Giornalisti e massoni in Sicilia, operazione trasparenza
di Alessio Magro
Chi è massone faccia un passo avanti. E chi sta nei servizi ne faccia due indietro. L’ordine dei giornalisti della Sicilia mette in moratoria le penne col cappuccio e gli 007 della notizia: gli iscritti dovranno firmare un’autocertificazione che escluda la propria appartenenza alla massoneria e ai servizi segreti. Una presa di posizione netta, ma non senza polemiche interne, dopo le intimidazioni subite da Lirio Abbate.
Sono state proprio le denunce del cronista palermitano a far tornare d’attualità la questione trasparenza nel mondo dell’informazione isolana. L’ordine regionale ha aperto un fascicolo d’indagine. E tre consiglieri d’opposizione – Giuseppe Lazzaro Danzuso, Riccardo Arena e Concetto Mannisi – hanno presentato un documento, subito ribattezzato odg Abbate, approvato all’unanimità dal consiglio regionale dell’organismo dei giornalisti. «Lirio ha segnalato l’esistenza di commistioni tra pezzi di mafia, strane associazioni più o meno segrete, servizi deviati e stampa – afferma Lazzaro Danzuso – commistioni peraltro già emerse in passato».
Intercettazioni e atti d’indagine spiegano come Cosa nostra abbia pensato di utilizzare nel proprio interesse giornalisti e media. Vicende che Abbate non ha mancato di sottolineare nel libro “I complici” (di cui è coautore insieme a Peter Gomez, Fazi editore). Ne discuteva con passione il boss palermitano del quartiere Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, nel salotto di casa, dove si intratteneva a colloquio ignaro delle microspie.
A preoccupare è dunque la tenuta della categoria dei giornalisti. «Ci è sembrato importante dare un segnale di questo genere – aggiunge Lazzaro Danzuso – dopo quello che è avvenuto con Renato Farina». Per evitare un nuovo caso Betulla, i giornalisti siciliani chiedono chiarezza, anche in vista dell’elezione degli organismi di categoria e delle nomine per docenze e consulenze nei tribunali. «Incarichi strategici – spiega ancora Lazzaro Danzuso – che vogliamo siano affidati a giornalisti che servono un solo padrone, il lettore».
Per questo l’odg approvato lo scorso 15 settembre impegna il presidente dell’ordine siciliano, Franco Nicastro, a chiedere a eletti e candidati di fare outing. Nessuna polemica con la massoneria ufficiale, «la nostra – spiega Arena – è un’operazione di trasparenza», anche perché per anni «l’ordine è stato guidato da un massone dichiarato, Bent Parodi di Belsito. Ma lo si deve dire chiaramente, questo è il punto». Per fugare ogni dubbio, l’odg Abbate prevede anche l’adozione di un modello di autocertificazione tra i documenti di iscrizione all’ordine. Con l’invito agli organismi nazionali a fare altrettanto.
Una reazione positiva. Che nasconde però frizioni e fibrillazioni. All’arrivo dell’odg in consiglio, non sono mancate le tensioni e le polemiche. Tutto rientrato, dopo l’impegno a spedire ai giornalisti siciliani una lettera sull’iniziativa trasparenza. Intanto, anche l’Assostampa, il sindacato dei giornalisti siciliani, ha adottato un documento analogo.
Passi importanti, dunque, per fare chiarezza nel mondo dell’informazione, dopo le pesanti ombre gettate dalla rivelazione di tentativi da parte di Cosa nostra di “agganciare” giornalisti e organi di stampa.
Sono soprattutto le intercettazioni ambientali in casa Guttadauro a svelare le manovre mafiose. Parlando col boss di Brancaccio, il medico Salvatore Aragona sostiene di poter contattare il giornalista Lino Jannuzzi, con il tramite di Marcello Dell’Utri. Aragona parla di «imbeccate», «spunti di riflessione» da girare al giornalista, «perché lui sa bene cosa fare». Anche Domenico Miceli – politico udc palermitano, coinvolto nelle inchieste su mafia e politica a Palermo insieme al governatore siciliano Totò Cuffaro – era tra i frequentatori assidui di casa Guttadauro. Si parlava di Berlusconi, del 41 bis, di «giornalisti amici» da coinvolgere nelle battaglie “garantiste” in favore dei detenuti. Oltre a Jannuzzi, nei discorsi tra Guttadauro e i suoi interlocutori spuntano fuori i nomi di Ferrara (il boss si dice un appassionato lettore del Foglio) e Lehner, giornalisti ritenuti da Aragona «adatti» agli obiettivi dell’organizzazione perché «hanno scritto contro i pool di Milano e Palermo».
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