Intervista a Petra Reski
“Intervistatore (I.): Petra Reski, scrittrice e giornalista, è autrice di un libro sulla ‘ndragheta
scritto in lingua tedesca, considerata in Germania la miglior opera
sull’argomento. Secondo lei perché le mafie, in particolare la
‘ndragheta, si sono così radicate all’estero?
Petra Reski (P.R.): Perché le leggi estere permettono cose che non si possono fare in Italia, per esempio in Germania non
esistono intercettazioni ambientali nei locali pubblici, e anche nelle
case è molto difficile intercettare, gli investimenti frutto di
riciclaggio è molto più facile farli in Germania che in Italia. Il
reato di associazione mafiosa in Germania non esiste, dunque un
soggetto della mafia può tranquillamente investire tutti i suoi soldi
in Germania senza essere controllato.
Ci sono migliaia di casi di, chiamiamoli “pizzaioli“,
che vengono a lavorare in Germania con un reddito mensile di 800 euro e
magari si comprano un albergo, oppure delle strade intere.
I.: Per cui c’è un po’ di connivenza anche con qualche tedesco?
P.R.: Per forza! Senza connivenza sarebbe impossibile anche
in Germania. I tedeschi si credono, purtroppo, un po’ superiori al
problema che non vedono, pensano che la mafia sia un fenomeno solo
italiano, di regioni un po’ arretrate del Sud Italia,
dunque una cosa che non potrebbe mai succedere in Germania, e invece in
Germania è come in Italia. Con l’aiuto dei politici, delle istituzioni
e di avvocati disponibili, nella Germania degli ultimi 40 anni sta
accadendo ciò che accade in Italia da 150 anni.
I.: Ma ci sono zone più esposte a questo fenomeno oppure?
P.R.: Sì, questi mafiosi in Germania sono arrivati come emigranti purtroppo. Nell’epoca degli anni ’40
hanno iniziato a installarsi nelle zone industriali tedesche. Dunque i
centri della ‘ndragheta sono Duisburg, tutta la zona della Ruhr,
Dortmund, tutt’attorno a Stoccarda.
Dopo la caduta del muro di Berlino, verso la metà degli anni ’90, una parte della ‘ndragheta si è trasferita a Lipsia e in Sassonia.
I.: Infatti lei ha accennato alla vicenda di Duisburg in
cui ci furono 6 morti uccisi dalla ‘ndragheta, e lei ha scritto un
libro su questa vicenda e ha avuto anche delle minacce.
P.R.: Sì diciamo che ho avuto delle minacce velate che solo
un italiano potrebbe capire molto bene perché per un tedesco sarebbe un
po’ più difficile, come quando in un’occasione della presentazione del
mio libro, ad Hartford, cioè in Turingia, erano
presenti dei personaggi tedeschi che prima spiegavano in lungo e in
largo che il riciclaggio in Germania sarebbe impossibile, e poi, con
degli italiani presenti, si felicitavano espressamente per il mio
coraggio, dicendomi “ammiro il suo coraggio, signora!”. Questo pochi
istanti dopo aver fatto discorsi in difesa di certi personaggi che mi
hanno fatto causa per ciò che ho scritto nel mio libro. Dunque, per me,
il messaggio era chiaro. Vivo da 20 anni in Italia e da 20 anni mi
occupo di mafia, dunque quella situazione, in quel momento mi ricordava
Michele Greco, che davanti al Tribunale durante il
maxiprocesso: “io ho un dono inestimabile, signor giudice, questa è la
pace interiore, auguro a lei e alla sua famiglia una lunga vita”.
I.: Ma lei nel suo libro ha rivelato cose utili ai giudici per il proseguo dell’inchiesta?
P.R.: Sì, perché ovviamente, in seguito al massacro di
Duisburg, la Polizia federale, già prima, seguiva l’attività di certi
clan, soprattutto quelli legati alle vicende di Duisburg, dunque in
quel caso da parte del clan non c’è nessun interesse di suscitare l’attenzione pubblica.
I.: Certo, ma lei ha scritto dei nomi su questo libro che sono stati censurati!
P.R.: Sì.
I.: Il governo italiano dice che è tutto sotto controllo, alcuni addirittura dicono che in Italia la mafia non esiste.
P.R.: Addirittura?
I.: Sì, Beh Dell’Utri l’ha detto diverse volte.
