Mimmo Lucano ed i tre gradi della Giustizia
A differenza di quanto scritto da molti, la pronuncia della Cassazione non pone fine all’Odissea giudiziaria di Mimmo Lucano, ma l’orizzonte di “Itaca”, adesso, sembra sempre più vicino.
Alle porte dello scorso ottobre veniva disposto ed eseguito l’arresto del Sindaco di Riace (momentaneamente sospeso dall’incarico) in un procedimento giudiziario che lo vedeva protagonista insieme ad una serie di altri indagati. Le accuse, ritenute sufficienti a legittimare l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, erano di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione delle regole in materia di appalti pubblici.
La contestazione e la contestuale misura erano sorrette da un impianto accusatorio abbastanza approssimativo, ma il dibattito, fin dal primo giorno, aveva attirato a sé quegli stessi avvoltoi che troppo spesso dimenticano che – ad oggi, almeno fino alla prossima eventuale e colorita riforma – la strada verso l’accertamento della responsabilità penale, nel nostro ordinamento, si percorre lungo un sistema di tipo “garantista”.
Era bastata quella misura cautelare per poter leggere sul celebre blog che “Riace non era un modello: è finita l’era del business dell’immigrazione”. All’altro capo del contratto di governo c’era invece chi, a suon di tweet, aveva l’accortezza di ricordarci come ci si debba indignare contro l’indebito utilizzo dei fondi pubblici per scopi personali. Predica sacrosanta, a differenza del pulpito.
Le due settimane successive, scandite da un inverosimile dibattito sul rapporto tra la legge e la giustizia, hanno portato all’attesa pronuncia del Tribunale del riesame che nel revocare la misura degli arresti domiciliari, aveva disposto quella del divieto di dimora a Riace e conseguente vittoria di Pirro.
Il 16 ottobre inizia così l’esilio di Mimmo Lucano ed un vagare che lo porterà in tutta Italia a raccontare la sua esperienza politica, i suoi sogni e le sue ostinate utopie ricevendo in cambio la cittadinanza onoraria di molti centri italiani in uno slancio di solidarietà forse imprevedibile di questi tempi.
Nel frattempo, la realtà di Riace inizia a sgretolarsi per via di alcuni provvedimenti ministeriali e legislativi generanti macerie di silenzio e porte chiuse. Ma sarà solo un arrivederci.
Piero Calamandrei – era stato ricordato – sosteneva che come tutte le divinità, anche la Giustizia si manifesta soltanto a chi ci crede. Nonostante tutto. Si può dubitare dell’umano arbitro insomma, ma non di ciò che a lui è sovraordinato: anche per questo esistono tre gradi di giudizio.
Il 2 aprile la Cassazione ha annullato con rinvio la misura cautelare disposta dal Tribunale del Riesame che dovrà dunque rivedere le motivazioni che lo avevano portato a decidere per il divieto di dimora. Nella nuova sentenza si legge che non ci sono indizi di “comportamenti” fraudolenti che Mimmo Lucano avrebbe “materialmente posto in essere” per l’assegnazione di alcuni servizi, come quello della raccolta dei rifiuti. È la legge a prevedere l’affidamento diretto in casi simili dove vengono incentivate le cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
Ci sarebbero, viceversa, “gli elementi di “gravità indiziaria” del fatto che Lucano si sia dato da fare per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem. Ma, a questo riguardo, bisogna considerare “la relazione affettiva”. L’unico matrimonio di comodo era stato pensato per aiutare la compagna Lemlem a farsi raggiungere in Italia dal fratello, ma la cosa non aveva avuto una concreta realizzazione.
Starà al Riesame pronunciarsi sulla base di queste risultanze e secondo giustizia e solo allora Mimmo Lucano sarà libero di tornare a Riace.
Il GUP di Locri, ha rinviato di circa una settimana la decisione sull’eventuale rinvio a giudizio dello stesso Sindaco (sospeso) ed altri 29 indagati, ma le motivazioni della Cassazione sembrano essere un soffio deciso sulle residue scintille che avrebbero potuto appiccare un fuoco incentivato dai venti molesti di questa travagliata epoca.
“A differenza d’altri, io mi difendo nel processo e non dal processo”, è stata la dichiarazione di un Mimmo Lucano con gli occhi pieni della speranza di poter nuovamente imboccare la strada verso casa.
Nell’ipotizzare quali saranno i prossimi capitoli di questa storia, torna alla mente un verso di De Andrè da un componimento senza tempo né stagione, a dispetto del suo stesso nome: “Ma tu che vai, ma tu rimani, vedrai la neve se ne andrà domani. Rifioriranno le gioie passate col vento caldo di un’altra estate”.
“Tu che vai” via dal tuo paese perché costretto o che scappi da un processo; “Tu che rimani” per farti processare o reso “immune” sulla tua poltrona ministeriale, continua sempre a credere nella giustizia e nel suo naturale corso se di essa non hai di che temere.
Trackback dal tuo sito.