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Tra stato di diritto e sfera personale, il caso della nave Diciotti

Pierluigi Ermini il . Migranti

migrantiDIciotti-755x491Il dibattito di questi giorni sull’eventuale processo al Ministro dell’Interno per il caso della nave Diciotti, spinge ad alcune riflessioni che esulano dal processo stesso e che hanno però conseguenze sul fronte sociale e personale di ciascuno di noi.

Il 25 agosto 2018, subito dopo la fine della vicenda della nave, sul mio blog scrissi così: “Alla fine di questa triste giornata, dove gli eventi si sono succeduti con rapidità, dobbiamo fare i conti con: il ministro dell’interno indagato per sequestro di persona; l’Italia ancor più isolata all’interno dell’Europa; un’Europa che da parte sua dimostra ancora una volta la sua insussistenza politica e la propria mancanza di solidarietà; un governo costretto a chiedere aiuto alla Chiesa per ospitare 100 profughi e a rivolgersi anche all’Albania per ospitarne altri 20; un nuovo conflitto tra politica e magistratura; alcuni tafferugli con persone contuse intorno al porto di Catania; un paese ancora più diviso; uno stato di diritto indebolito;una conflittualità che ora aumenterà all’interno della stessa coalizione di governo, con una parte del Movimento 5 Stelle che si trova  ancor più in difficoltà a continuare un cammino insieme alla Lega“.

Tutte cose che con il tempo si sono acuite, perchè quando la politica non sa guidare questi fenomeni, quello che produce è sempre solo più caos e questo Governo, sul fronte della migrazione, così sta facendo.

Chi si sta indebolendo, attraverso questo modo di fare politica, è lo stato di diritto, la nostra democrazia; un paese maturo dovrebbe avvertire ed avere paura di quanto sta accadendo, mentre invece tutto viene accettato con superficialità e con scarse reazioni, che avvengono più nella società civile, mentre ciò che manca è una vera opposizione.

Ritengo che in un paese democraticamente forte la sconfitta del Ministro Salvini dovrebbe avvenire dalla politica e non attraverso un eventuale processo della magistratura, ma che comunque ciascuna azione politica debba sempre rispettare le norme stabilite dalla nostra Costituzione..

Ma per questo occorre che il “popolo” che vive di pancia”, si trasformi in cittadino che vive invece di analisi e riflessione sui propri diritti e doveri, ad iniziare dal rispetto della dignità di ogni uomo, anche dei migranti, secondo leregole sancite dalla nostra Carta.

In quanto sta accadendo ci sono due aspetti che segnano uno spartiacque che non dovrebbe essere superato.

Il primo riguarda la nostra forma democratica e il rischio di una sua trasformazione.

Tutti gli enti pubblici quando agiscono, lo fanno attraverso atti. Se la decisione sul caso Diciotti è stata del Governo nel suo insieme, ebbene occorre che esista un atto (una deliberazione, un verbale di incontro) che attesti la decisione, anche a maggioranza, presa dall’esecutivo.

Non risulta che esistano questi atti e dunque si tratta di una manifestazione politica che non è stata tradotta in atti formali.

Non è una cosa secondaria, perchè tutte le istituzioni esprimono e applicano le proprie decisioni così, a garanzia di tutti noi cittadini.

Dunque non basta oggi che il Presidente Conte dica che la responsabilità è stata anche sua; doveva scriverla negli atti allora e con lui tutto il governo se davvero condivideva il modo di agire del Ministro dell’Interno.

Nell’articolo dell’agosto scorso riportavo una bellissima frase di Kant che dice: “Il diritto non deve mai adeguarsi alla politica, ma è la politica che in ogni tempo deve adeguarsi al diritto.”

Meraviglia che chi viene dal mondo della giurisprudenza come il Presidente Conte non senta la necessità di dare applicazione concreta a questa frase su cui si fonda uno stato di diritto. Questo modo di comportarsi da parte di un Presidente del Consiglio o di un Ministro produce una perdita di diritti, e trasforma il popolo in suddito.

L’altro aspetto invece è più personale e riguarda le relazioni e il modo di porsi di fronte a uomini e donne che giorno per giorno, noi stiamo trasformando in clandestini, come scelta (cosa di cui tutti dobbiamo essere consapevoli e assumersene anche la responsabilità).

E’ facile parlare e agire fino a quando tutto ciò non incide nella nostra vita di relazioni. Si vedono volti anonimi e non si conoscono storie, si fa di ogni erba un fascio, mettendo tutti sullo stesso livello. Ma quando ci si avvicina a queste storie, la realtà cambia e la dimostrazione più bella in questi giorni è venuta da Stefania Prestigiacomo che ha avuto il coraggio di andare a trovarli, di parlarci, di ascoltarli. E oggi in aula in Parlamento, ha avuto anche la forza, che nasce dall’esperienza concreta vissuta, di controbattere senza nessuna remora le sue ragioni al Ministro dell’Interno.

L’atteggiamento cambia perchè ascoltare, capire, immedesimarsi in queste storie ci mette personalmente, nella nostra coscienza in difficoltà, ci chiama in causa personalmente.

Non cambia l’idea dell’obiettivo politico che si vuole perseguire (che dovrebbe portare a una maggiore assunzione di responsabilità di tutti i paesi europei per l’accoglienza di queste persone), ma cambia il modo di porsi verso di loro evitando di dare l’idea e di far respirare l’aria al nostro paese, che proprio loro sono il nostro nemico.

Così come cambiano le cose se ad essere colpiti da questo modo di agire sono le persone con cui noi personalmente siamo riusciti a stabilire un rapporto, come era successo per esempio al Cara chiuso vicino a Roma in questi giorni, dove persone e bambini erano state accolte e integrate da quella comunità; una comunità che poi ha aspramente criticato le modalità con cui i migranti sono stati trasferiti.

Ormai da anni, dunque anche prima di questo governo, siamo di fronte a una politica che rifiuta i drammi, che preferisce tenerli lontani, oppure li cavalca per fini propagandistici. Una politica dell’io, che per arrivare ai propri obiettivi non guarda in faccia nessuno.

Eppure basterebbe poco, basterebbe che il Ministro dell’Interno, che dice di agire sempre come il buon padre di famiglia, salisse a bordo di quelle navi, oppure cercasse un confronto con questi disperati, non per cambiare il suo obiettivo politico, ma solo per cambiare il suo atteggiamento verso di loro e per aiutarci ad affrontare questi problemi con un pò più di umanità.

Magari perderebbe qualche consenso politico, ma aiuterebbe la nostra democrazia a rinforzarsi, diminuirebbe il conflitto tra gli italiani e credo andrebbe a vantaggio anche della sua vita personale.

Il vantaggio di essere buoni

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