Dossier Rifiuti & Affari
«Munnizzopoli»
L’immondizia, ai piedi dell’Etna, ha un odore particolare, quello dell’emergenza, un’emergenza cercata e voluta per reclamare finanziamenti straordinari, per spendere denari senza preoccuparsi di obbedire alle procedure ma, anche, per fare digerire agli abitanti la costruzione degli inceneritori. Meglio il fumo della spazzatura bruciata, meglio i danni all’ambiente ed alla salute dei cittadini che la puzza della spazzatura che marcisce senza essere raccolta. Un giochetto che ha funzionato in Campania e che potrebbe essere importato in Sicilia. Come in tutte le emergenze che si rispettino, nessuno ha interesse a prevenirle o a scovare i responsabili di quanto succede. Eppure è abbastanza facile individuare le persone a cui va addebitato il merito del disastroso risultato raggiunto, in questi sei anni di vita, dall’Ambito Territoriale Ottimale ’Catania 3 Simeto Ambiente’: gli amministratori e i politici che hanno rappresentato i Comuni soci, a cominciare dai maggiori azionisti dell’Ato. Stiamo parlando dei sindaci di Paternò e Adrano e di Raffaele Lombardo, presidente della Provincia di Catania sin dal 2003 e fino alla sua elezione alla presidenza della Regione. Non è invece altrettanto facile capire e descrivere il funzionamento di una struttura come la ’Simeto Ambiente’ a meno che non cerchiamo di ricostruire la sua attività, così come si è andata evolvendo nel tempo, nei suoi aspetti contabili e gestionali. È quello che cercheremo di fare in queste pagine e, solo dopo, sarà possibile, con maggiore precisione, valutare le dimensioni del problema ed attribuirne responsabilità e meriti.
La moltiplicazione degli Ato
Sono passati più di dieci anni da quando il decreto Ronchi (decreto legislativo n° 22 del 1997) aveva previsto che gli Ambiti Territoriali Ottimali per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti dovessero avere una competenza territoriale corrispondente a quella delle province. Dello stesso avviso non è stato Totò Cuffaro, quand’era presidente della Regione e Commissario per l’emergenza rifiuti in Sicilia, che nel 1999 ne decise ben cinque nella sola provincia di Catania. L’Ato 3 ’Simeto Ambiente spa’ è una di queste e nasce nel 2003 con un capitale di appena 100.000 euro, come soci ha la Provincia e 18 Comuni. Ma, soprattutto ha un consiglio di amministrazione di 7 membri, oltre ad un collegio sindacale di altri 4 che, in tutto il 2003, si limita ad approvare 3 regolamenti, 2 documenti di programmazione ed un bando di gara. Una gran faticata che permette a questi amministratori di intascare più di mezzo milione di euro, praticamente quasi tutto il bilancio di quell’anno che dovrà essere ripianato dagli abitanti dei Comuni soci. Praticamente, fin dall’inizio, i connotati sono quelli tipici di tanti carrozzoni politici che, più che preoccuparsi di fornire un servizio soddisfacente alla cittadinanza, si concentrano nell’assegnazione di poltrone, nella spartizione del denaro dei contribuenti e nella diffusione del clientelismo. Il 14 gennaio del 2004, comunque, la ’Simeto Ambiente’ si compiace di essere la prima, in provincia, a decidere il passaggio dalla Tarsu (tassa) alla Tia (tariffa) ed il 9 marzo firma un contratto con una associazione temporanea di imprese (’Credito Siciliano’, ’Rileno spa’ e ’Tecnologia e Territorio srl’). Adesso saranno queste società private ad occuparsi di inviare e riscuotere le bollette dei cittadini.
