inquadrare il contesto politico e militare in cui furono uccisi il fotoreporter italiano e il suo collega russo Andrej Mironov, quel 24 maggio 2014.
Hanno precisato che:
- in Ucraina non si combatteva una guerra, visto che le autorità nazionali non avevano dichiarato lo stato di guerra, ma le autorità fronteggiavano una situazione di emergenza che autorizzava un’operazione antiterrorismo.
- rimane ingiustificato e ingiustificabile l’uso delle armi a scopo offensivo contro persone ben distinguibili come civili disarmati, in questo caso giornalisti.
- le operazioni militari avevano già messo in pericolo gli abitanti della zona, le loro abitazioni, un ospedale. Andrea Rocchelli e i suoi compagni si recavano in quella zona proprio per accertare questo grave abuso contro i civili e documentarlo, com’è compito dei giornalisti.
Nessun pregiudizio anti-ucraino – «Nelle loro arringhe – ha detto la dottoressa Nunzia Ciaravolo – i difensori hanno accusato la Corte d’assise di Pavia (che ha celebrato il processo in primo grado condannando l’imputato a 24 anni di reclusione, ndr) di essere parziale e di agire con pregiudizio nei confronti dell’Ucraina. Questo è inaccettabile. Si è detto inoltre che nella sentenza di primo grado si parla di occupazione del territorio da parte dello Stato ucraino, ma ciò non è vero. In tutta la sentenza non c’è una espressione che possa minimamente offendere la sovranità dello Stato ucraino. È stato detto, anche in questo caso, qualcosa di assolutamente non veritiero».
Bersagli civili – Inoltre, ha aggiunto il sostituto procuratore generale, nelle arringhe della difesa ci sono alcuni elementi tecnici che non tornano. Perché qui noi non stiamo contestando le conseguenze dovute allo svolgimento di un’azione antiterrorismo, ma «l’utilizzo di armi pesanti, prima dei colpi a raffica e poi di mortaio, sparati contro i civili. Se fossero riconoscibili o no come giornalisti non è rilevante. Si trattava di un’auto di civili, vestiti come tali, che è stata colpita da colpi di mortaio. Ciò contravviene a tutte le convenzioni internazionali, secondo cui non si possono usare le armi contro i civili». Il presupposto per definire quell’attacco al taxi che trasportava Andy Rocchelli, Andrej Mironov e William Roguelon come una normale operazione antiterroristica, ha aggiunto la dottoressa Nunzia Ciaravolo – «è inesistente, perché (i bersagli, ndr) erano dei giornalisti e ancor prima erano dei civili, e non erano impegnati in attività di terrorismo. C’era un’auto civile. C’erano poche persone che scattavano fotografie. Non ci furono colpi di avvertimento. Si allontanarono in fila indiana. Furono bersaglio di colpi di arma leggera e pesante al deliberato fine della loro eliminazione – ha detto il sostituto procuratore generale –. È un comportamento tenuto in violazione del diritto umanitario e in particolare della quarta convenzione di Ginevra, che tutela i diritti dei civili in tempo di guerra».
Crimini contro l’umanità – Il pubblico ministero ha poi citato un documento di Human Rights Watch del 23 maggio 2014. È il resoconto di una visita dei ricercatori dell’associazione, che hanno intervistato i civili che abitavano nei dintorni di Sloviansk: «Dice così. Almeno 9 case del villaggio hanno subito gravi danni, tutte le notti i civili erano costretti a nascondersi nei seminterrati. Voi avete visto le foto scattate da Rocchelli: si vedono bambini che si riparavano nelle cantine per sfuggire ai bombardamenti».
Human Rights Watch, ha proseguito la dottoressa Nunzia Ciaravolo, descrive la distruzione di alcune case, riferisce i resoconti di alcuni residenti del villaggio. Human Rights Watch ha riferito che il 23 maggio c’erano ancora dei tetti fumanti a causa del pesante bombardamento della notte precedente. Il 25 maggio, il giorno successivo all’uccisione di Andy Rocchelli e di Andrej Mironov e al ferimento di William Roguelon, l’ospedale psichiatrico di Sloviansk è stato colpito da un colpo di mortaio la mattina presto. «Il resoconto parla di un grande buco nel muro del secondo piano, con finestre esplose e frammenti dappertutto. Due infermiere hanno raccontato che è stata danneggiata l’ala dell’edificio che ospitava 28 anziani tra i 70 e gli 80 anni e pazienti non deambulanti, allettati. Le infermiere hanno detto che la sera prima, dunque il 24 maggio, un gruppo di ribelli, mentre lo staff portava la cena ai pazienti, aveva avvertito che quella notte ci sarebbero stati bombardamenti. Di conseguenza tutti i pazienti avevano trascorso la notte in cantina insieme al personale infermieristico».
Rileggere i rapporti dell’Onu – L’avvocato Alessandra Ballerini ha aggiunto: «Occorre rileggere i rapporti dell’Onu sul conflitto ucraino, in particolare quelli del 2014 e 2016, in cui si parla di torture sistemiche e di disprezzo dei diritti umani. Riguardo la situazione di guerra e la pericolosità del luogo va ricordato che lo stato di guerra non era stato proclamato: il decreto legge 405 del 14 aprile 2014 del presidente dell’Ucraina dispone soltanto misure urgenti per preservare l’integrità territoriale ucraina e superare la minaccia terroristica. Non c’era una situazione di guerra e quindi a maggior ragione non si poteva sparare sui civili. Esiste anche un video di Human Rights Watch che mostra l’attacco all’ospedale psichiatrico di Sloviansk, dove erano ricoverati anziani non autosufficienti».
La lista nera – L’avvocato Ballerini ha poi parlato del sito web che elenca i nomi dei personaggi sgraditi all’Ucraina: «C’è una penosa lista nera nel sito fatto dall’intelligence del Ministro degli Interni ucraino, in lingua ucraine e in russo. In questa pagina, in questo sito, sono elencati i nomi di tutti i giornalisti (inviati per seguire il conflitto, ndr) e vengono considerati terroristi. C’è stato per questo un allarme di Reporters Sans Frontières, perché questa lista rendeva pubblici anche i loro dati sensibili e perciò metteva in pericolo l’incolumità dei giornalisti inviati sul posto. La lista è ancora online. C’è anche la foto di Andy Rocchelli con sovrimpressa la scritta ‘eliminato’». Andy Rocchelli, ha aggiunto l’avvocato della famiglia Rocchelli, era considerato pericoloso, un individuo scomodo, proprio per la sua professione di giornalista.
Era in contatto con i civili bombardati – «Tra i lasciti di Andy c’è un articolo del 19 maggio del 2014 che racconta le condizioni dei civili. E sono proprio i civili a confermare che Andy e gli altri giornalisti andavano ogni giorno lì per verificare se i colpi provenienti dalla collina avessero colpito o no le case dei civili. Questo fanno i giornalisti: andare nei luoghi difficili per consentire a noi di conoscere ciò che accade. E per dare voce a chi non ha voce. Da lì Andy e i suoi colleghi documentavano ogni giorno i colpi sparati dall’esercito ucraino contro i civili. Erano dunque un pericolo?».
Leggi le notizie di Ossigeno sul processo di primo grado a Pavia
Leggi chi era Andrea Rocchelli
* Fonte: Ossigeno per l’Informazione
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Processo Rocchelli. L’Ucraina fa festa, l’Italia tace e attende motivazioni
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