Si ricorda Peppino Impastato, ma il paese dov’è?
Sono passati ormai 31 anni da quel lontano 9 maggio 1978, in cui furono ritrovati in un’alba tersa i poveri resti di Peppino Impastato, militante di sinistra e uomo di cultura e impegno civile, ucciso dalla mafia del luogo che aveva fretta di tappargli la bocca.
A pochi giorni di distanza si dovevano tenere le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e Peppino minacciava di diventare una vera spina nel fianco per i mafiosi e i loro complici istituzionali. I killer mandati da Tano Badalamenti legarono il suo corpo ridotto in fin di vita sui binari della ferrovia, perché si potesse accreditare il depistaggio fin dalle prime ore dal ritrovamento: un attentato finito male, una bomba esplosa nelle mani del vile attentatore, questa la prima spiegazione data alla tragedia.
Una tragedia che si aveva fretta di liquidare anche perché concomitante con il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse.
Ci sono voluti più di due decenni di impegno civile della famiglia e dei compagni di Peppino perché gli fosse restituito pienamente l’onore che tocca al militante caduto in battaglia e la verità scomoda fosse finalmente accertata prime nelle aule parlamentari e poi in quelle di tribunale: Impastato venne ucciso perché aveva ben chiaro i meccanismi di infiltrazione mafiosa in quel territorio e aveva dimostrato in passato, con la sua variegata attività di impegno politico e civile, di saper denunciare gli interessi delle cosche senza guardare in faccia a nessuno.
Raggiunta la verità storica – che una volta tanto è coincidente con quella ottenuta in sede giudiziaria ed è questo un fatto davvero degno di rilevanza in un paese come il nostro – oggi, a distanza di oltre trent’anni, si rinnova ancora il ricordo con il Forum sociale antimafia che, come ogni anno, si celebra a Cinisi, il paese dove Peppino si spese e dove trovò la morte. Dibattiti e approfondimenti che, a partire dalle riflessioni elaborate da Impastato, hanno l’obiettivo ambizioso di allargarsi alla proposta per rafforzare il versante del contrasto alle mafie.
Anche quest’anno si è parlato di diversi temi d’attualità, i più vari, perché varia e poliedrica era l’anima del giovane di Cinisi: l’ambiente (dalla realizzazione del Ponte sullo Stretto all’emergenza rifiuti in Campania, passando per alcune campagne di mobilitazione, quale quella per la smilitarizzazione della base di Sigonella); il diritto al lavoro (dalla dimensione della precarietà alla fase di recessione mondiale, passando per la condanna della finanza e delle banche), l’antifascismo (con la presentazione di alcune esperienze di resistenze sociali di fronte alle nuove forme di neofascismo e razzismo, sempre in agguato nel Belpaese), i temi internazionali (con l’anteprima nazionale del nuovo video di Fulvio Grimaldi sulla Palestina dal titolo “Araba fenice, il tuo nome è Gaza”); la lotta alla mafia (dall’impegno della magistratura più impegnata alle prospettive dell’educazione alla legalità nelle scuole).
A questi momenti di incontro e dibattito, si sono affiancate nel programma le numerose esibizioni di musicisti, artisti e teatranti, nella logica di alternare musica e cultura, gioia e riflessione, per favorire il pensiero libero, secondo uno degli insegnamenti più importanti lasciatici dal coraggioso antagonista di Badalamenti.
Il 9 sera hanno concluso il loro entusiasmante tour in giro per l’Italia i Modena City Ramblers: quattordici tappe in quindici giorni in luoghi simbolo della lotta alle mafie, perché luoghi dove lo Stato con la legge 109 del 1996 ha restituito alla collettività i beni confiscati alle cosche. Il concerto nella piazza principale di Cinisi è stato un grande momento di festa collettivo, impreziosito dalle esibizioni di Fabrizio Varchetta e Zen.it Posse.
Il momento più importante del Forum dal punto di vista politico e civile, però, è stato il corteo del 9 pomeriggio che ha visto affluire alcune migliaia di persone e sfilare dalla vecchia sede di Radio Aut a Terrasini a Casa Memoria Impastato, in quel di Cinisi. Un corteo variopinto e festoso, animato da slogan e musica contro la mafia, slogan e musica per ricordare quanti, come Peppino, si sono battuti per liberare la società dall’ipoteca delle mafie e della collusione con politica e affari.
Nelle quattro giornate di Cinisi, si è avuto inoltre la possibilità di presentare due testi che restituiscono con modalità e linguaggi diversi la cifra dell’impegno di Impastato.
Stiamo parlando del libro scritto a quattro mani da Franco Vassia e Giovanni Impastato dal titolo “Resistere a Mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato” (Stampa Alternativa, Viterbo 2009). Il fratello di Peppino, oltre ad essere anima e cuore del Forum insieme a Salvo Vitale e Umberto Santino, gira instancabilmente per l’Italia per trasmetterne il messaggio politico e civile e per la prima volta rivela alcuni particolari inediti dei rapporti familiari, a partire dalla controversa relazione con il padre.
L’altro libro è invece un fumetto realizzato da Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso dal titolo “Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia” (Beccogiallo Editore, Padova 2009): centoventi pagine in bianco e nero, con la prefazione di Lirio Abbate, per ricostruire a fumetti la figura di Peppino, grazie alle testimonianze inedite degli amici e soprattutto del fratello Giovanni. Senza cadere nella tentazione di ricalcare il copione de “I cento passi”, il fumetto sembra costituire una ottima occasione per raggiungere un pubblico nuovo, composto per lo più da giovani che ancora non conoscono la storia raccontata nel film dal regista Marco Tullio Giordana.
Un’ultima considerazione ci sembra doverosa anche se scomoda. Nonostante lo sforzo dei familiari e degli amici di esportare fuori da Cinisi la figura e il messaggio di Peppino Impastato, ancora oggi, dopo oltre trent’anni, sembra irrisolto il rapporto con il paese.
Per quanti sono venuti da fuori è sembrato fin troppo evidente che la manifestazione si svolgesse quasi su un altro piano, senza un reale coinvolgimento dei compaesani di Impastato. E la troppa indifferenza è spesso e volentieri colpevole, anche e soprattutto in terra di mafia.
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