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Ministro Salvini, pensi alle mafie e non solo all’immigrazione

Piero Innocenti il . L'analisi

matteo salviniIl ministro dell’Interno Salvini, esperto (si fa per dire) nella adozione di drastiche strategie anti immigrazione (chiusura dei porti alle navi che soccorrono migranti in mare,rimpatri forzati per tutti, più trattenimenti nei Cpr) e di prevenzione dello spaccio di stupefacenti (agenti di polizia e carabinieri, con cani antidroga ai cancelli delle scuole), dovrebbe approfondire la materia del contrasto alla c.o. mafiosa italiana e straniera, tema sul quale non sembra avere particolare dimestichezza né grande interesse. Tant’è che nel decreto legge n°113 del 4 ottobre sulla sicurezza (unificato con quello sull’immigrazione) e già entrato in vigore il 5 ottobre scorso, di attività di potenziamento contro queste organizzazioni criminali non vi è traccia alcuna.

Eppure, lo ricordiamo al ministro Salvini (che è anche vice Presidente del Consiglio), già però molto concentrato sulle elezioni europee di metà del prossimo anno, i cittadini continuano a vivere, da decenni, in un Paese in cui vaste zone sono sotto il controllo delle varie mafie (nel frattempo a quelle tradizionali si sono aggiunte altre “mafiette”). Mafie che, in realtà, sono sicuramente meno violente rispetto al passato ma soltanto perché preferiscono agire “prevalentemente attraverso modalità collusive e corruttive” nei diversificati affari criminali “in cui confluiscono soggetti dell’impresa, della politica, dell’amministrazione”.

Ecco, sarebbe importante per tutti i cittadini perbene vedere il Ministro dell’Interno, “maniche rimboccate” (“bellicoso”,come accade spesso di vederlo in tv), iniziare una vera “campagna di guerra”, utilizzando a pieno regime tutte le risorse di prim’ordine che da lui dipendono magari rinforzandole (su tutte la DIA), contro le mafie, non solo quelle che hanno le caratteristiche previste dall’art.416bis del codice penale ma anche nei confronti di “quelle organizzazioni criminali (…) che sono (…) di estremo pericolo per il sistema sociale, economico, istituzionale”. Sono alcuni dei punti richiamati nella interessante relazione del dicembre 2017, probabilmente già  “impolverata” in qualche cassetto parlamentare, della Commissione parlamentare Antimafia sui rapporti di cosa nostra e della ‘ndrangheta nella massoneria in Sicilia e Calabria.

Nell’attesa che venga attivata (inspiegabile, per chi scrive, questo ritardo) la Commissione d’inchiesta Antimafia (istituita con la legge 7 agosto 2018 n°99) per la quale sono stati pure individuati ulteriori ambiti di indagine rispetto a quelli previsti dalla legge 87/2013, appare significativo quel potere di “verificare l’infiltrazione all’interno di associazioni massoniche o comunque di carattere segreto o riservato” ma, soprattutto, i poteri finalizzati alla promozione della cultura della legalità. Si tratta, come è noto, di un punto insidioso e preoccupante come hanno evidenziato indagini di polizia giudiziaria passate che hanno evidenziato rapporti tra alcune logge massoniche deviate e ambienti criminali e molto opportunamente è stato ripreso dal nuovo Parlamento l’auspicio formula dalla precedente Commissione Antimafia che aveva sottolineato la necessità di proseguire nella nuova Legislatura il lavoro d’inchiesta avviato per non trascurare “l’approfondimento del mondo magmatico delle massonerie irregolari, del loro potenziale relazionale, dell’atteggiarsi delle mafie nei loro confronti”.

Tutte cose sulle quali il Ministro dell’Interno farebbe bene a riflettere, magari facendosi redigere sintetici “appunti” dallo staff del suo Gabinetto, senza trascurare le relazioni della DIA (almeno le ultime due del 2017) e quella, altrettanto “illuminante”, sulle “Mafie nel Lazio” del 2018. Non credo che il Ministro dormirebbe sonni tranquilli.

Le “storie” di Salvini sulla sicurezza

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