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Magistrati e giornalisti.
Dopo il ddl intercettazioni

Di Rino Giacalone il . L'analisi

Cosa aspettarsi da un Governo il cui leader parla di delinquenti riferendosi a magistrati e giornalisti, lasciando perdere quelli che i crimini veri, e gravi, li compiono davvero? La notizia che chi sgarra, parlando sempre di magistrati e giornalisti, rischia il carcere, e non tanto per dire, e le ammende, salate, anche questo nemmeno tanto per dire, non deve perciò stupire nessuno e non deve provocare alcun genere di battaglie.

Tutto scontato. E soprattutto non adeguatamente contrastato, a parte qualche voce, come quella di Giulietti e di Idv, e da parte di alcuni del Pd, come il sen. Lumia. In periferia, da dove faccio il corrispondente, vi debbo dire che in modo assoluto nessuno gli è mai importato un fico secco di indagini, intercettazioni, giornalisti costretti ad adeguarsi ad un andazzo quando ancora nessuna legge era stata scritta. Che è l’aspetto più paradossale di questa vicenda. E’ da tempo che non si scrive di certe indagini e di certe cose che indagati, condannati, o anche assolti (per il rotto della cuffia) si sono detti per telefono o all’interno di improvvisati summit. Tutto questo non ha mai suscitato scandali, anzi, debbo riconoscere, che dalle nostre parti ci sono stati e ci sono colleghi molto bravi nel girare dalla frittata, sempre dal lato sbagliato rispetto a quello che è successo, ma favorendo così il potente o i potenti di turno finiti nei guai. Della serie, non c’è una sola verità, ma vene possono essere diverse, e quelle che contraddicono la realtà sono sempre quelle giuste. 

L’aspetto più “pesante” della nuova legge, che diverrà tale se passerà anche il voto al Senato, dopo quello definitivo della Camera, è quello dei limiti posti a chi indaga, ai magistrati, e quindi in dibattimento, al vaglio dei giudici, non potrà mai arrivare uno spettro completo delle accuse e delle prove di accusa. E questo non lo dico come giornalista, ma come cittadino, preoccupato che la legge è sempre meno uguale per tutti. Da qui, sempre come cittadino, mi appello al presidente della Repubblica perché colga gli aspetti di anticostituzionalità nella norma, e cioè l’incrinazione di quel dettato costituzionale che pone ogni cittadino in modo uguale davanti alla legge. Corretto è stato il richiamo del Capo dello Stato ai magistrati perché evitino i protagonismi, credo che vada esteso questo richiamo, a tutte le parti  

Giornalisti. Qui dobbiamo dirlo con assoluta chiarezza. Dobbiamo fare autocritica. Non solo per le cose che ho detto all’inizio, sommessamente e senza presunzione alcuna. Allo stesso modo dico che la pubblicazione col “copia incolla” delle ordinanze e di tutte le cose contenute non ci ha fatto “ricchi”, ci ha resi più poveri. Per la verità sono stati nel tempo maggiori i casi in cui abbiamo pubblicato “carte” facendo favori delle difese, traendo da essere le notizie, difese che poi hanno usato questo per gridare allo scandalo degli atti giudiziari pubblicati sui giornali, attribuendo colpe esclusive a pm e giudici. Abbiamo concentrato il nostro lavoro giornalistico solo nella parte preliminare delle indagini, dimenticandoci dei processi. Questo è stato un gravissimo errore che dobbiamo recuperare. Certo la nuova legge non ci agevola, non l’ho ancora attentamente letta, perché poi anche questa norma non sfugge allo schema delle altre, e cioè fatta una legge bisogna attendere la sua interpretazione per applicarla, e al solito ci sarà che da una parte si leggerà in modo diverso dall’altra, ma sembra che nemmeno gli atti pubblici e depositati nei dibattimenti potranno essere resi noti. Una cosa è certa, dobbiamo imparare a fare i riassunti, la legge ci permette di scrivere le cose che accadono nei Palazzi di Giustizia, ma per sintesi, e non solo: senza fare nomi e specificare circostanze, senza virgolettati. Dobbiamo comunque tornare a frequentare di più le aule dei processi, questo dobbiamo provare a farlo, dobbiamo leggere le sentenze cogliendone il valore, non fermandoci alle valutazioni dell’inquirente e dell’investigatore. Ma soprattutto non dobbiamo più rinunciare ad un valore preciso della nostra professione, quando si ha una notizia la si pubblica, non si fanno contrattazioni di alcun genere. Fino a quando non ci sarà una legge che ci sottrarrà a quest’obbligo, questo è il nostro dovere, se un giorno ci sarà una legge di questo genere, che porrà questo nuovo limite, per quanto mi riguarda cercherò altro da fare.
 
I cronisti di provincia. Costringere i cronisti di provincia a tirare i remi in barca se non vogliono sottostare al sistema, che è quello di scrivere solo di comunicati stampa e veline, non è una boutade, ma è una cosa vera, gli editori non stanno a guardare ciò che scrivono le grandi firme, ma quello che si combina nelle provincie, dove si giocano le vere partite prima che in Parlamento, dove per imporre volontà, ridimensionare il giornalista, non servono leggi, non servono norme, perchè certe cose non si scrivano, non si scrive punto e basta. E questo accadrà fino a quando il lettore non protesterà per sentirsi limitato nel diritto dovere di essere informato, l’andazzo senza indignazioni serie resterà questo e allora l’editore ha quasi ragione nel chiederti di non scrivere di queste cose.  

Ultima cosa.  Se fosse stata già varata la nuova legge mai avremmo potuto sapere del fastidio dichiarato in carcere dal presunto killer di Mauro Rostagno. Vito Mazzara parlando con i familiari, non sapendo di essere intercettato, non ha nascosto fastidio perché l’opinione pubblica aveva riacceso l’attenzione giudiziaria sul caso, facendo una raccolta di firme, in calce ad una petizione inviata al presidente Napolitano perché gli investigatori e i magistrati venissero messi nelle condizioni di proseguire il loro lavoro investigativo. Noi tutti non avremmo saputo nulla. E non è poca cosa in una terra dove mafia  e società civile continuano a mischiarsi.

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