Chi sono io per giudicare? Le parole di Papa Francesco sull’omosessualità
Tutti coloro che seguono la vita della Chiesa Cattolica, o che comunque ascoltano con attenzione gli interventi di un Papa, si ricordano certamente che Francesco si è più volte espresso in tema di omosessualità con un atteggiamento di apertura e di accoglienza.
Lo fece già nel 2013 quando un giornalista gli chiese conferma sull’esistenza di una presunta lobby gay in Vaticano, e Papa Francesco terminò il suo intervento dicendo riguardo alle persone gay “Chi sono io per giudicare?”.
Una seconda volta intervenne su questo argomento sul volo di ritorno da un viaggio in Armenia nel 2016, rispondendo a una domanda se fosse d’accordo sulla necessità che la Chiesa chiedesse scusa alla comunità gay, per i suoi atteggiamenti e in quel caso spiegò: “L’ho detto nel mio primo viaggio e lo ripeto, anzi ripeto il Catechismo della Chiesa cattolica: i gay non vanno discriminati, devono essere rispettati, accompagnati pastoralmente. Si può condannare qualche manifestazione offensiva per gli altri. Ma il problema è che con una persona di quella condizione, che ha buona volontà, che cerca Dio, chi siamo noi per giudicare? Dobbiamo accompagnare bene, è quello che dice il Catechismo”
C’è ancora un altro caso da ricordare, avvenuto nel 2018 a seguito di un incontro con Juan Carlos Cruz, omosessuale cileno vittima di un prete pedofilo. Juan Carlos riferisce al quotidiano spagno El Pais che Papa Francesco si è rivolto a lui con queste parole: “Juan Carlos, che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il Papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei”.
Dunque le parole che il Papa ha pronunciato nel documentario presentato in questi giorni al festival del Cinema di Roma non devono meravigliare, perché sono la conseguenza di un messaggio che Francesco, con grande coerenza, sta portando avanti dall’inizio del suo pontificato.
La Chiesa e i credenti si sono troppo spesso limitati a considerare l’omosessualità solo nel versante riguardante il rapporto sessuale e i gesti che da esso derivano, scordandosi che i rapporti d’amore, anche quelli eterosessuali, sono prima di tutto rapporti relazionali, che poi è il progetto di amore di Dio verso le sue creature. È nella relazione che si vive l’amore. La sessualità è solo una parte della relazione tra due persone.
La Chiesa deve accogliere senza giudicare. Di amore e di rispetto, come l’invito a non giudicare, sono intrise le pagine del Vangelo.
Casomai in questo documentario Papa Francesco fa un riferimento importante al mondo della politica, perché anch’essa non deve discriminare. Se due persone dello stesso sesso decidono di convivere, in una forma di convivenza stabile, hanno il diritto a far sì che le loro scelte siano tutelate anche giuridicamente. Una bella lezione di democrazia.
Il riconoscimento di diritti che parte dal rispetto di essere persone e in quanto tale, mai discriminate, neanche per motivi sessuali. In pratica ancora una volta Papa Francesco ci ricorda che le persone, in quanto portatrici di diritti, di rispetto e di dignità, sono più importanti di ciò che le determina, come la loro cultura, la loro religione, il loro atteggiamento sessuale, la terra dove vivono.
Ma è anche nel linguaggio e nella libertà di esprimere il suo pensiero che questo Papa diventa ogni giorno sempre più innovativo. Di certi temi nella Chiesa si parla da decenni, ma nelle parole di Francesco si coglie l’apertura all’uomo e alla donna in quanto persone e dunque nasce in lui la libertà di parlare di questi temi in modo più esplicito è chiaro.
So che a molti questo modo non piace, ma se la Chiesa vuole diffondere nel mondo il pensiero di Gesù, deve imparare a fare come lui; cercare relazioni, cercare di far capire che Dio ha un disegno di amore per tutti e che non spetta a noi dare giudizi e discriminare.
L’amore ha così tanti volti e sfaccettature che superano noi, la nostra comprensione e la nostra visione sempre parziale è limitata della vita.
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