Lo Stato e la lotta all’usura in tempi di coronavirus
Mentre lentamente va diminuendo l’emergenza sanitaria, i tempi che ci attendono saranno caratterizzati purtroppo dal dramma sociale ed economico di una povertà che si va allargando a fasce sempre più grandi del nostro paese. La mancanza di liquidità, di denaro che possa “transitare” tra le persone, e la sua concentrazione in poche “mani”, e soprattutto in quella della criminalità organizzata, ha già fatto esplodere in poche settimane il dramma dell’usura.
Allarmanti sono i dati che emergono dalla stessa Consulta Nazionale sull’Usura che parla del raddoppio di persone che in questi due mesi si sta rivolgendo alla Consulta stessa per chiedere un aiuto. Ma anche il Ministero dell’Interno mostra numeri preoccupanti con l’aumento del 10% dei reati legati al fenomeno, in un momento in cui, a causa del lockdown, si è avuto un calo generalizzato molto forte degli altri tipi di reati.
Si tratta di famiglie che non hanno più da mangiare a causa della perdita di lavoro e di piccole e medie imprese, o partite iva che si sono ritrovate, nel giro di pochi giorni, senza alcuna prospettiva di futuro e di lavoro e che per vivere o non chiudere cadono nelle maglie dei nuovi usurai.
Una situazione dove le mafie si trovano veramente a loro agio, con la possibilità enorme, disponendo di grande liquidità di denaro proveniente dai tanti traffici illeciti, di offrire “un’ancora di salvezza” a chi sta affogando, magari chiedendo oggi anche non grandi interessi a chi ha bisogno (come avrebbero fatto i vecchi usurai), ma legando a sé queste persone per il domani, quando, anche in altri modi, si dovrà restituire il “debito” o il “favore”.
In questa realtà, la mancanza di aiuti concreti (cioè di denaro vero che arrivi direttamente nelle tasche degli interessati) da parte dello Stato, diventa un vero e proprio modo di “abdicare” a uno dei suoi ruoli fondamentali, che è quello della tenuta sociale di un popolo.
Ritardi negli arrivi degli aiuti non possono più essere concepibili, sia ai privati cittadini che alle aziende, perché vorrebbe dire dare fiato e forza all’antistato che oggi si concretizza soprattutto nella criminalità organizzata.
Un antistato sempre pronto a sostituirsi con il proprio “modello di welfare” allo stato democratico.
Dunque Governo e Regioni prima di tutto, devono trovare modi certi di far arrivare la liquidità promessa agli italiani che oggi sono in forte difficoltà, iniziando dalla cassa integrazione promessa ai lavoratori, e dai contributi per partite iva e piccole e medie imprese. Ma insieme a loro anche le banche devono fare la loro parte, perché oggi veramente è in gioco la tutela del nostro stato democratico e dei valori su cui esso si basa.
Non possiamo permetterci che “i soldi marci divorino l’Italia onesta” come afferma in un articolo apparso su Repubblica Roberto Saviano, perché le mafie, che ieri tolleravano poco gli strozzini, oggi in uno stato impoverito e incerto, possono comprare con bassi interessi, la vita di tanti di noi.
E’ il prezzo che rischiamo di pagare non oggi, ma domani, quando per rimettere un debito, magari a qualcuno sarà chiesto non di restituire il denaro, ma di commettere reati; altri saranno ricattati per l’aiuto economico ricevuto e costretti a dare una mano alle organizzazioni criminali. Tutto perché nell’oggi che ci troviamo ad affrontare, lo Stato è stato assente, incapace, inerte, debole.
E’ una delle sfide più grandi che abbiamo davanti, ed è una sfida che si decide in questi mesi, nella capacità che avrà il governo, ma anche la politica nel suo insieme, di dare soldi veri legittimi e nella legalità alle persone a cui spettano, senza ritardi e tentennamenti.
Allora potrà nascere uno stato più forte e democratico, e si aprirà una vera lotta alle diseguaglianze che renderà il cittadino più responsabile e partecipe.
L’alternativa tragica a non comprendere questa sfida, sarà dare spazio e forza a un antistato che i soldi li ha ed è pronto ad impossessarsi anche della nostra vita e della nostra anima.
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