Un debito dietro l’altro
È lo stesso Salvatore Muscarà, presidente del consiglio di amministrazione, ad affermare che, grazie al passaggio alla Tia ed al conseguente contratto per la sua riscossione, è possibile “attingere a linee di credito privilegiate” senza ricorrere ad anticipazioni da parte dei Comuni. Praticamente si potrà continuare ad operare indebitandosi, invece di pesare sui bilanci municipali, con grande sollievo dei sindaci che saranno liberi di spendere diversamente i soldi che, altrimenti, avrebbero dovuto versare all’Ato. Una vera e propria ipoteca sul futuro dei contribuenti che saranno chiamati, prima o poi, a pagare anche gli interessi, quando, magari, ad amministrare Ato e Comuni saranno altri. Il 28 aprile gli amministratori decidono il trasferimento della sede, dai locali della Provincia di via Prefettura, a quelli, in affitto, di Corso delle Province, con un aggravio di qualche decina di migliaia di euro. Se la sede fosse stata trasferita in uno dei Comuni soci dell’Ato, i canoni d’affitto sarebbero stati più bassi e sarebbe stata anche una soluzione più funzionale, per la vicinanza al luogo in cui la stessa società dovrebbe operare. Ad Agosto gli amministratori possono rallegrarsi dell’ottenimento, anche grazie al POR Sicilia, del finanziamento di una trentina di milioni per la realizzazione di impianti per la raccolta ed il trattamento dei rifiuti. Spiccano, tra questi, 567.000 euro destinati ad un piano di comunicazione, circa un miliardo di vecchie lire per iniziative di pubblicizzazione ed informazione sulle attività dell’Ato. Tra settembre ed ottobre, finalmente, si trova l’accordo con i Comuni soci per programmare il passaggio della raccolta dei rifiuti alla ’Simeto Ambiente’. Intanto il servizio continuerà ad essere gestito dai Comuni e l’Ato ha intenzione di chiedere un mutuo di 40 milioni di euro per ripagarli. In sostanza i soldi del mutuo dovrebbero servire a pagare anche spese correnti dei Comuni, aggirando le norme, pure quelle costituzionali, che impediscono agli enti pubblici di indebitarsi per spese diverse da quelle di investimento. Il rischio è quello di coprire debiti con altri debiti: una pratica che diventa una manna per le amministrazioni locali che, in questo modo, possono spendere più denaro pubblico, rinviandone, ancora una volta, agli anni futuri la copertura, aumentata di interessi e spese bancarie. Nel marzo del 2005 si comincia a decidere come suddividere i 567.000 euro del piano di comunicazione: quasi 48.000 vanno alla ISVIR e 80.000 alla ’Signorelli & Partners’. Una parte dei soldi promessi alla ISVIR vengono subito spesi, il primo giorno di giugno, per una “Conferenza di presentazione della Società Simeto Ambiente” all’Hotel Sheraton di Catania. Il classico taglio di nastro, di fronte alle massime autorità locali, prima ancora che l’azienda diventi veramente operativa. Però gli amministratori sono già pronti a chiedere un nuovo finanziamento POR di 6.400.000, di cui 630.000 per un secondo piano di comunicazione.
Dalla tassa alla tariffa
Il 23 giugno del 2005 i conclude la gara per individuare la ditta che si sarebbe dovuta occupare della raccolta dei rifiuti ed il 30 dicembre viene aggiudicata, per sei anni, al consorzio SIMCO per 126 milioni di euro. Nel 2005 sono anche partite le prime bollette basate sulla Tia del 2004, riprendendo quelle della Tarsu del 2003, nell’attesa di applicare i nuovi criteri per calcolare gli importi dovuti e far pagare la differenza. Quindi, l’Ato non era pronta per applicare la Tia ma decide ugualmente di farlo, solo per potere accedere alle aperture di linee di credito da parte delle banche. Ancora una volta una conferma della volontà di lavorare a credito, preferendo scaricare sulle future amministrazioni l’onere di ripianare i debiti. In realtà gli amministratori indicano anche altre cause che li avrebbero portati ad adottare la tariffa: un obbligo di legge e la possibilità di ottenere contributi dalla Regione. Nonostante questo, anche gli altri Ato, quelli che sono rimasti con la Tarsu, hanno ottenuto gli stessi benefici. «Ma noi non lo potevamo prevedere»: dicono alla Simeto Ambiente. In realtà avevano troppa fretta di indebitarsi. Comunque, la prima bollettazione della Tia, quella ricopiata
sulla Tarsu, porta, tutto sommato, ad un incasso soddisfacente, a fine 2006, di 15.600.000 di euro, il 74% del previsto, a cui vanno aggiunti altri 500.000 euro da nuovi contribuenti. L’anno seguente, però le cose non vanno più tanto bene e, a fronte di una previsione di 28.400.000 euro, ne viene riscossa la metà. La previsione aumenta ancora fino a quasi 40 milioni per l’anno successivo e l’effettiva riscossione scende, invece, al 52%. È difficile capire come sia possibile che, di fronte ad introiti decrescenti, si prevedano riscossioni sempre maggiori. Un motivo che spiega questo fatto c’è ed è la necessità di fare quadrare i conti. Solo che, così facendo, si corre il rischio di indebitarsi in misura sproporzionata e di ritrovarsi in una situazione fallimentare. Del resto i denari amministrati dalla ’Simeto Ambiente’ non sono né degli amministratori, né dei politici. Sono soldi dei contribuenti e questi ultimi cominceranno ad accorgersi del problema solo quando si troveranno invasi dalla spazzatura, non raccolta dai netturbini incavolati per i ritardi dei loro stipendi. Di questo era convinto anche il ragioniere Francesco Emanuele Pirro, costretto a licenziarsi dopo aver confessato un trasferimento di oltre 100.000 euro dalle casse della società alle proprie tasche.
