L’emergenza sanitaria e la tenuta “emotiva” del Paese
L’emergenza epidemiologica del Covid-19 ha spinto il Governo alla adozione di un ulteriore intervento normativo nella forma del decreto legge (approvato in sede di Consiglio dei Ministri nel pomeriggio del 24 marzo) con cui si prevedono “adeguate e proporzionate misure di contrasto e contenimento alla diffusione del predetto virus”.
Misure che potranno essere adottate con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri competenti per materia, ma anche coinvolgendo i Presidenti delle Regioni interessate nella eventualità riguardino una Regione o alcune specifiche Regioni ovvero il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, laddove riguardino l’intero territorio nazionale. Le stesse autorità regionali potranno, inoltre, avanzare proposte al Presidente del Consiglio, realizzando, così, quel coinvolgimento territoriale nelle decisioni che era stato sollecitato nei giorni scorsi dopo alcune polemiche con l’autorità governativa.
Un ulteriore “giro di vite” viene, dunque, fatto dal Governo con le misure restrittive indicate nell’art.2 del D.L. adottabili per periodi predeterminati, non superiori a 30 giorni,modificabili e reiterabili più volte addirittura fino al 31 luglio 2020, termine che era stato indicato sin dall’inizio dell’emergenza e che lascerebbe intendere come non sembra, allo stato, superabile nel medio termine.
Misure che, riepilogate e indicate in modo analitico nell’art.1 del D.L. possono essere adottate, singolarmente o congiuntamente, su parti specifiche ovvero sull’intero territorio nazionale e che limitano la mobilità delle persone e le attività commerciali, professionali, di impresa, ad esclusione dei servizi di pubblica necessità.
Il Comitato tecnico scientifico operativo nell’ambito del Dipartimento della Protezione civile sarà, come sempre, sentito per le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità sulle misure che il Capo del Governo intende adottare. I provvedimenti adottati, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, verranno trasmessi immediatamente alle Commissioni parlamentari competenti per materia, mentre spetterà al Presidente del Consiglio (o ad un Ministro delegato) riferire ogni quindici giorni alla Camere sulle misure adottate (si ricorderà, nei giorni scorsi, qualche lagnanza dell’opposizione sulla asserita “intraprendenza” del Presidente del Consiglio e sulla poca attenzione informativa riservata al Parlamento).
L’art.3 del D.L. prevede la possibilità che i Presidenti di Regione e i Sindaci possano adottare, in ragione di specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento o di attenuazione dell’emergenza sanitaria, misure, limitatamente ai rispettivi ambiti territoriali, di sospensione delle misure adottate a livello governativo, con la precisazione che la loro efficacia è limitata nel tempo (sette giorni) e deve essere formulata proposta al Presidente del Consiglio per la loro conferma da parte del Presidente della Regione e dal Sindaco al Presidente della Regione.
Cambiano anche le sanzioni, non più le denunce penali ex art. 650 c.p. ma sanzioni amministrative pecuniarie (da 400 a 3.000 euro aumentata fino ad un terzo se commessa da chi è alla guida di un autoveicolo) e accessorie per gli esercizi commerciali (chiusura dell’attività da 5 a 30 giorni).
Tutto questo mentre alcune Procure della Repubblica (Milano, Genova) ritengono ipotizzabile in situazioni del genere la contestazione dell’art.260 della legge 1265/1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie) che prevede la pena congiunta del’arresto e dell’ammenda e, quindi, la contravvenzione non oblabile come nella ipotesi dell’art.650 c.p.
Alla fine spetterà al Prefetto di ogni provincia assicurare l’esecuzione delle misure adottate impiegando le Forze di polizia ed eventualmente contingenti delle Forze Armate che potranno essere messe a disposizione dai Comandi territoriali.
Stranieri: proroga dei permessi di soggiorno in scadenza
Nel D.L. 18/2020 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoro e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, sono contenute disposizioni concernenti la durata dei procedimenti amministrativi e le validità delle autorizzazioni di polizia.
