Una gestione sostenibile delle migrazioni
L’obiettivo che molti politici avrebbero voluto conseguire da tempo e cioè quello di una “gestione sostenibile delle migrazioni” presuppone in primis una revisione generale della legislazione nazionale e comunitaria sull’immigrazione che oggi appare molto difficile immaginare per la gravissima emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro paese, tutta l’UE, il mondo intero.
Così, mentre scriviamo queste sintetiche considerazioni sul tema, continuano, in maniera decisamente più consistente rispetto al 2019, gli sbarchi autonomi di migranti sulle coste italiane, in particolare a Lampedusa.
Il tema torna, dunque, alla ribalta mediatica quando in un paio di giorni si registrano più di duemila sbarcati molti dei quali arrivati su barchini nottetempo o soccorsi in mare dalle motovedette della Guardia di Finanza e si riempie fino a livelli incompatibili con la dignità umana (oltre mille persone) l’unico centro di accoglienza di Lampedusa la cui capacità ricettiva e di circa duecento posti.
Non restano, a quel punto, che le operazioni di trasferimento (spesso a rilento) in altri centri della Sicilia e di altre regioni, talvolta su altre navi per la quarantena ormeggiate nei pressi dell’isola, altre volte nei cosiddetti hotspot (punti di crisi) e Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), in attesa appunto del rimpatrio, provvedimento che, come noto, molti politici (e non) sollecitano spesso ignorando le procedure presupposte disciplinate dalle leggi e la vigenza di accordi bilaterali politici di riammissione.
La condizione imprescindibile, lo ricordiamo, per l’esecuzione di un provvedimento finalizzato all’allontanamento di uno straniero privo di titolo di ingresso/soggiorno nel territorio nazionale e nella c.d “area Schengen”, è il possesso da parte di quest’ultimo di un documento di identità che ne consenta l’espatrio. Chi non ha il documento (e gran parte dei migranti non lo hanno perché in molti casi lo hanno intenzionalmente distrutto o lasciato nel loro paese) non può essere rimpatriato e in tali situazioni, le più frequenti, gli Uffici di Polizia devono attivarsi per ottenere la compiuta identificazione ed il rilascio del documento di viaggio (c.d. lasciapassare) presso la rappresentanza diplomatica consolare del paese di provenienza dello straniero.
Se è vero che la riammissione dei propri cittadini è un obbligo per gli Stati ai sensi del diritto internazionale consuetudinario è anche vero che l’UE ha stipulato negli anni diversi accordi di riammissione con paesi terzi e a questi si sono affiancate Intese bilaterali che ciascun Stato membro ha conseguito con alcuni paesi terzi di particolare interesse strategico (è il caso, per esempio, dell’Albania, di Bosnia Eregovina, della Repubblica della Macedonia del Nord, della Moldavia, del Montenegro, della Federazione Russa, della Serbia).
In altri casi si parla di “buone prassi” che, pur non vincolanti sul piano giuridico, possono agevolare i rimpatri (come con la Costa d’Avorio e Gambia). Naturalmente c’è ancora molto da fare in questo ambito come ricorda la Direzione Centrale per l’Immigrazione e la Polizia delle Frontiere (Dipartimento della Pubblica Sicurezza-Ministero dell’Interno) che, con una circolare indirizzata ai Questori poco più di un mese fa, sottolineava, tra l’altro, di cercare di privilegiare l’esecuzione dell’espulsione di uno straniero con accompagnamento diretto in frontiera come misura preferibile al trattenimento in un Cpr “..che deve essere considerato quale opzione residuale, anche in considerazione della possibilità di avvalersi dello strumento di cui all’art.13 comma bis del Testo Unico sull’Immigrazione..” che consente la temporanea permanenza di uno straniero anche in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza (individuate nelle camere di sicurezza delle Questure).
Insomma, c’è ancora molto da lavorare in questo delicato settore e, forse, sarebbe il momento anche di cancellare dalla legge quell’inutile “reato di clandestinità” sanzionato con una pena pecuniaria salata che nessuno ha mai pagato e la cui efficacia deterrente è stata pari a zero.
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