Le vittime innocenti delle mafie parlano a tutti noi
Capaci si trova a pochi chilometri da Cinisi, la città di Peppino Impastato.
Ho avuto la fortuna di essere stato in questi luoghi di morte, entrambi affacciati su un mare bellissimo e in una natura che incanta. Morte, ma anche speranza si alternano su quel mare e su quelle colline.
Da un lato si percepisce la rabbia che Cosa Nostra, in modi diversi, ha dimostrato quando ha visto mettere in discussione da persone come Falcone e Impastato, la sua forza del controllo del territorio; ma dall’altra nel ricordo che sfocia nell’azione, quelle morti hanno segnato anche il risveglio di una Sicilia che oggi è molto diversa da quella della fine degli anni ’70 e dell’inizio degli anni ‘90.
Erano uomini completamente diversi Giovanni Falcone e Peppino Impastato per storia, cultura, idee politiche e formazione, eppure se ti fermi prima a Cinisi ed entri nella casa di Peppino e di mamma Felicia e poi arrivi su quel raccordo autostradale su cui si trova il bivio per Capaci e ti fermi accanto alla lapide che ricorda l’attentato, non puoi non percepire la forza morale, i valori e il senso di libertà che unisce queste due persone.
Maggio, il mese della loro morte e l’amore per la loro Sicilia è ciò che anche li accomuna.
E noi continuiamo a ricordarli, scrivendo fiumi di parole, richiamando lo Stato ai suoi errori, la politica alla sua inefficienza, la solitudine delle forze dell’ordine e della magistratura.
Oggi ricordiamo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, tra qualche settimana ricorderemo Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi , Claudio Traina.
Ma alla fine c’è una domanda che dalla sfera collettiva, arriva direttamente alla sfera personale.
A noi personalmente cosa lasciano queste persone e con loro le tante che hanno perso la vita in questi decenni di presenza nel nostro paese delle mafie? Che senso hanno per noi le storie di queste vite interrotte dalla violenza di chi si pone come alternativa allo stato?
I ricordi hanno un senso se spingono ciascuno di noi ad interrogarsi sulla nostra vita, sul nostro sentirsi cittadini, sull’impegno che siamo disposti a mettere in gioco perché le cose possano cambiare.
“Non basta commuoversi, occorre muoversi”, un detto che per chi vive dentro Libera è l’invito quotidiano al risveglio della nostra coscienza.
Si perché c’è una mafia che vive anche dentro di noi e che siamo chiamati a combattere quotidianamente.
Una mafiosità che corrompe la nostra coscienza ogni qualvolta faccio finta che niente che sia accaduto mi riguardi, quando scelgo il silenzio per paura di rimetterci, quando delego ad altri le scelte senza partecipare, quando faccio finta di non vedere che un diritto di altri viene leso, violato. Tutte le volte che l’io (il mio interesse particolare) calpesta quello del noi (l’interesse della comunità).
La mafia si nutre di queste nostre inadempienze che smettono di fare di noi un cittadino e ci trasformano in un complice più o meno consapevole nella costruzione di una comunità con meno diritti e più diseguaglianze.
C’è un solo modo oggi per ricordare Giovanni Falcone e tutti coloro (oltre 1.000) che sono state ad oggi le vittime innocenti delle mafie italiane: impegnarsi per contrastarle, oggi ancor di più, in un tempo in cui ci stiamo addentrando forse nella peggiore crisi economica dal dopoguerra, un periodo che invece può essere d’oro per le mafie e i loro sporchi interessi.
Ignoranza, diseguaglianze, affanno dello stato, l’acqua alla gola di famiglie e imprese, sono un invito a nozze per le organizzazioni criminali che dispongono di grande liquidità. Anche noi dobbiamo, nel nostro piccolo, reagire per evitare questo rischio.
Non tutto dipende dagli altri e persone come Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, sono anche oggi, a distanza di 28 anni a ricordarlo a tutti noi.
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