Carcere per i giornalisti, la Corte Costituzionale rinvia al Parlamento
Il Parlamento ha un anno di tempo per decidere se abolire il carcere per i giornalisti e per attuare, se davvero lo vuole, una serie riforma contro le querele bavaglio. Finisce così, con un rinvio molto significativo, il primo round davanti alla Corte Costituzionale.
Udienza seguita in diretta dal segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, e dal segretario dell’Ordine del Giornalisti Guido D’Ubaldo. Collegati da Napoli il segretario del Sugc, Claudio Silvestri e l’avvocato Francesco Paolo Cocchiarelli, che ha sollevato per conto del sindacato l’istanza davanti al Trubunale di salerno per l’applicazione della pena del carcere in relazione al reato di diffamazione contestato ad un giornalista de Il Roma.
In serata la decisione della Corte all’esito dell’esame delle questioni sollevate dai Tribunali di Salerno, appunto, e Bari sulla “legittimità costituzionale della pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa, con riferimento, in particolare, all’articolo 21 della Costituzione e all’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
In attesa del deposito dell’ordinanza, previsto nelle prossime settimane, l’Ufficio stampa della Corte ha fatto sapere che la stessa “ha rilevato che la soluzione delle questioni richiede una complessa operazione di bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona, diritti entrambi di importanza centrale nell’ordinamento costituzionale. Una rimodulazione di questo bilanciamento, ormai urgente alla luce delle indicazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, spetta in primo luogo al legislatore. Poiché sono attualmente pendenti in Parlamento vari progetti di legge in materia, la Corte, nel rispetto della leale collaborazione istituzionale, ha deciso di rinviare la trattazione delle questioni all’udienza pubblica del 22 giugno 2021, per consentire alle Camere di intervenire con una nuova disciplina della materia. In attesa della futura decisione della Corte, restano sospesi i procedimenti penali nell’ambito dei quali sono state sollevate le questioni di legittimità discusse oggi”.
Un’indicazione che andava esattamente in questa direzione era stata data nella memoria depositata per la Federazione Nazionale della Stampa Italiana dall’avvocato Giulio Vasaturo, nella parte in cui si sostiene che “la questione di costituzionalità attiene a scelte normative consapevolmente operate dal nostro legislatore, con l’articolo 595 del codice penale Rocco del 1930 e successivamente con l’articolo 13 della legge sulla stampa del 1948. Il Parlamento, chiamato ad affrontare in più occasioni la problematica non ha mai trovato al proprio interno un consenso idoneo a favorire la necessaria e improcrastinabile modifica legislativa. Attualmente la questio iuris è al vaglio delle Camere ove pende il disegno di legge AS182 di iniziativa del senatore Caliendo, volto alla abolizione della pena carceraria per il reato di diffamazione a mezzo stampa di cui agli artt. 595 c.p. ed art. 13 n. 47/1948. Nell’ipotesi in cui codesto collegio fosse indotto a ritenere che ‘la soluzione del quesito di legittimità coinvolga l’incrocio di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere’, la Fnsi chiede a codesta Ecc.ma Corte di adottare, per le ragioni sopra esposte ed ‘in spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale’, una ‘ordinanza di incostituzionalità prospettata’ (o ‘ordinanza interlocutoria’ o ‘ordinanza di incostituzionalità differita’), analogamente a quanto disposto per il noto provvedimento della Corte costituzionale 24.10.2018, dep. 16.11.2018, n.207 (caso Cappato-Antonini). In tal modo, sarà il parlamento – nei termini previsti dal rinvio funzionale disposto da codesta ecc.ma Corte – a dover regolare la complessa materia, conformandosi alle prescrizioni indicate da codesto Collegio e dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo”.
Cosa succede d’ora in poi.
Il Parlamento non avrà più appigli per rinviare perché una legge la chiede la Corte Costituzionale, ritenendo non più rinviabile superare ciò che dice la Corte Europea e per questo è necessario una grande dibattito parlamentare ed una nuova stagione di riforme che, partendo dall’eliminazione del carcere per i reati di stampa, si spera porti a ridisegnare integralmente la professione giornalistica all’insegna dei valori costituzionali e delle nuove dinamiche di democrazia e comunicazione del nostro tempo.
Fonte: Articolo 21
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