Israele e le rotte del narcotraffico
Una ventina di anni fa, una relazione del Dipartimento di Stato americano delineava per Israele una situazione sotto controllo in tema di traffico di stupefacenti: il paese sarebbe stato soltanto un paese consumatore senza problemi di transito delle droghe, né di produzione né, tantomeno, di corruzione. Oggi la situazione è decisamente mutata.
Ai primi posti, nel paese, è senz’altro il problema del consumo di eroina e cannabis con indici crescenti per cocaina, amfetamine e Lsd. È significativo che si tratti degli stessi trend europei. Del resto le statistiche ufficiali dei sequestri attestano che molta della cocaina, eroina, Lsd che si consumano qui, vengono in gran parte dall’Europa, ma anche dal Sud America, come si evince dall’ultimo ingente sequestro di cocaina, 2,5 ton, effettuato poco più di un mese fa, nel porto di Villeta in Paraguay occultata in un carico di carbone in un container diretto in Israele.
L’eroina proviene da tre rotte principali: dal Libano attraverso la frontiera nord; dalla Mezzaluna attraverso la Turchia e l’Europa; dal Triangolo d’oro direttamente o attraverso paesi dell’UE. Insieme alle droghe sintetiche l’eroina viene venduta in Sha’anan Street, nei vicoli popolari e nella stazione degli autobus dove i protagonisti del mercato sono gli ebrei provenienti dalla Russia, dal Caucaso e dall’Asia Centrale. I frequenti viaggi nelle rispettive città di origine (Tbilisi, Baku, Sebastopoli, Almaty, Mosca e San Pietroburgo) favoriscono un’importazione molto decentralizzata nel commercio delle droghe, una polverizzazione quasi familiare.
La cocaina viene consumata nei circoli alla moda, inalata con le pipe o sniffata. I giovani ne fanno uso, insieme all’ecstasy, durante il servizio militare e poi continuano a farne uso. Molti night club e bar specializzati in tecno rock e rave ne diffondono l’uso (con la pandemia che interessa anche Israele tutto è, naturalmente, molto limitato) collegato alla immagine aggressiva e spregiudicata in voga tra i “sabra”, i cittadini della generazione dei nati in Israele. Parte della cocaina che arriva è destinata agli eleganti quartieri cristiani nei dintorni di Beirut. Infatti, il traffico verso i porti del Libano del sud è gestito da israeliani e cristiano-libanesi. Le partite di cocaina spesso vengono consegnate a contrabbandieri tassisti. La cocaina è, dunque, l’unica droga che transita per Israele diretta ad altri mercati.
Una parte della cannabis viene prodotta in loco, lungo il fiume Giordano o nelle oasi del deserto del Negev. La maggior parte della marijuana consumata nel paese viene dall’Africa occidentale, via Sudan, Egitto e deserto del Sinai e viene venduta insieme alle gemme e alle monete antiche d’oro e d’argento. Spesso arriva anche attraverso Gaza, Eilot o il Mar Rosso. I beduini delle zone interne del Sinai, invece, coltivano l’oppio (piccoli appezzamenti attorno a Jabel Serbal la più alta vetta del Sinai).
I controlli delle forze di sicurezza sono finalizzati, soprattutto, alla intercettazione di armi ed esplosivi perché il terrorismo da quelle parti è considerato ancora prioritario.
In tema di riciclaggio, dopo diversi allarmi lanciati negli anni passati anche da alcuni funzionari della Banca d’Israele, il Parlamento, nel marzo 2018, ha approvato una legge (entrata in vigore il primo gennaio 2019) per la drastica riduzione nell’utilizzo del denaro contante e per combattere la criminalità finanziaria e il riciclaggio.
Ancora presto per capire se Israele non sia più un “paradiso bancario”.
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Cipro, paradiso fiscale e centro del riciclaggio anche delle mafie
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