No al decreto “Sblocca cantieri”
Il Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32, più noto come “Sblocca cantieri”, desta forte e viva preoccupazione tra le associazioni che sottoscrivono questo comunicato, le quali sono consapevoli che le opere da sbloccare nel nostro Paese per renderlo più efficiente, più sicuro e più moderno sono molte.
Questo decreto, tuttavia, non interviene sui veri e annosi ostacoli del sistema degli appalti pubblici.
Da un attento esame del testo del provvedimento con il quale il Governo intende modificare l’attuale Codice degli Appalti, pur comprendendo la volontà di rendere più efficiente e snello il funzionamento di un rilevante comparto economico del nostro Paese, emergono forti e concrete criticità.
Prima di tutto di natura culturale.
Preoccupa, innanzitutto, che dalla lettura del dispositivo normativo traspaia forte la sensazione che il legislatore consideri le regole non tanto degli strumenti di tutela, di controllo e di garanzia dei diritti – in primis quelli del lavoro –, strumenti di trasparenza e di prevenzione contro le possibili penetrazioni di sistemi corrotti e mafiosi, contro la formazione di “cartelli” di imprese che possono alterare il meccanismo della libera concorrenza, ma piuttosto come dei “lacci e lacciuoli”, un intralcio alla progettazione ed esecuzione di importanti opere pubbliche.
La storia, al contrario, ha insegnato che non ci può essere sviluppo sano, investimenti, sicurezza sul lavoro, qualità dell’occupazione e delle opere pubbliche senza legalità.
Non si comprende, sempre leggendo il testo del decreto, quali siano le ragioni che hanno indotto il Governo ad un sostanziale svuotamento di ANAC, organismo che in questi anni è divenuto un punto di riferimento imprescindibile per la gestione del sistema degli appalti pubblici, così come il ripristino dei commissari straordinari, la ricomparsa del criterio del massimo ribasso, l’allargamento delle procedure ad affidamento diretto tramite negoziazione, l’aumento del subappalto, il ripristino dell’appalto integrato che affida allo stesso soggetto sia la progettazione che l’esecuzione dei lavori, eliminando la progettazione indipendente che aveva lo scopo di incrementare la qualità dei progetti, la ricerca delle soluzioni tecnologiche meno impattanti da un punto di vista ambientale e di inserire al meglio il progetto nel contesto territoriale e urbano.
La sensazione è che si stia tornando ad un passato che tanti danni ha generato nella società, nella politica e nell’economia italiana. Un passato che ha pesantemente intaccato la credibilità e l’immagine del nostro Paese. Un passato che non vogliamo tornare a rivivere.
Per queste ragioni Acli, Arci, Avviso Pubblico, Centro studi Pio La Torre, Gruppo Abele, Legambiente, Libera, Sos Impresa e Kyoto Club parteciperanno alla mobilitazione indetta da Cgil, Cisl e Uil il 28 maggio a Roma, davanti a Montecitorio, per chiedere al Parlamento di non convertire in legge il Decreto 32/2019 che, nei fatti, non sblocca alcun cantiere.
Si apra un tavolo di confronto per affrontare in modo diverso le questioni riguardanti il Codice degli appalti.
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