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13. Ex Delverde, una rinomata azienda oggetto di un “anomalo” fallimento

Di Davide Ferrone il . Abruzzo

Quello
che ora rimane è una “ditta fantasma” che continua a vendere ma
porta sulle spalle una vicenda poco chiara, “una delle tante” che
in un periodo di crisi come quello attuale attanaglia le tante
imprese nostrane, strette dalla morsa del poco profitto. Ecco in
breve cosa sarebbe successo. Secondo le accuse della magistratura,
per comprendere la vicenda sarebbe centrale la figura di Giancarlo
Masciarelli, uomo di rilevo e spessore nel panorama politico
economico abruzzese e presidente della Fira, la finanziaria regionale
abruzzese. L’ente avrebbe potuto garantire i fondi necessari per la
risalita del pastificio: all’atto pratica una storia di ripresa si è
trasformata in un nugolo di consulenza, accertamenti e campi di
proprietà tali da arricchire solamente gli investitori e non la
Delverde. 

Il caso
Fira

Proprio il
caso F.i.r.a. è argomento che si intreccia con il secondo pastificio
d’Abruzzo: questo ente, il cui vertice è stato voluto dall’ex
presidente della Regione Pace sembrava, sempre secondo le indagini,
poter rappresentare uno di quei calderoni tipici italiani in cui
assorbire le perdite degli”amici”, far ottenere i finanziamenti a
chi si mostrava “incline” al compromesso, a uno scambio di favori
clientelare . Il Finanziamento Fira sembra, secondo le accuse,
l’oggetto ambito del ricatto imposto da Masciarelli nello scenario
Delverde, che avrebbe potuto risollevare imprese in difficoltà. Ma
dietro la maschera l’ente conteneva 60 milioni di euro di debiti, da
assorbire indirettamente sulle spalle della Regione Abruzzo e, in un
certo qual modo, dei cittadini. Tutto questo quasi nella normalità
di uffici che continuavano a essere aperti nel bel mezzo
dell’inchiesta, delle scoperte e degli avvisi di garanzia.

E la Fira,
puntualmente, sale alla ribalta l’8 febbraio 2006 quando la finanza
perquisisce i locali che ospitano la finanziaria, in un contesto di
sostanziale quasi “incredulità” e fiducia attorno a Masciarelli,
una fiducia che egli stesso non smentisce.

Particolari
“curiosi” risultano essere che alla Fira è stato affidato, tra
le altre cose, il monitoraggio della sanità regionale (attraverso
una sua diramazione, la Fira servizi) poi a sua volta al centro delle
polemiche con il caso Del Turco-Angelini e che, in diversi casi, chi
affidava consulenze, fondi europei o finanziamenti era chi, in
qualche modo, direttamente o indirettamente, la consulenza era
chiamata a fornirla, il finanziamento o il fondo a riceverlo; la cosa
è emersa da una fonte non proprio “nemica” in un interrogazione
della giunta regionale (la giunta Pace appunto) e nelle pagine di un
mensile, Zac.

Delverde,
storia di un fallimento annunciato

La seconda
fase del “piano”, alla luce del bilancio appena approvato,
prevede la vendita delle azioni dei “vecchi”: viene convinto
Tamma e le sue quote vengono acquistate dalla Starco, amministratore
delegato il cognato (Giangiulio D’alessandro) di un altro “amico”
di Masciarelli, all’anagrafe Picciotti Marco.

Contemporaneamente all’effettuata la
cessione viene stabilito che i «venditori garantiscono che la
situazione patrimoniale e tutti i precedenti bilanci sono stati
redatti nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge» ed
Alimonti(rappresentato da un membro nel Cda possedendo azioni di
minoranza),insieme agli altri soci minori della ex Delverde, si
tirerà fuori da questa assunzione di responsabilità, secondo le
accuse ben indirizzato da Picciotti & co.; viene così creata la
Abruzzo Alimenti s.r.l. che prevede le quote di minoranza a vari
piccoli azionisti tra cui lo stesso Tamma, ma a detenere le quote è
la GESAV, società di diritto lussemburghese con amministratore
delegato Marco Picciotti e, si presume, dietro le quinte, quel Pietro
Anello, avvocato, che con il suo studio ha effettuato diverse
consulenze verifica degli assets societari per la Delverde; a questo
punto, alla Abruzzo Alimenti s.r.l., prelevando le quote della
STARCO, spetta il 58% delle quote del pastificio.

Si completa dunque, con una serie di
operazioni mirate e studiate a tavolino, l’acquisto
della maggioranza di quote della Delverde ad un costo basso: giusto
il pagamento delle quote a Tamma da parte della Starco.

Il baratro
per la Delverde è vicino e si spalancano le porte del fallimento.

Tra i nuovi
amministratori c’è Giorgio De Gennaro, a cui viene affidato il
compito di liquidatore e il 16. Agosto del 2004 l’azienda entra in
procedura di fallimento in concordato preventivo.

Il 17
febbraio 2005 viene dichiarato il fallimento, anche qui, secondo la
procura l’interesse a “manovrare” l’andamento degli eventi da
parte degli attori protagonisti della vicenda aumenta e si preparano
gli interventi per acquisire l’azienda attraverso spesse volte
prestanome o società con persone vicine agli indagati; la procura
l’8 febbraio del 2006 blocca le operazioni finanziaria e invia
avvisi di garanzia per 14 persone.

A questo
punto, però, prima che venga fatta qualsiasi operazione in merito la
Procura interviene e il gioco delle parti, la ricerca di capitale per
riacquistare l’impresa si interrompe e a parlare ora, saranno le
carte processuali.

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