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Carta e cartone nell’emergenza di Napoli

Di Daniela De Crescenzo il . Campania, Dai territori

Per assicurare la raccolta dei cartoni a Napoli è
sceso in campo l’esercito: da sabato nell’operazione sono impegnati oltre al
Comune, all’Asia, al Conai e al Conieco anche i soldati. E poi Ascom,
Confesercenti e Unioncamere (Unione regionale delle Camere di Commercio). Il
cardinale Sepe ha schierato le parrocchie. E molte scuole si sono dichiarate
pronte a fare la propria parte. L’operazione viene coordinata dal commissariato
di governo. Il Comune ha poi annunciato un nuovo piano che prevede dieci isole
ecologiche e tre isole di compostaggio. La Regione ha deciso di contribuire con
16 milioni di euro.
Il tutto per tentare di far decollare quella
differenziata che in città ha raggiunto nel 2007 il 13 per cento, e che procede
a rilento nella maggior parte dei comuni della provincia.

Uno dei punti critici
è rappresentato proprio dalla raccolta dei cartoni: sugli imballaggi, infatti, i
produttori e gli utilizzatori pagano al Conai un contributo che ovviamente
finisce con il pesare anche sulle tasche dei consumatori. Il consorzio, però,
restiuisce il contributo ai Comuni che provvedono alla raccolta degli imballaggi
primari, cioè a quelli assimilabili ai rifiuti solidi urbani. Nel 2006 ha
versato più di 54 milioni alla Lombardia e 10 alla Campania. Tra Conai e
commissariato di governo già nel 2005 era sorto anche un contenzioso:
responsabile di allora della struttura, il prefetto Corrado Catenacci, sosteneva
che se il consorzio non avesse raggiuntol’obiettivo previsto dalla normativa (il
recupero del 60 per cento degli imballaggi immessi sul mercato) l’ente pubblico
avrebbe potuto recuperare le somme versate dai produttori e addebbitargli i costi dello
smaltimento. Il consorzio, invece, si dichiarava pronto a riceve tutti gli
imballaggi, ma riteneva che la norma non l’obbligasse alla raccolta. Il Tar ha
stabilito che il Conai dovesse raccogliere i cartoni, ma il commissariato non
avesse il potere di sanzionarlo. E carta e cartoni sono rimasti a terra. La
situazione è migliorata nel 2007: l’Asia (la municipalizzata del Comune che
lavora senza aver mai firmato un contratto di servizio) ha raccolto 15 mila
tonnellate. Nel 2008 bisognerebbe superare i ventimila. I derivati dalla
cellulosa rappresentano più del 30 per cento delle 1500 tonnellate di spazzatura
prodotte quotidianamente dalla città, quindi ogni anno se ne producono 180 mila
tonnellate.

Dopo l’ultima grande emergenza, che ha indotto il governo ad
affiancare un supercommissario (De Gennaro) all’ennesimo commissario (Sottile),
è stato deciso di sciogliere le amministrazioni che entro marzo non avranno
approvato un piano ed entro maggio non avranno avviato la differenziata.
Un’impresa estremamente difficile. In teoria, infatti, sarebbero migliaia i
lavoratori da impiegare in questo compito. Ma sono tutti collocati nei diciotto
consorzi di bacino, negli Ato, nelle imprese consorziate e municipalizzate che
una serie di leggi, leggine, decreti e contratti hanno legato in un sistema di
scatole cinesi difficile da districare. Chi poteva immaginare, ad esempio, che
di Arzano multiservizi, il consorzio sciolto dalla prefettura per infiltrazioni
mafiose, facessero parte con la Sogaf (la società su cui si è appuntata
l’attenzione della prefettura), attraverso la società Helios, i comunui di
Firenze, Calenzano, Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino e Signa? Eppure, una visura
camerale dimostra che è successo anche questo.Il primo nodo che bisognerà
sciogliere per mettere in campo una differenziata organizzata seriamente
riguarda il destino dei 2500 addetti alla differenziata assunti negli anni
scorsi dai consorzi di bacino. Ora questi dovrebbero essere sciolti.

A Napoli
l’Asia si era detta disponibile ad assumere i 362 dipendenti del bacino 5, ma
questi godevano di un inquadramento a un livello superiore rispetto a quello dei
dipendenti della società pubblica e quindi hanno resistito. Fino ad ottobre del
2007 solo 117 avevano detto sì al passaggio e avevano aderito al bando. Ma
l’ispettorato del lavoro è poi intervenuto perché, nel rispetto del protocollo
per la legalità, l’Asia non può assumere pregiudicati, e almeno un centinaio dei
362 dipendenti del bacino ha avuto problemi con la legge. A questo punto, però,
c’è stato il colpo di genio dell’assessore competente, Gennaro Mola, che nei
giorni scorsi ha spiegato al Mattino di Napoli: «Anche per questi lavoratori è
stata individuata una soluzione. L’Asìa gestisce direttamente otto lotti su
dieci del settore in cui è articolata la raccolta dei rifiuti in città. Nel
rispetto delle regole si può aprire una trattativa per consentire a chi ha avuto
problemi con la giustizia di lavorare per le società private che con Asìa
collaborano nei rimanenti due lotti. Tutto sarà fatto nel pieno rispetto delle
norme e soprattutto per consentire lo scioglimento del Bacino Napoli 5 entro il
29 febbraio». Come dire: fatta la legge, trovato l’inganno.
E non è finita
qui. Nei giorni scorsi il commissario Sottile ha disposto, in via eccezionale,
l’impegno di una somma di poco inferiore ai 3milioni e mezzo di euro per il
pagamento della mensilità di gennaio dei dipendenti dei bacini in attesa «di
addivenire ad un riassetto definitivo del ruolo e delle attribuzioni dei
consorzi». Definizione che non appare certo a portata di mano: i bacini
dipendono, infatti, dagli Ato e la commissione regionale venerdì ha rinviato
ancora una volta la discussione sul destino degli ambiti territoriale. Che fine
faranno Ato, bacini. consorzi e tutti quegli enti creati negli anni scorsi e
travolti dall’emergenza? Se lo domandano migliaia di dipendenti. E nessuno è
disposto a rinunciare ai privilegi accumulati in questi anni.

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