A 28 anni dall’omicidio di Libero Grassi. Antiracket tra vecchi e nuovi problemi
Fino a quando continuerà a registrarsi uno scarto tra repressione e impegno della politica, oltre che dei cittadini, estorsioni e fenomeno mafioso saranno destinati a perpetuarsi.
A ventotto anni dal suo assassinio, Libero Grassi avrebbe a fianco centinaia di commercianti e imprenditori che si sono liberati dagli estorsori e che oggi proseguono il loro lavoro, pur tra mille difficoltà congiunturali.
In questo percorso pensiamo di aver contribuito a creare una valida alternativa oltre quella, per tanto tempo ineluttabile, di tacere e pagare le estorsioni. Sono infatti centinaia le vittime che in questi anni il nostro movimento di cittadini, nato a Palermo dal basso, ha accompagnato a denunciare nel loro percorso di liberazione compiuto grazie al lavoro prezioso di forze dell’ordine e magistrati.
Nonostante oggi ci sia chi continua a pagare e in certe circostanze a negare anche l’evidenza, crediamo, come del resto ribadito dal Questore di Palermo, che in questo frangente storico rispetto agli anni bui in cui fu ucciso Libero Grassi, il fenomeno non colpisca più la maggior parte degli operatori economici della città di Palermo.
Avere consapevolezza di tutto questo è necessario per uscire da quella che a nostro avviso è diventata in alcune circostanze un’anacronistica logica spettacolare e drammatizzante, con cui spesso si vivono e si rappresentano mediaticamente alcune storie di denuncia.
Tuttavia ci sono aree della città di Palermo e della provincia nelle quali ancora permangono paura e diffidenza, specie in contesti fortemente colpiti da povertà e disagio economico, sociale e culturale.
Tutto ciò non può che rendere più difficili processi di affrancamento dal fenomeno estorsivo, da Cosa nostra e dall’illegalità diffusa, che in certi quartieri sono l’unico ammortizzatore sociale in grado di assicurare sopravvivenza. E inchieste come quelle sulle truffe alle assicurazioni, che hanno coinvolto decine di persone che si sono lasciate spaccare le ossa pur di racimolare un po’ di denaro, sono la conferma di tali drammatiche condizioni economiche e sociali.
Quello di Palermo è un contesto che seppure per certi versi sia cambiato in meglio, vede diritti fondamentali come quelli al lavoro, alla casa, alla salute e all’istruzione, diventare progressivamente un miraggio per tanti, troppi.
Ad una sempre più incisiva e costante repressione portata avanti dai magistrati e dalle forze dell’ordine, non seguono vigorose politiche sociali e del lavoro.
Per di più, recentemente, nella lotta alla mafia e nel sostegno alle vittime giungono segnali gravi e preoccupanti, nel silenzio di molti.
Com’è noto, la legge n. 512 del 1999 assicura alle vittime di reati di tipo mafioso il risarcimento dei danni, nonché le spese legali per la loro costituzione e difesa nel processo penale. La ratio della legge era chiara a tutti: garantire alle vittime un supporto processuale gratuito per stimolare la denuncia di condizionamenti mafiosi e di fenomeni estorsivi.
Bene, un nuovo orientamento amministrativo sta minando le basi e il senso autentico di una legge considerata un baluardo normativo nella lotta alla mafia e nell’attività di assistenza alla vittime: nei mesi scorsi, con una circolare ministeriale (ufficio vittime mafie) è stato dato un colpo di spugna all’attività di supporto processuale svolta dagli avvocati che hanno assistito negli ultimi anni e in molti processi decine di vittime di mafia ed estorsione.
A molte di loro, infatti, non saranno più riconosciute dallo Stato le spese legali, così come invece è previsto dalla legge sopra menzionata e benché tali spese siano state stabilite da gudici in sentenze emesse da tribunali di questo Paese.
Per questo riteniamo che chi governa debba porre immediatamente rimedio a tale grave fatto. Diversamente in occasione di anniversari come l’ormai prossima ricorrenza dell’assassinio di Libero Grassi, sarebbe più coerente tacere e risparmiarsi prese di posizione che, stando così le cose, risultano sterili e prive di significato.
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