Omicidio Kuciak, superteste inchioda mandante
Tra poco più di un mese saranno trascorsi due anni dall’uccisione di Jan Kuciak e della sua fidanzata, Martina Kusnirova.
Il 13 gennaio, a Bratislava, è iniziato il processo contro l’imprenditore slovacco Marian Kocner, presunto mandante dell’omicidio, la sua stretta collaboratrice Alena Zsuzsova, e i due uomini accusati dell’esecuzione materiale del delitto, Tomas Szabo e Miroslav Marcek.
Articolo 21, insieme alla Federazione internazionale dei giornalisti e altre otto organizzazioni internazionali ha espresso soddisfazione per l’inizio del dibattimento in una lettera aperta.
I due giovani furono trovati morti nella loro casa nel villaggio di Velka Maca il 21 febbraio 2018. Due sicari bussarono alla loro porta, lui fu colpito al petto appena aperto l’uscio. Lei, rincorsa fino in cucina, sparata alla testa. Nessuno aveva avuto dubbi: Jan era stato eliminato per le sue inchieste sui rapporti tra la criminalità organizzata e politici e imprenditori slovacchi.
L’inizio del processo segna un passo importante verso l’ottenimento della giustizia per Jan e Martina e per le loro famiglie, che hanno sofferto una profonda e irreparabile perdita.
Nella missiva di cui siamo tra i primi firmatari si chiede al sistema giudiziario slovacco di assicurare la trasparenza e la legittimità del processo, così come di stabilire un modo di prevenire ulteriori attacchi ai giornalisti nel paese.
Lunedì scorso in aula Marcek, uno dei killer, si è dichiarato colpevole del duplice assassinio confermando la testimonianza di Zoltan Andrusko, imputato in un processo separato, che aveva ammesso il proprio ruolo di intermediario tra i mandanti e gli esecutori e aveva patteggiato una pena a 15 anni di reclusione.
Durante l’udienza in corso davanti alla Corte penale di Pezinok, Marian Kocner, ha negato di essere il mandante dell’omicidio dichiarandosi colpevole ‘solo’ di traffico illecito di armi.
Nel corso del dibattimento Andrusko, davanti ai genitori del giovane cronista, ha invece ribadito le accuse a Kocner, e ha raccontato che il piano iniziale prevedeva che il reporter fosse rapito e solo successivamente ucciso. “I ragazzi dovevano uccidere Kuciak in modo da evitare che il suo corpo fosse ritrovato”, ha dichiarato in aula.
Ma le cose andarono diversamente per la presenza della compagna del giornalista. I sicari “non potendo fare altro”, secondo il superteste, avrebbero uccisi entrambi a bruciapelo.
Ad aggravare la posizione dell’imprenditore anche le dichiarazioni dell’ex capo del controspionaggio della Slovacchia, Peter Toth, il quale ha confessato di aver seguito il reporter per conto di Jan Kocner. Toth ha ammesso di aver organizzato il pedinamento di Kuciak e di altri giornalisti, su ordine dell’imputato.
Secondo la sua testimonianza, Kocner criticava spesso i giornalisti e avrebbe sostenuto che bastava ucciderne uno per avere l’effetto di spaventare tutti gli altri. Le foto messe a disposizione dall’ex capo dei servizi sono servite ai sicari a commettere il delitto. Secondo l’ex spia, il pedinamento era dalle tre alle cinque settimane.
“Kocner parlava di Kuciak con astio e volgarità” ha continuato Toth indicandolo anch’egli come mandante dell’omicidio insieme alla complice Zsuzsova.
Chi non ha mai avuto dubbi dell’odio di Kocner nei confronti di Jan Kuciak suo padre Josef, che ha testimoniato durante la stessa udienza. “Che dietro l’omicidio ci fosse Kocner è stata la prima cosa che ci è venuta in mente”, ha detto, riferendosi alle minacce ricevute dal figlio per gli articoli che scriveva. Inchieste che gli sono costate la vita.
Ucciso a 27 anni, con l’amore della sua vita, solo per aver fatto il proprio mestiere.
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