Nascono i problemi finanziari
Gli amministratori ed i politici, comunque, non se la sentono di cambiare registro ed addossano le responsabilità del disastro finanziario agli stessi contribuenti, colpevoli di non volere pagare quelli che – incredibile ma vero – vengono definiti “apparenti rincari”. Altre colpe vengono pure addossate all’associazione di imprese per i ritardi nell’invio delle bollette. Anche se così fosse, comunque, non si spiegano le previsioni in aumento. Sarebbe stato più logico, anche in presenza degli aumenti tariffari, prevedere in bilancio un fondo di tutela dai mancati incassi. Facendo così, però, il Credito Siciliano avrebbe erogato anticipazioni più ridotte e si sarebbe posto il problema, in capo ai Comuni soci, di farsi carico della differenza. Meglio allora non preoccuparsi dell’attendibilità delle previsioni e sperare, ancora una volta, di riuscire a spostare nel futuro la soluzione del problema che, accumulando debiti anno dopo anno, diventerà sempre più grande. La ’Simeto Ambiente’ sembrava intanto non essersi resa conto che 100.000 euro di capitale sociale fossero troppo pochi per garantire il volume di attività che si andava a produrre. Ad obbligarla ad aprire gli occhi ci ha pensato una legge regionale, la n° 19 del 2005, che le avrebbe impedito di riscuotere una parte del fondo regionale di rotazione se il capitale garantito dai soci non fosse stato portato ad almeno un miliardo. L’assemblea dei soci ha obbedito il 24 novembre, appena in tempo per potere incassare quasi 10 milioni di euro e calmare, in parte, l’appetito dei creditori.
Una mucca da spremere
Un capitolo a parte meritano le vicissitudini legate al rapporto fra l’Ato e l’associazione di imprese incaricata della predisposizione e della riscossione delle bollette. Dopo il “soddisfacente” risultato della prima riscossione, sempre quella scopiazzata sulla Tarsu, le cose non sono andate molto bene, anche – a detta degli amministratori della ’Simeto Ambiente’ – per il cattivo lavoro fatto dai privati che dovevano occuparsi di inviare e riscuotere le bollette. Non contenta di questo, l’associazione di imprese guidata dal Credito Siciliano ha preteso 64.000 euro, oltre Iva, in più rispetto a quanto pattuito, per la manutenzione del software utilizzato e per la elaborazione delle bollette del 2005. Per questo motivo gli amministratori dell’Ato avrebbero deciso di fare tutto il lavoro da soli basandosi, ancora una volta, sulle bollette della Tarsu del 2003. Non sarebbe stato più conveniente, visto il risultato, scopiazzare da soli gli importi della Tarsu del 2003, nelle bollette della “TIA provvisoria” del 2004 e poi in quella del 2005? Facendo così, però, non sarebbe stato facile indebitarsi con le anticipazioni concesse dal Credito Siciliano e che non hanno comunque impedito che, tra la fine del 2006 ed i primi mesi del 2007, si ripresentasse un problema di mancanza di liquidi con cui pagare i creditori. La ’Simeto Ambiente’ ha pensato di farvi fronte con un’anticipazione di 22 milioni di euro, pari al 75 % dei 34 milioni di bollette da fare pagare ai cittadini per la nuova TIA provvisoria del 2006. Il Credito Siciliano, sapendo benissimo che la previsione di incassare 34 milioni non era credibile, era disposta ad anticipare solo 16 milioni. La banca aveva capito che il livello di indebitamento stava diventando insostenibile. Avrebbe potuto concedere l’anticipazione richiesta, guadagnandoci più interessi ma, così facendo, avrebbe rischiato di portare al fallimento il suo cliente che, in questo modo, non avrebbe potuto garantire né il rientro del capitale dato in prestito né, tanto meno, gli interessi. A forza di mungere oltre ogni limite, non avrebbe più avuto né latte né mucca, morta nel frattempo per eccessivo sfruttamento. Le minacce di sciopero da parte dei netturbini senza stipendio, la paura di ritrovarsi con le strade piene di spazzatura e la conseguente rabbia dei contribuenti hanno portato gli amministratori dell’Ato ad accettare i suggerimenti del Credito Siciliano ed “effettuare un’indagine di mercato sulla potenziale disponibilità di altri Gruppi Bancari operanti in Sicilia”. La patata bollente sarebbe passata ad un’altra banca disponibile a tentare l’affare (ed il rischio) con la ’Simeto Ambiente’, mentre il Credito Siciliano avrebbe avuto la garanzia del rientro degli interessi, oltre che del capitale investito. Il contratto tra i due è stato sciolto il 10 settembre del 2007, con reciproca soddisfazione, quando la Serit Sicilia, si è offerta di continuare a foraggiare e spremere le mammelle della mucca, nella speranza che questa non tiri le cuoia prima di restituire abbastanza latte per ripagarlo di quanto speso per il suo mantenimento. È stato proprio grazie alle anticipazioni concesse dalla Serit Sicilia che, sarà poi evitato il fallimento dell’Ato, chiesto dalla Simco nel giugno del 2008.
