L’anomalia di “Libera”
Anche quest’anno i tre giorni di formazione e di impegno
dell’Associazione “Libera”, a Savignano, mi hanno colpito per la
passione collettiva, per la lucidità della riflessione.
Dobbiamo
porci nell’atteggiamento utile dell’ascolto. Non è una novità per chi,
come me, ama questa associazione e ama la testimonianza quotidiana
straordinaria di Don Luigi Ciotti.
Quest’anno mi ha
particolarmente colpito la forza del messaggio, la partecipazione
diffusa di una organizzazione che non conosce alienazione, passività,
disincanto, ma che è, anzi, cresciuta a dismisura mentre tutte e tutti
affrontiamo la crisi della democrazia e la sconfitta della
rappresentanza. “Libera”, nella sua stupenda anomalia, è felicemente
controcorrente. Non è una sapiente mistificazione propagandistica né
una pura chiacchiera mediatica. Dietro i movimenti collettivi vi è un
lavoro certosino e difficile sul territorio, vi è un vissuto di lotte,
di antagonismi contro il sistema di potere delle mafie, contro
l’intreccio perverso e modernissimo tra economia legale ed illegale.
E’
un “fare” prima e oltre che un “dire”; chi non fa (dicevamo una volta)
non ha diritto di parola. E’ un percorso di qualificazione della
politica, non quella politicista, ma quella che innesca sul serio
percorsi di presa di coscienza e di trasformazione.
Non a
caso Savignano non è una meta, ma un momento di crescita collettiva e
di raccolta di forze per rilanciare l’agenda, gli appuntamenti, le
riflessioni. Con un intreccio molto intenso fra militanza quotidiana e
l’incontro con la societa’. Partono in questi giorni i campi estivi sui
terreni confiscati alle mafie, atto molto forte di “antimafia sociale”:
coinvolgono punti di vista alternativi alla mediocrità quotidiana,
qualità dell’occupazione, sapori dei percorsi di liberazione dalle
mafie, capacitàorganizzativa delle cooperative di ragazze e ragazzi i
cui sguardi luminosi ridanno coraggio. Nel Casertano, sui terreni
confiscati ai casalesi, nasce il marchio della “Mozzarella di bufala
della legalità”. Il 23, 24 e 25 ottobre è fissata l’importante
convenzione (internazionale e nazionale) di Contromafie, gli stati generali dell’antimafia.
Una
riflessione che ha alla base l’impegno del giornalismo di inchiesta e
di elaborazione, teso a decostruire gli stereotipi più diffusi. La
mafia non è, infatti, “emergenza”; è un fenomeno strutturale, è parte
dell’accumulazione economica, dei processi di valorizzazione del
capitale; non è, per lo più, nell’attuale contesto, colo comando
militare sul territorio, ma “borghesia mafiosa”, spesso di livello
professionale sofisticato (avvocati, architetti, medici, direttori di
banca, insieme ad amministratori e politici).
Inoltre la mafia
non è “antipasto”; ha un rapporto complesso con le istituzioni: questo
rapporto è paradignma fondativo delle mafie, perchè la mafia è un
soggetto politico. Un momento di grande impegno (oltre che di
sacrosanta testimonianza) sarà nel 2010, come sempre, il 21
marzo. Quest’anno la sfida sarà portata a Milano. Lì dove, cioè, il
sistema politico nega perfino l’esistenza delle mafie; le quali hanno
invece, conquistato segmenti importanti dei processi produttivi,
gestiscono settori urbanistici, governano parti rilevanti del sistema
finanziario. L’Expo rischia di essere un detonatore delle mafie. A
Milano la scansione del ricordo, dei nomi delle vittime starà anche ad
indicare la necessità di non essere muti rispetto al degrado dello
stato di diritto, alla crisi del costituzionalismo democratico.
Lo
“stalliere” di Arcore che Dell’Utri eleva ad eroe perchè non ha parlato
dinanzi ai magistrati, è solo la metafora della stanchezza di una
coscienza civile che può trovare, invece, nel 21 marzo un momento di
partecipata indignazione e ribellione di massa.
Intanto, senza
neppure un minuto di passasse dal momento dell’approvazione in
Parlamento delle vergognose leggi razziali, “Libera” è partita sul
terreno, eticamente e politicamente alto, delle obiezioni di coscienza
e della disobbedienza di massa. Siamo tutti clandestini perchè “nessuno
è clandestino” come ha narrato nelle sue commoventi conclusioni don
Luigi Ciotti ricordando don Tonino Bello. Praticheremo, tutte e tutti,
atti quotidiani di disobbedienza.
*da Liberazione 9 luglio 2009
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