Richiesta misura prevenzione per il senatore D’Alì, procedimento concluso
Decisione fra novanta giorni
Ad oltre un anno dalla richiesta avanzata dalla Procura antimafia di Palermo, il procedimento nei confronti dell’ex sottosegretario all’Interno, il senatore Tonino D’Alì, svoltosi dinanzi al Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani, è arrivato alla sua conclusione. I giudici, ascoltate le parti, e cioè il pm Pierangelo Padova, per la Dda di Palermo, e l’avvocatessa Arianna Rallo, difensore del senatore D’Alì, hanno dichiarato infatti concluso il procedimento annunciando che la decisione verrà depositata tra 90 giorni, quindi tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo 2019.
La Procura antimafia di Palermo ha chiesto per l’ex parlamentare di Forza Italia l’obbligo di dimora per 5 anni nella sua città, Trapani, indicando il politico come soggetto socialmente pericoloso. Ovviamente la difesa ha chiesto ai giudici di non accogliere la richiesta. Come ultima carta giocata dalla difesa, quella che l’accusa contestata al senatore D’Alì – ossia quella di concorso esterno in associazione mafiosa (in questo caso dopo l’annullamento della sentenza che ha dichiarato prescritto e assolto il politico, il processo penale, diverso da quello delle misure di prevenzione, è tornato al giudizio di secondo grado e la prossima udienza è fissata per il prossimo 6 febbraio) – è in contrasto con la recente decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo pronunciata per quanto riguarda il cosiddetto “caso Contrada”.
Un intervento quello del legale parecchio tecnico, esternato ai giudici dopo avere contestato uno per uno gli episodi indicati dalla Procura antimafia di Palermo inerenti i contatti tra il senatore e i soggetti mafiosi o comunque vicini all’associazione mafiosa. Contatti peraltro venuti fuori anche in modo analitico dalle sentenze penali pronunciate in primo e secondo grado. Nella sostanza la sentenza della Cedu sul caso Contrada (l’ex poliziotto dei servizi segreti civili condannato per i contatti con Cosa nostra) stigmatizza la decisione dei giudici italiani che hanno applicato contro Contrada la norma sul concorso esterno entrata in vigore in data successiva al periodo indicato a sostegno del reato. Stessa cosa sostenuta dinanzi al Tribunale delle misure di prevenzione dall’avvocato Rallo a favore del senatore D’Alì che si è visto prescritto il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, legato ai contatti ravvicinati con la famigerata cosca mafiosa dei Messina Denaro, per un periodo non oltre il 1993. Quando ancora non era intervenuta la modifica del codice pena con l’introduzione del concorso esterno in associazione mafiosa.
Per il pm Padova l’osservazione della difesa non è fondata, in quanto l’accusa di concorso esisteva già da prima, esercitata assommando l’art. 110 (concorso) con l’art 416 bis (associazione mafiosa), successivamente è stata meglio definita con il comma 4 aggiunto al 416 bis. Poi il magistrato ha lanciato un risposta provocatoria per rompere il tecnicismo sollevato dalla difesa del senatore D’Alì. “Si provi a cercare nel nostro codice la corrispondenza tra il reato di tentato omicidio con un articolo del cp…”. L’accusa di tentato omicidio muove infatti da due diversi articoli, articolo 56 e articolo 575. Insomma pari e patta.
A parte tutto adesso ogni cosa è rimessa alla decisione dei giudici, ma bisognerà attendere i fatidici 90 giorni.
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