La criminalità spicciola e quotidiana dei nigeriani
Abbiamo scritto più volte, anche di recente, sulla criminalità organizzata nigeriana traendo spunto, per ultimo, anche dalla recente relazione della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) che vi ha riservato un’attenta analisi di ben trentasei pagine evidenziando, così, il “macrofenomeno” criminale.
Oggi proviamo a fare qualche riflessione sui tanti episodi delittuosi dei nigeriani che se è vero che sono destinati “ad incidere unicamente sulla percezione della sicurezza di una determinata aera territoriale” sono, tuttavia, espressione di una criminalità invasiva e particolarmente preoccupante.
La comunità dei nigeriani regolarmente soggiornati in Italia non è numerosa. Al primo luglio scorso, infatti, sono poco meno di 105mila i nigeriani con un permesso di soggiorno valido cui vanno sommati 10.102 minori inseriti nel titolo, con una presenza significativa di persone (21.422) per “protezione internazionale” ai quali si sommano 24.390 per “lavoro subordinato e autonomo”, 15.046 per “motivi familiari” e 16.505 per “famiglia minori” (fonte, Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza). Il Nord Italia registra le maggiori presenze con circa il 58% sul totale innanzi indicato ed in particolare le Regioni del Veneto, della Lombardia, dell’Emilia Romagna.
Una comunità anche operosa a giudicare dalle rimesse di denaro dal nostro Paese verso la Nigeria nel 2018 – circa 75 milioni di euro – il doppio di quelle del 2016 (fonte, Banca d’Italia). Rimesse in prevalenza di origine lecita ma anche proventi di attività illegali (per i quali, comunque, vengono utilizzati anche canali informali).
Su tutte, come notorio, i profitti derivanti dalla tratta di donne sfruttate sessualmente e dal traffico/spaccio di stupefacenti (relativamente ai delitti collegati alle droghe va segnalato l’alto numero di nigeriani – 2.144 – denunciati all’autorità giudiziaria nel 2018, un più 21,23% rispetto al 2017 (relazione annuale DCSA 2019). Un trend in aumento del 12% circa anche nei primi sette mesi del corrente anno rispetto allo stesso periodo del 2018.
Sono i dati, dunque, ed i fatti di cronaca quotidiana a confermare la pericolosità di questa “spicciola” criminalità nigeriana. Un sintetico riepilogo di alcuni fatti degli ultimi giorni (rilevati dalla rassegna stampa locale pubblicata sul sito della Polizia di Stato) può, forse, aiutare a comprendere come la presenza di delinquenti nigeriani sia diventata sempre più ingombrante pur di fronte ad una significativa attività di repressione delle nostre forze di polizia che, però, viene vanificata spesso dall’attuale inefficace sistema di leggi e procedure penali.
Così, tra i nigeriani finiti in manette nelle ultime ore, annotiamo il giovane bloccato sulla circonvallazione Tiburtina, a Roma, con circa 25kg di marijuana occultata nel portabagagli della sua autovettura. E nella stessa zona, un paio di giorni prima, ancora un giovane nigeriano fermato dai carabinieri con un borsone contenente 21kg ancora di marijuana. E sempre “maria” è quella che viene trovata dagli agenti di polizia di Savona ad un pusher intento a spacciare nei pressi del Tribunale. A Sassari, invece, un ventisettenne nigeriano viene arrestato con 650 grammi di eroina contenuta in ovuli nello stomaco.
Ma, oltre agli stupefacenti, i nigeriani si stanno dimostrando attivi anche in altri ambiti.
A Torino, per esempio, la polizia postale ne arresta tre considerati “maghi del computer” dopo che, attraverso attacchi informatici ad aziende, si era accertato il dirottamento sui rispettivi conti correnti di bonifici di circa 70mila euro.
C’è, poi, lo sfruttamento di giovani donne nigeriane con cinque arresti operati dalla Polizia nella provincia di Teramo, per non parlare dei tanti episodi di violenza con poliziotti aggrediti a morsi (Brescia), risse a bottigliate (Padova), rapine e abusi sessuali (Cagliari).
Una criminalità che, sebbene non sia paragonabile a quella mafiosa della stessa etnia che avrebbe impressionato gli stessi mafiosi italiani come sottolineato nella relazione della DIA, va decisamente repressa per non “impressionare” la gente comune.
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