Ius culturae: gli inutili timori, tra calcoli elettorali e paura di osare
Da qualche settimana in Italia è ripreso il dibattito sul riconoscimento della cittadinanza verso quei ragazzi nati da genitori stranieri ma che vivono nel nostro paese ed hanno effettuato un ciclo completo di studi nella scuola italiana.
Si tratta del cosiddetto Ius Culturae che riguarda i minori stranieri nati in Italia o che sono arrivati prima di aver compiuto 12 anni, che possono dimostrare di aver frequentato almeno 5 anni di percorso formativo nel nostro paese.
Un provvedimento che il governo Gentiloni due anni fa non ha avuto il coraggio di portare in discussione per la sua approvazione in parlamento prima della scadenza della legislatura.
Riguarda migliaia di ragazzi che frequentano le nostre scuole, giocano nelle nostre squadre, spesso parlano un italiano migliore del nostro, si sentono italiani come noi, ma che, per le nostre paure e resistenze, sono costretti a rimanere in un limbo inaccettabile, in attesa di presentare domanda una volta raggiunta la maggiore età.
E la politica che dovrebbe avere il compito di guidare i cambiamenti, di diminuire le distanze e le diseguaglianze sociali, rendendo tutti coloro che ne hanno diritto, sempre più cittadini, non riesce a fare passi avanti significativi ed a trovare quel coraggio necessario per saper guidare un popolo nella costruzione di una vera comunità.
Ancora una volta chi dimostra una maggiore fragilità in questo campo è proprio la sinistra e principalmente il Partito Democratico, che dovrebbe fare della conquista dei diritti civili, il caposaldo della sua azione politica.
Dopo alcune voci coraggiose che si sono alzate in questi giorni come Enrico Letta e Dario Franceschini, ecco che si fanno strada in queste ore le timidezze e le incertezze di un gruppo dirigente che torna ad essere titubante nell’imprimere una svolta su questo tema, considerato che, per molti esponenti e dirigenti proprio del Partito Democratico, lo Ius Culturae non è tra gli obiettivi dell’accordo politico di governo.
Così anche il Movimento 5 Stelle, che da sempre si ritiene il paladino dei diritti dei cittadini, su questo tema mantiene una posizione ambigua e incerta con un Di Maio che tende a nascondersi e ad evitare di parlarne, e il Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti che invece sembra dimostrare maggiori aperture.
Sono proprio i titolari dei ministeri della cultura e dell’istruzione i maggiori promotori, nei rispettivi partiti, dello Ius Culturae.
D’altronde la cultura e’ l’elemento che qualifica l’identità di un popolo e nelle nostre società occidentali si riconosce alla scuola un ruolo centrale e determinante per la formazione dei propri cittadini.
Cultura e scuola sono gli elementi su cui si costruisce la conoscenza di ciascuno di noi e permettono il radicamento di una persona all’interno della propria comunità.
E ancora una volta il problema non è dei nostri ragazzi, ma di noi adulti, che non riusciamo a fare un passo in avanti, tra calcoli elettorali, ingistificate paure, pensando che ancora non è arrivato il tempo giusto per fare questo passo.Preferiamo aspettare che i tempi maturino, in quella che si annuncia come una nuova attesa senza esito.
Senza pensare che quando si parla di diritti delle persone, non ci si deve fermare a guardare se e’ il tempo giusto, ma solo capire che così facendo si continuano a tenere 800 mila ragazzi al”interno di un grave disagio, mercanteggiando sul loro futuroe impedendogli il diritto di partecipare anche alla vita politica e sociale del paese dove vivono.
Non ci rendiamo conto che anche le leggi nel tempo concorrono a determinare il pensiero dell’opinione pubblica su determinati temi, perchè spingono a seguire comportamenti che poi diventano un nostro modo modo di essere e di pensare.
Basta ricordare il danno sociale prodotto in tema di clandestinità nell’opinione pubblica dalla legge Bossi – Fini nel corso di questi anni di applicazione.
Se oggi siamo diventati un popolo più impaurito, meno accogliente, meno sicuro, lo dobbiamo anche a una legge, ed a quelle che sono seguite nel corso degli anni, che ha fatto crescere dento di noi l’idea che il profugo o il migrante è un clandestino e dunque un delinquente.
Allora coraggio signori della sinistra e signori del Movimento 5 Stelle, impariamo ancora una volta dall’insegnamento dei nostri bambini e ragazzi, che nelle nostre scuole da tempo hanno smesso di dare una importanza fondamentale al colore della pelle, ma parlano con i loro coetanei di paesi diversi lo stesso dialetto, giocano nelle stesse squadre, vanno a vedere gli stessi films e cantano le stesse canzoni.
Come dice Luigi Ciotti “il primo “ius” non è quello del suolo, o del sangue, ma quello che parte dalle nostre coscienze. La condivisione dei diritti e dei doveri è la strada per costruire un futuro di pace”.
Dei diritti di questi abbiamo abusato più del dovuto e loro hanno già aspetatto anche troppo.
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