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La mappa del narcotraffico in Italia

Di Valeria Meta il . Atti e documenti

Un impero nelle mani della criminalità
organizzata. Questo è in ultima analisi il traffico di stupefacenti
in Italia, come si evince dalla relazione annuale antidroga 2008. Il
documento, redatto dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga
che riunisce al suo interno specialisti provenienti da Polizia, Carabinieri
e Guardia di Finanza, traccia un dettagliato quadro della geografia
del narcotraffico nel nostro Paese, tenendo conto di una serie di parametri
quali il numero di operazioni effettuate, le denunce sporte e i quantitativi
di droga sequestrati. Il dato più segnificativo è rappresentato dalla
conferma del forte coinvolgimento delle organizzazioni criminali nazionali
più strutturate, sebbene la linea di demarcazione che le separa dal
restante contesto delinquenziale sia spesso sfumata, specie in quelle
regioni del Centro e del Nord in cui non hanno il completo controllo
del territorio; a ciò fa riscontro un consolidamneto in queste zone
gruppi criminali stranieri, particolarmente capaci di adattarsi a scenari
in continua evoluzione.

Il traffico di stupefacenti è una
ragnatela che tocca una congerie variegata di Paesi e organizzazioni;
le sue strategie sono pertanto inscindibili da quelle della criminalità
organizzata che gestisce la quasi totalità di questo redditizio mercato,
controllando ogni segmento della filiera: dalla produzione allo stoccaggio,
dalla spedizione al transito alla distribuzione finale. Le stime degli
organismi specializzati sono unanimi nel riconoscere che la droga, grazie
agli ingenti e rapidi profitti che in grado di generare, rappresenta
la principale fonte di finanziamento delle consorterie criminali. 
Il traffico di stupefacenti è stato ed è la chiave del processo di
rinnovamento e riorganizzazione delle associazioni mafiose, basato sull’ampliamneto
su scala transnazionale tanto dei meracti illeciti quanto degli stessi
gruppi criminali. D’altronde, le ramificazioni estere dei clan e la
collocazione nel cuore del Mediterraneo fanno del nostro Paese uno snodo
strategico per le rotte del narcotraffico internazionele, nonché uno
dei principali mercati di destinazione e consumo dell’intera Unione
Europea. Prova ne è l’aumento (+32%) della quantità di sostanze
stupefacenti complessivamente sequestrata dalla Polizia nel 2008, prevalentemente
in Lombardia, Lazio e Sicilia.

Dal rapporto emerge inoltre un dato
estremamente significativo, vale a dire la tendenza della mafia alla
produzione in proprio della droga, sfruttando le condizioni favorevoli
alla coltivazione della cannbis presenti nel Mezzogiorno. Decine di
serre calabresi, pugliesi e siciliane sono diventate così appannaggio
di Cosa Nostra, che ne ha tratto indubbi vantaggi in termini di guadagni
e minori rischi legati al trasporto. Già nel 2007 era scattato il sequestro
per la più grande piantagione europea di canapa indiana nella Valle
dello Jato, vicino a Palermo; più recente è la scoperta in Puglia
di un campo coltivato a ‘super skunk’, erba con un principio attivo
del 15% superiore al normale, fino a oggi commercializzata solo nei
coffee shop di Amsterdam.

Rilevante anche quanto il dossier riferisce
riguardo ai rapporti di cooperazione fra gruppi criminali che il processo
di globalizzazione ha favorito, specialmente nell’ambito del narcotraffico:
si potrebbe parlare di un regime di ‘criminal agreement’, in cui
anche le organizzazioni più violente si dimostrano disposte a collaborare
in ragione della convenienza economica. In questo quadro è da collocarsi
il rinnovato interesse di Cosa Nostra per il traffico di droga mediante
la riattivazione di contatti e la stipula di accordi (soprattutto con
Camorra e ‘Ndrangheta) per ottenere appoggi logistico-operativi, anche
per garantirsi entrate finanziarie che suppliscano al calo degli introiti
derivanti dal settore delle estorsioni, divenuto meno facilmente praticabile
per l’intensificarsi delle azioni investigative.

Discorso in parte analogo per la ‘Ndrangheta,
che nonostante il basso numero di sequestri effettuati in Calabria,
ha fatto dell’Italia il centro del mercato mondiale della cocaina,
instaurando contatti diretti con i narcotrafficanti colombiani che la
preferiscono rispetto alle altre organizzazioni mafiose perché più
fortemente incentrata sui legami di sangue e dunque meno esposta al
rischio di pentimenti da parte dei suoi affiliati. A maggio del 2008
il governo americano ha incluso la ‘Ndrangheta nell’elenco delle
principali associazioni non statunitensi dedite al narcotraffico.

Quanto alla Puglia, dove elevata è
la quantità di eroina sequestrata, il rapporto conferma come la regione
rappresenti un’area strategica per i traffici in transito dai Balcani:
un crocevia fondamentale per l’approvvigionamento di droga da parte
di tutte le altre mafie, al punto che la criminalità pugliese sembra
aver costituito una sorta di ‘terziario’ della malavita, ponendosi
quale erogatrice di servizi (in particolare la mediazione con la mafia
albanese) al prezzo di una percentuale sui proventi illeciti. Ciò è
dovuto in primo luogo alla caratteristica che rende quella pugliese
una criminalità priva di una struttura gerarchica unitaria e stabile,
conferendole uno spiccato dinamismo. Indipendentemente dai soci con
cui si realizzano, per la mafia salentina contano gli affari. 

Consistente anche il peso delle organizzazioni
criminali straniere nel nostro Paese, come testimonia l’alta percentuale
(32,5%) sul totale dei denunciati per droga. Dalla relazione emerge
anche un sorta di divisione delle quote di mercato fra le diverse nazionalità:
albanesi e marocchini si occupano in prevalenza della distribuzione
di eroina e cocaina, i colombiani spiccano nell’importazione di cocaina,
nigeriani e magrebini sono risultati coinvolti principalmente nel traffico
di hashish ed eroina.

Le operazioni antidroga nel 2008 sono
state svolte nella maggior parte al Nord (45,83%), seguito dal Sud (30%,
con l’inclusione delle isole) e dal Centro (24%); il numero complessivo
di 22470 interventi è il più alto dal 1999 e riflette il concentrarsi
dell’attenzione degli inquirenti verso i reati più gravi, così da
colpire i vertici delle organizzazioni. Esaminando i dati contenuti
nel dossier si rileva che Lombardia, Lazio e Campania sono le regioni
in cui si registrano i valori più elevati di operazioni, sequestri
e segnalazioni all’autorità giudiziaria, con un’incidenza del 41,14%
sul totale nazionale.  Una menzione particolare merita la Capitale,
sede di autentiche ambasciate dei narcos, oltre che ambitissima piazza
per il commercio di stupefacenti. Nel 2008 le inchieste hanno evidenziato
l’esistenza a Roma di una rete d’affari che interessava esponenti
delle mafie nazionali, che intrattenevano rapporti con la criminalità
locale per la distribuzione di cocaina e hashish. L’impero del narcotraffico
ha qui la sua capitale.

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