Ignoranza e malafede sull’immigrazione
Una profonda ignoranza della legge in generale in particolare di quella che disciplina l’immigrazione e molta malafede hanno spinto a dichiarazioni, ancora un volta senza capo né coda, il leader della Lega Matteo Salvini che ha chiesto le dimissioni della ministra dell’interno Lamorgese “responsabile” per aver lasciato libero il tunisino autore delle strage di Nizza dopo il suo sbarco, a settembre, a Lampedusa.
Ignora Salvini che pure è stato Ministro dell’Interno, che le procedure di accoglienza, di quarantena, di identificazione nel Cie di Bari e di rilascio di un ordine di allontanamento dal territorio nazionale entro sette giorni rilasciato dal Questore sono tutti momenti disciplinati dalla legge e da circolari ministeriali. Tanto più che sul conto del tunisino nulla era stato comunicato dalle autorità del suo paese perché nulla aveva a carico sul piano giudiziario o di polizia. Dunque, Salvini continua a fare polemiche pretestuose rilanciando sul tema della sicurezza, sugli sbarchi, sui rimpatri degli stranieri e sul decreto legge recente che ha modificato sostanzialmente quelli adottati durante il Governo Conte 1 e che è ritenuto “permissivo”.
Francamente vedo soltanto dichiarazioni abbastanza superficiali mentre con il decreto legge 21 ottobre 2010, n.130 (“Disposizioni urgenti in materia di immigrazione,protezione internazionale complementare, modifiche agli articoli 131-bis,391 ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale”, è stato, intanto, rivisto il sistema di accoglienza rinominando il SIPROIMI in “Sistema di accoglienza e integrazione”.
In sostanza le amministrazioni comunali possono ospitare, nei limiti dei posti disponibili, i richiedenti asilo, i titolari di protezione internazionale, i minori stranieri non accompagnati,i titolari di protezione speciale, i titolari di permessi di soggiorno per cure mediche, per calamità, le vittime di tratta, di violenza domestica, di sfruttamento lavorativo e gli stranieri affidati dal Tribunale per i minorenni ai sevizi sociali, al compimento della maggiore età. Contrariamente a quando stabilito nei decreti Salvini, il decreto entrato in vigore il 21 ottobre scorso, prevede che possano essere convertiti in permessi di soggiorno per motivi di lavoro quelli rilasciati per protezione speciale, per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi, per assistenza ai minori.
Una puntuale circolare della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere indirizzata a tutti i Questori il 30 ottobre sottolinea, poi, come con il decreto in esame il richiedente la protezione internazionale, titolare di permesso di soggiorno per richiesta asilo, può esser iscritto all’anagrafe della popolazione residente (non consentito con i decreti Salvini).
Il tempo di trattenimento di uno straniero in uno dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), è ridotto da 180 a 90 giorni prorogabile per altri 30 giorni. Se lo straniero è stato in un carcere per un periodo pari a 90 giorni può essere trattenuto presso un CPR per un periodo massimo di 30 giorni prorogabile di altri 30 qualora sia cittadino di un Paese con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi (ancora pochi ed è questo il motivo per cui si procede a rilento) in materia di rimpatri.
A proposito di CPR, strutture spesso rimaste gravemente danneggiate da rivolte degli “ospiti”, il decreto legge introduce nuove disposizioni in materia di delitti commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa del trattenimento nei CPR o negli Hotspot. In questi casi si procede con rito direttissimo salvo che siano necessarie speciali indagini ed è consentito anche l’arresto differito considerando lo stato di flagranza chi, anche sulla base di documentazione video o fotografica, risulta essere l’autore del fatto.
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