Gaetano Costa: la lotta alla mafia “cittadina” e al traffico di droga
Cosa nostra e cosa pubblica, un rapporto perverso che però ha caratterizzato gli anni in cui la mafia passava dalle campagne alla “città”, infiltrandosi e facendo affari con l’amministrazione pubblica. Mafia e appalti pubblici, ma non solo, tutto questo aveva ben chiaro il giudice Gaetano Costa, che agì mettendo in moto un’azione incessante nel combattere questo e il traffico di stupefacenti, motivi cardine della sua condanna a morte dichiarata ed eseguita dalla mafia.
Era il 6 agosto 1980 quando Gaetano Costa venne ucciso in via Cavour, a Palermo, davanti una edicola. Un tempismo particolare quella della mafia: ucciderlo l’ultimo giorno nel quale Costa era senza protezione, il giorno dopo era previsto l’attivazione del servizio di scorta.
Cosa è cambiato da quell’omicidio? Che ci sono stati altri che hanno seguito quei filoni cari a Costa ed hanno messo in evidenza ancora di più il rapporto cruciale e sconcertate tra mafie e cosa pubblica, e l’importanza del traffico di stupefacenti nell’economia delle mafie.
L’esempio di Costa però ha generato nuove generazioni di magistrati e appartenenti alle Forze dell’Ordine che agiscono in maniera ancora più incisiva nella lotta alla criminalità organizzata, più incisiva perché Costa ha dato un contributo enorme: conoscere meglio i fenomeni legati alla illegalità che fa affari con la cosa pubblica e con le droghe. Un’eredità della quale hanno fatto tesoro tanti uomini e donne servitori dello Stato, che si è tradotta nell’attività costante dedicata a combattere le mafie.
Fonte: Alqamah
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