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Ricostruire pulito

di Gaetano Liardo il . Abruzzo

«La verità ha bisogno sempre di essere vigilata». Con queste parole il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, lancia l’Osservatorio Ricostruire Pulito, che vede protagonisti Libera, Legambiente e la provincia de L’Aquila.  In presenza di Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, Sebastiano Venneri, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, Angelo Venti, direttore di Site.it, Angelo di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo e Stefania Pezzopane, presidente della provincia de L’Aquila, è stato ufficializzato in una conferenza stampa nella città distrutta dal terremoto del 6 aprile scorso. «Un atto d’amore e di rispetto per questa meravigliosa terra e per le tante persone che non ci sono più», afferma don Ciotti parlando della necessità di una vigilanza da parte della società civile nel processo di ricostruzione in una terra profondamente ferita, ma che necessita di rialzarsi in fretta e bene. «L’Abruzzo non è un’isola felice», gli fa eco Angelo Venti, che con la redazione di Site.it, Libera Informazione e Libera, dalla notte del sisma sta lavorando alacremente e senza tregua per mantenere  un riflettore acceso sul processo di ricostruzione. 

Le mafie non sono una novità in Abruzzo, e con molta probabilità non si lasceranno sfuggire la ghiotta occasione di fare affari durante la ricostruzione. Nell’ambito dei reati contro l’ambiente, ad esempio, nel 2008 si è registrato un boom degli affari della criminalità organizzata. Prima del terremoto. Lo ricorda Sebastiano Venneri, citando i dati raccolti nel dossier Ecomafie pubblicato annualmente da Legambiente: «il fatturato delle mafie in Abruzzo nel 2008 è di circa 20 miliardi di euro. L’Abruzzo si è collocato in nona posizione per numero e gravità di reati commessi sia nel ciclo del cemento che in quello dei rifiuti. Lo scorso anno ci sono state 278 persone denunciate e 71 sequestri di immobili nel campo degli appalti, e 216 infrazioni e 93 sequestri nel campo dei rifiuti». Basti ricordare il sequestro da parte della Direzione Distrettuale antimafia della villa di un imprenditore campano legato al clan Mallardo, oppure le inchieste sul tesoro di Ciancimino a Tagliacozzo, o l’inchiesta Histonium II che vede il coinvolgimento della ‘ndrangheta calabrese. Mafia, ‘ndrangheta e camorra prosperano da anni nell’Isola felice che non c’è mai stata. «Tutti segnali pericolosi in vista della ricostruzione», aggiunge Venneri. Sulla stessa linea d’onda Angelo Venti, che fa una ricostruzione storica degli affari dei boss in Abruzzo. «Negli anni ’90 ben 17 comuni della Marsica smaltivano rifiuti nelle discariche di Gaetano Vassallo – il boss camorrista tra i protagonisti dello smaltimento dei rifiuti tossici in Campania»,  o ancora il caso emblematico d Tagliacozzo e del reinvestimento in Abruzzo di parte del tesoro di Vito Ciancimino. 
«Tagliacozzo è il primo caso conclamato della presenza delle mafie in Abruzzo», sottolinea Venti, «nel 2002, nei lavori per la costruzione della rete del metano era presente la Gas Spa. Dietro questa impresa figuravano i nomi di Massimo Ciancimino e del commercialista Gianni Lapis», ovvero i protagonisti del reinvestimento del tesoro di don Vito frutto del “sacco” di Palermo. 
Le mafie in Abruzzo hanno stretto legami con gli imprenditori locali, «si è creta una rete di relazioni – continua Venti – che hanno facilitato l’infiltrazione ben prima del terremoto». Reti pronte all’uso nel momento dell’emergenza. «Non c’è regione in Italia che si possa dichiarare esente dal fenomeno mafia, specie in situazioni come queste, dove c’è un giro di affari considerevole e c’è bisogno di stare attenti anche alla cosiddetta legalità sostenibile di chi si muove a cavallo di ciò che è lecito e ciò che non lo è».  
Libera, già dal 2007 ha posto l’attenzione sul problema delle infiltrazioni mafiose in Abruzzo, toccando con mano la pericolosità e la forza del loro radicamento. Allo stesso modo Legambiente, nel marzo del 2008, ha dato vita al gruppo Emergenza ambiente Abruzzo, che raccoglie più di ottanta associazioni del territorio preoccupate dall’incidenza di reati contro l’ambiente nella regione. L’Osservatorio si pone nella stessa direzione, vigilare sulla ricostruzione, senza volersi sostituire alla magistratura o alle forze dell’ordine, piuttosto segnalando casi o fatti “oscuri”, su cui chi fa le indagini può far chiarezza. E’ già successo nel giorno di Pasquetta, quando Site.it ha denunciato la distruzione di macerie “sensibili” all’interno di piazza d’armi. «Il giorno di Pasquetta – racconta Venti –  in Piazza d’Armi, area militare posta sotto il controllo della Protezione Civile, si è verificato uno straordinario via vai di mezzi e camion con materiali provenienti da edifici posti sotto inchiesta, depositati in appositi macchinari tritura macerie». La denuncia e il tamtam mediatico hanno spinto la Procura de L’Aquila ad aprire un’inchiesta, e la Procura Nazionale Antimafia ad istituire un pool di magistrati che vigilasse sul processo di ricostruzione. Esempio di controllo democratico del territorio, fatto proprio da don Ciotti che, citando la Costituzione afferma: «l’art. 4 della Costituzione parla del dovere di tutti i cittadini di svolgere azioni per il bene comune e la ricerca della verità. Noi con l’Osservatorio stiamo facendo proprio questo. Nulla di più. Vogliamo una ricostruzione pulita e lo dobbiamo a quanti sono rimasti sotto ad edifici costruiti con sabbia di mare o con cemento scadente. Questa terra e’ stupenda, forte e generosa, anche se ora con tante ferite, ed ha tutti gli anticorpi possibili per reagire». Reagire, appunto, per evitare che il cancro delle mafie consolidi la sua presenza in una realtà che ha già pagato un conto troppo caro e che adesso chiede il rispetto della propria dignità.

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