Tra le altre cose, l’art. 103 comma uno del citato provvedimento, regolamenta nuovamente la materia riguardante la sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio o al rinnovo dei permessi di soggiorno per gli stranieri.
Viene, così stabilito che gli atti amministrativi in scadenza – ossia certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati – tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità sino al 15 giugno p.v.
Quindi, gli stranieri titolari di permessi di soggiorno potranno presentare presso gli uffici immigrazione delle Questure la domanda di rinnovo dopo tale data.
La Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere (Dipartimento della Pubblica Sicurezza-Ministero dell’Interno), d’intesa con Poste s.p.a. ha concordato di divulgare tali nuove disposizioni attraverso i portali “Immigrazione”, “Patronati/Comuni” e Questure per realizzare la massima diffusione.
Una lodevole iniziativa in un momento che continua ad essere di grane preoccupazione sanitaria nel nostro Paese.
La tenuta “emotiva” del Paese
Le ulteriori restrizioni alla mobilità dei cittadini e alle “attività commerciali non essenziali” imposte su tutto il territorio nazionale con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 22 marzo (in vigore dal 23), rappresentano l’ulteriore tentativo di arginare la gravissima emergenza sanitaria collegata al contagio del Covid-19.
Il presidente Conte, sollecitato in questa direzione da alcuni presidenti di Regione e sindaci, dopo aver sentito le opinioni anche delle parti sociali, con la prudenza che sta caratterizzando la sua funzione in un momento così drammatico, ha stretto ancor di più le “maglie” sul territorio senza arrivare alla “chiusura” (impensabile) del Paese.
Anche l’intervento, per ora limitato ma necessario, di contingenti dell’Esercito in ausilio alle forze di polizia e a quelle locali, è stato deciso con quella attenzione che merita la straordinaria situazione che stiamo vivendo. Una “militarizzazione” del territorio, nel senso di una sua “saturazione” con presenze in divisa nelle piazze e nelle strade di molte città, avrebbe potuto determinare una situazione di ansia e di stress ulteriori nei cittadini già molto impauriti per quanto sta accadendo.
Sono ancora molti, purtroppo, i cittadini che non si rendono conto della situazione e con la loro grave irresponsabilità, circolando per le strade e ignorando i divieti e le raccomandazioni ripetute continuamente dalle varia autorità, mettono a repentaglio la loro e la vita altrui.
L’inosservanza dei divieti, peraltro, come ho avuto modo di annotare nei giorni scorsi, comporta una contravvenzione (ex art.650 del c.p.) che prevede le sanzioni modestissime dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda fino a 206 euro, di solito definiti con un decreto penale di condanna. Lo stesso Capo della Polizia, sul punto, ha dichiarato che “l’art.650 del codice penale è assolutamente insufficiente”.
Quindi, nonostante il grande impegno delle forze di polizia e della magistratura che in alcune città (Procure della Repubblica di Vicenza e La Spezia) sta dando priorità a queste denunce considerato il grave allarme sociale che tali comportamenti determinano, resta l’interrogativo di quanto ci si possa spingere nella adozione di provvedimenti limitativi delle libertà individuali senza “alterare ulteriormente la tenuta emotiva del Paese”.
E’ il timore del presidente Conte che trapela da Palazzo Chigi mentre il presidente della Campania – pensando, forse, di trovarsi in una regione cinese – invoca incautamente “poteri eccezionali alle forze dell’ordine per punire chi trasgredisce”.
La linea adottata dal Governo è già particolarmente dura per un Paese democratico e civile come il nostro e la stragrande maggioranza dei cittadini lo sta dimostrando. Il timore è che le autorità istituzionali territoriali alimentino, con dichiarazioni fuori luogo e in contrapposizione con quelle centrali, le paure che ci sono e che possono portare, a lungo andare, a situazioni anche di turbolenza sociale. E sarebbe tutto ancor più drammatico.
Anche per questo una moderazione nel linguaggio non sarebbe male e magari qualcuno farebbe meglio a stare a bocca chiusa. Staremmo tutti meno in ansia.
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