Caporalato, affamare gli ultimi per fare più soldi
Dietro le stragi c’è il ribasso dei prezzi. Le aste elettroniche della grande distribuzione per il pomodoro a prezzi stracciati.
Corpi straziati. Auto distrutte. Sirene di ambulanze e polizia. In due giorni, nel foggiano, 16 morti. Fatalità? Comuni incidenti stradali? Che di “comune” vi sia ben poco è di assoluta evidenza, perché le vittime della strage sono tutti braccianti trasportati per la raccolta dei pomodori. Un capitolo di quel romanzo criminale chiamato caporalato: sfruttamento che sfocia in schiavitù. Una piaga che da decenni investe il nostro Paese. Non un’emergenza di cui preoccuparsi solo quando un “fattaccio” ci scuote. Un fenomeno strutturale, che riguarda il funzionamento stesso di parte della nostra economia.
Oltre ai lavoratori (che pagano i prezzi peggiori) a essere penalizzate sono l’immagine del Made in Italy nel mondo e le tantissime aziende che rispettando le leggi subiscono un pesante dumping. Dopo anni di parole vuote e di indignazione effimera, di questo profilo strutturale si è finalmente occupata la legge 199/2016 votata da tutte le forze parlamentari della passata legislatura con l’astensione di Lega e Forza Italia. Un atto di civiltà. Una prima risposta alla vergogna delle troppe morti nei campi italiani. La nuova legge inasprisce il quadro normativo di contrasto al caporalato in agricoltura e ha portato nel primo anno di applicazione ad un numero di arresti (oltre 70) che prima ce li sognavamo. Un indiscutibile passo avanti lungo la strada giusta. Nello stesso tempo la legge prevede azioni positive, come la Rete del lavoro agricolo di qualità e le sue sezioni territoriali, volte a prevenire lo sfruttamento con l’introduzione di forme di collocamento e trasporto legale. Per questi aspetti la legge purtroppo è ancora inapplicata e i ritardi continuano ad accumularsi.
Ma invece di attivarsi su questo versante, i ministri Matteo Salvini e Gian Marco Centinaio hanno di recente manifestato l’intenzione di cambiare decisamente rotta (ieri a Foggia Salvini ha corretto il tiro parlando di “miglioramenti”) ma la cosa giusta è andare avanti e non tornare indietro svuotando la legge dei suoi contenuti innovativi. Magari sacrificando sull’altare di una malintesa sburocratizzazione la responsabilità in solido delle aziende introdotta dalla nuova legge.
Ho definito le morti del foggiano come il capitolo di un romanzo criminale. Come in ogni noir anche in questo caso il racconto svela meccanismi inconsueti, se non impensabili. Mi riferisco alle “aste elettroniche inverse al doppio ribasso” per l’acquisto di prodotti agricoli e agroalimentari. In estrema sintesi – ma molto di più si può trovare in un articolo di Ciconte e Liberti su Internazionale – si tratta di questo: la grande distribuzione chiede alle aziende fornitrici del pomodoro di presentare offerte di vendita; raccolte le proposte, viene indetta via Internet, partendo dall’offerta più bassa, una seconda gara al ribasso. Si aggiudica la commessa chi offre di meno, anche se così finisce in perdita, perché vuole stare sul mercato e perché spera poi di rifarsi; in particolare pagando il meno possibile gli agricoltori; che a loro volta saranno costretti a rivalersi sulla mano d’opera. Ecco il caporalato, un effetto a cascata dove a rimetterci sono soprattutto gli ultimi, gli anelli più deboli della catena. Attenzione: non tutti i gruppi della grande distribuzione ricorrono al “doppio ribasso”. Molti hanno firmato un protocollo predisposto dal passato governo rinunciando alle aste elettroniche. Ma altri no (le cronache parlano di Eurospin) argomentando in sostanza che questo è il mercato, bellezza!
Ecco una cosa concreta che la nuova maggioranza dovrebbe subito fare: rendere il protocollo vincolante per tutti, come in Francia, anticipando una direttiva che l’Europa ha in programma di varare nel 2019 prima della fine della legislatura. Nello stesso tempo si dovrebbe approvare la riforma dei reati agroalimentari predisposta da tempo con l’obiettivo ultimo di una etichetta “narrante” che dica tutto sull’origine la lavorazione gli ingredienti e quant’altro serva per sapere ciò che davvero si mangia e si beve. Sarebbe un formidabile antidoto anche contro il caporalato. Senza la riforma a rimetterci sarebbero i consumatori. Affossarla sarebbe un favore all’Italia degli affaristi impuniti.
Articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano l’8 agosto 2018
*Presidente Osservatorio Agromafie Coldiretti
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