Lo scaricabarile
I rapporti fra la ’Simeto Ambiente’ ed i suoi azionisti, i Comuni soci, non sono stati sempre amichevoli e, a volte, lo scaricabarile delle responsabilità dei cattivi risultati ottenuti, dei problemi finanziari e dei disservizi è servito a confondere i contribuenti che, in questo modo non sapevano contro chi bestemmiare mentre stringevano fra le mani le bollette con i loro importi perennemente in aumento, nonostante gli fosse stato promesso che, con l’avvio dell’Ato, avrebbero pagato di meno. Così e successo che, quando sono stati calcolati i conguagli da fare pagare ai cittadini per il 2004 ed il 2005, molti Consigli Comunali si sono dati alla latitanza per lavarsene le mani. Solo S. Giovanni la Punta ha dato la sua disponibilità e, mentre alcuni Comuni hanno dato una risposta negativa, altri non hanno risposto o hanno chiesto l’intervento di un commissario dell’Agenzia Regionale Rifiuti. Anche la ’Simeto Ambiente’ ha chiesto il commissariamento dei Comuni recalcitranti e lo ha chiesto sia alla stessa Agenzia sia all’assessorato regionale agli enti locali. Comunque nessun commissario si è presentato temendo, probabilmente, di pagarne il conto politico, oltreché finanziario. Pressati dalla necessità di pagare i creditori e con un debito che cresceva di 4 milioni al mese, per il solo servizio di raccolta dei rifiuti, gli amministratori hanno deciso, il 15 novembre del 2007, di spedire ugualmente bollette per 18 milioni e mezzo di euro. Solo 14 contribuenti su cento sono stati così masochisti da pagare mentre 2.000 ricorsi si sono riversati negli uffici della Commissione Tributaria Provinciale di Catania mettendo in discussione la validità della procedura seguita
senza il voto favorevole dei Consigli Comunali. Finalmente, il 6 dicembre del 2007, l’assemblea dei Comuni soci si è decisa a ridurre il numero dei membri del consiglio di amministrazione da sette a tre. Ci sono voluti una legge nazionale, la 296 del 2006, un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ed una legge regionale per convincere i sindaci che era troppo sputtanante continuare, in maniera così lampante, a spendere soldi per regalare poltrone agli amici. Il 2008 e, soprattutto, i primi mesi del 2009 hanno rappresentato il periodo in cui i problemi finanziari della ’Simeto Ambiente’ si sono manifestati con più evidenza. Qualche Comune è riuscito a limitare i danni anticipando alla Simco un po’ di soldi, ma la spazzatura ha fatto la sua straripante apparizione sulle strade in maniera eclatante.
I ’salvatori della patria’
Mentre la paura di vivere in prima persona la recente emergenza napoletana veniva diffusa a piene mani dagli organi di informazione locali, gli amministratori hanno annunciato le proprie dimissioni e Raffaele Lombardo ha anticipato delle somme, comunque dovute, non mancando di rispolverare la proposta di ridurre e riorganizzare gli Ato. Cosa che però sarebbe dovuta già avvenire entro il primo gennaio, almeno secondo il Decreto del Presidente della Regione Sicilia n. 127 dell’anno scorso. Lo stesso Lombardo è uno dei maggiori responsabili di quanto accaduto, in quanto azionista della ’Simeto Ambiente’. Adesso dovrebbe essere lui il ’salvatore della patria’, in nome di una emergenza cercata e voluta per ottenere denari dal governo centrale, aggirare e velocizzare le procedure necessarie per spartire poltrone ed appalti e, magari, riuscire anche in Sicilia ad imporre quattro monumentali maxi-inceneritori. Intanto continua a mancare, nello statuto della società, una norma tanto semplice quanto efficace che imponga, per le assunzioni, l’obbligo del concorso pubblico. Obbligo finora non previsto per una quindicina di dipendenti attualmente in carico.
*(a cura di Piero Cimaglia)
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