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La pace in Terra Santa non passa da Trump

Pierluigi Ermini il . Chiesa, Istituzioni

gerusalemme-685x375_1515670470Sono stato in Terra Santa la prima volta nel 2008, in occasione dei 60 anni della proclamazione dello Stato di Israele.

A Gerusalemme in quei tre giorni di festeggiamenti e di incontri erano presenti tanti rappresentanti di città gemellate con le comunità ebraiche, ma non c’era nessun rappresentante di uno stato occidentale (tanto meno gli stati arabi) perché nessuno di essi riconosceva Gerusalemme come la capitale dello stato israeliano.

Il governo israeliano aveva organizzato quella festa proprio a Gerusalemme e non a Tel Aviv (dove ci sono le ambasciate dei paesi stranieri) proprio per forzare la mano ed ottenere un riconoscimento di fatto. Ma proprio per questo motivo le rappresentanze dei singoli stati evitarono saggiamente di partecipare.

Poco più  di un anno fa è  avvenuto il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele da parte di Trump.

Qualche giorno fa la presentazione di un piano di pace da parte di Trump dove, di fatto, si accetta l’idea di Gerusalemme come capitale di Israele, una vera e propria annessione che non può essere accettata in alcun modo dal popolo palestinese.

E infatti in queste ore è arrivata la risposta di Abu Mazen che rompe ogni forma di dialogo sia con Israele che con gli Stati Uniti, nonostante la promessa di miliardi di dollari a favore del popolo palestinese promessi dal Presidente americano (che in quanto miliardario magari pensa che la vita si giochi solo sui soldi e sul potere).

Abu Mazen ha dichiarato che non vuole passare alla storia come colui che ha venduto Gerusalemme a Israele. Tutto questo senza escludere il diritto anche di Israele a poter vivere in quella terra, ma i modi proposti dal Presidente americano parlano in concreto di una sottomissione dei palestinesi allo stato israeliano.

Già ora basterebbe vedere con i propri occhi come vive il popolo palestinese nei territori o respirare l’aria di Gerusalemme per intuire che le mosse di Trump sono le mosse di chi non sa cosa sia la realtà concreta della vita in Terra Santa.

Un popolo che si vede ogni giorno di più “rubare” la terra, che è costretto a subire il controllo dell’acqua che in qualunque momento può essere chiusa dallo Stato di Israele.

I palestinesi per passare da Betlemme a Gerusalemme (distanti pochi chilometri), anche solo per andare al lavoro, sono costretti a 3 diverse forme di controllo per superare il muro, con ore di attesa  e lunghe code che vedono trattare una persona quasi come un animale. Un popolo costretto alla miseria, privato sempre più di spazi per l’agricoltura e la pastorizia.

E come si fa a non considerare Gerusalemme come la città di Dio, non del Dio solo degli ebrei, o solo dei cristiani o solo dei musulmani, ma il Dio di Abramo e Giacobbe, ma anche di Ismaele (da cui discende il mondo arabo) e di quel Gesù in cui dice di riconoscersi anche Trump. Il Dio delle tre grandi religioni monoteiste.

Basterebbe muoversi lungo quelle strade strette, quei pochi metri che dividono il muro del pianto (ultimi resti del Tempio di Salomone) dalla spianata delle moschee dove si trova la moschea di Al – Aqsa al cui interno si trova la roccia dove, per i cristiani e gli ebrei, Abramo doveva sacrificare Isacco e dove per i musulmani Maometto è asceso al cielo.

Da lassù si nota e si distingue a poche centinaia di passi la chiesa fatta costruire da Costantino, che racchiude il Calvario e il Santo Sepolcro, dove Gesù, per noi cristiani, tre giorni dopo la sua morte è  resuscitato.

Come si fa a pensare che tutto abbia un prezzo e si possa comprare la fede degli altri, le loro radici, la loro terra. Ci sono cose che non hanno prezzo, ma forse questo non rientra nel metro di giudizio di un uomo come Trump

Bene ha fatto Abu Mazen a metterlo subito in chiaro, chiedendo che eventuali future trattative per la pace non vedano persone come Trump a guidarle.

Un uomo che non ha rispetto per la storia del popolo palestinese, forse perché neanche la conosce e ne è interessato. Un uomo che pensa di poter decidere la sorte di altri popoli, di costringere altri a scelte semplicistiche quando la vita, la storia è molto, molto più complicata e chiede rispetto verso tutti.

La pace in Terra Santa non passa da Trump.

Si deve invece sperare e operare perché la sua avventata mossa, non crei ancora più  conflitti e tensioni di quanti da decenni, quella terra e quei due popoli,  già vivono.

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