Antonio Megalizzi, il giovane che amava il giornalismo e l’Europa
In queste ore il pensiero corre verso Antonio Megalizzi, il giovane volontario di Europhonica (format radiofonico universitario internazionale che seguiva le attività dell’Europarlamento), ucciso a Strasburgo durante l’attentato terroristico compiuto dal terrorista Cherif Chekatt.
Un ragazzo Antonio che con questo impegno cercava di unire le sue due più importanti passioni, il giornalismo e l’Europa.
Un sogno il primo che stava per portarlo, grazie alle collaborazioni in corso con la radio, al tesserino di giornalista pubblicista.
L’altro suo sogno era l’Europa e la sua crescita, tanto che solo pochi giorni fa stava distribuendo volantini per l’associazione Trentino-Europa, proprio per far conoscere le istituzioni europee all’interno della regione dove vive.
Giornalismo ed Europa: un lavoro il primo, in questi anni sempre più attaccato e denigrato; una istituzione la seconda anch’essa continuamente messa in discussione e spesso vista come una nemica o comunque un ostacolo alle aspirazioni di singoli stati e popoli.
Eppure proprio in questi giorni la famosa rivista Time ha individuato proprio nei giornalisti le persone dell’anno 2018. Nel corso dell’anno almeno 52 giornalisti sono stati assassinati e il famoso magazine ha deciso di rendere omaggio al coraggio di chi rischia tutto per raccontare la storia del nostro tempo.
La stessa Europa, tanto bistrattata ed attaccata, è quell’istituzione che pur con tutti i suoi limiti ha garantito agli abitanti del nostro continente 70 anni di pace e di sviluppo sociale, ha portato avanti valori comuni, tenuto aperte le frontiere, permesso ai nostri giovani e a tutti noi una libertà di movimento e di scambi.
Entrambi sono stati parte importante della vita di Antonio, ciò per cui stava lavorando con il desiderio di costruire anche su di essi il suo futuro.
E proprio nell’inseguirli e coltivarli si è trovato a percorrere una strada maledetta dove ha incrociato lo sguardo, la follia e la rabbia criminale di un altro ragazzo della sua età che gli ha sparato.
Un giovane senza speranza Cherif, braccato, senza sogni, che ha deciso di seminare morte e dolore, magari con l’illusione di seguire un dio violento e incapace di amore e che ha trovato anche lui la morte a seguito del suo folle gesto.
Pensando a queste cose mi viene da riflettere sul bisogno che anche noi adulti abbiamo di giovani come Antonio, pieni di speranza e di voglia di fare, giovani che credono in se stessi e che vogliono operare per costruire un futuro migliore.
E in questo momento di profonda tristezza, un filo di speranza emerge dalla proposta fatta dal rettore dell’Università di Trento e rivolta anche ad altre università europee, di dare continuità al progetto di Europhonica, per promuovere i valori che stanno alla base del progetto europeo, nel segno della luce che Antonio nella sua breve vita ha saputo emanare inseguendo i sogni a cui voleva dare concretezza.
Con la speranza che il giornalismo e l’Europa siano parte del futuro di noi, dei nostri figli e dei tanti giovani che non vogliono smettere, come Antonio, di sognare e sperare che un’altra Europa, più solidale, accogliente, unita, si possa costruire.
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