P.R.: Ah sì è vero! Sì, anche in Germania dicono che la
mafia non esiste. E’ divertente questo da sentire perché mi ricorda un
mafioso attivo a Milano negli anni ’60, che dopo essere stato arrestato
disse: “la mafia cos’è? Un tipo di formaggio?” dunque la stessa cosa ora vale per la Germania.
Siccome per i tedeschi la mafia è una cosa molto folkloristica da film,
del padrino, di romanzi eccetera, loro non possono neanche vagamente
immaginarsi, che il gentile pizzaiolo che saluta, e questo lo so anche
da parte di questi che sono stati uccisi a Duisburg, rinomati per
essere stati dei buoni vicini, molto gentili e disponibili, per un
tedesco è impossibile immaginarsi questo.
E la politica tedesca, a parte il suo coinvolgimento diretto in
particolari casi, per loro riconoscere l’esistenza della mafia in
Germania è un grande problema perché ne creerebbe uno più grande nella
coscienza pubblica, e soprattutto l’unico problema per il governo
tedesco sono gli islamisti, non la mafia.
I.: Ma i nomi che lei ha fatto in questo libro, li ha
scoperti lei tramite indagini sue proprie, oppure com’è riuscita a
raccogliere tutti questi elementi che hanno messo insieme un quadro
così variegato e anche inquietante, della realtà mafiosa in Germania?
P.R.: Io veramente sono stata tirata dentro perché mi sono
sempre occupata di mafia solo in Italia, dunque questo era il seguito
di Duisburg, grazie al lavoro di giornalisti italiani ai quali rivolgo
l’elogio perché sono molto più bravi di quelli
tedeschi a dire la verità, perché loro sono stati i primi a fare i nomi
degli italiani coinvolti nelle attività della ‘ndragheta in Germania
I.: Tipo? Di questi nomi?
P.R.: Non posso fare i nomi perché…
I.: non li può fare
P.R.: praticamente la mia attenzione è nata in seguito alla
lettura dei giornali italiani, dopo ho approfondito l’argomento in
Germania, con le conferme che mi venivano dalle indagini della Polizia tedesca.
I.: Lei attualmente vive in una località che non si dice
perché ha avuto queste minacce, ma quante cause ha collezionato con
questo libro finora?
P.R.: Attualmente siamo arrivati alla quinta causa e due denuncie penali di cui una è già stata archiviata e adesso vediamo
I.: ma per che motivo?
P.R.: per ora ho subito il cosiddetto provvedimento di
urgenza per proteggere i dati personali delle due persone di cui ho
parlato nel mio libro. Questa richiesta fu accolta dal Tribunale di
Monaco di Baviera e di Duisburg in questo caso. Adesso facciamo ricorso
perché sono stata denunciata per calunnia e cose varie…
I.: ha paura lei?
P.R.: No
I.: Quindi continuerà a fare il suo lavoro?
P.R.: Certo! Assolutamente. Perché non mi sarei mai
aspettata che il mio lavoro di indagine fosse vero come è stato
confermato adesso.
I.: Ma secondo lei le economie nazionali europee, hanno bisogno della mafia o no?
P.R.: In Germania io posso solo dire una cosa: in tanti
hanno chiuso gli occhi davanti agli investimenti della mafia, e li
chiudono tuttora. Soprattutto da dopo la caduta del muro i soldi della
mafia nell’est erano i benvenuti, purtroppo, e tuttora spesso si sa
però si finge di non sapere. In Germania il riciclaggio viene
considerato un delitto minore. Dunque perciò bisogna tenere d’occhio
per così si distrugge non solo l’economia ma la democrazia in generale.
Se un ‘ndraghetista si compra un albergo oppure un immobile, rovina la concorrenza leale.
E questo è un problema per la democrazia ovviamente, perché loro,
tramite le loro proprietà vogliono esercitare anche un’influenza
politica, in Germania.
I.: E che ne sappia lei, in Olanda, Belgio, Gran Bretagna,
Norvegia e tutta la Scandinavia in generale, la situazione com’è con le
mafie?
Io so che tutto ciò che sto raccontando sulla Germania, non è molto diverso per questi Paesi.
I.: Mafie importate dall’Italia?
P.R.: Importate dall’Italia. Ma soprattutto il problema più grande è che in quei Paesi il reato di associazione mafiosa non è un reato penale.
Ad esempio in Germania le pene per il reato di associazione a
delinquere sono minime. In Germania un mafioso può girare
tranquillamente. Forse è questa la cosa più importante: associazione
mafiosa dev’essere reato in tutta Europa, perché in questo caso si
potrebbe già arrestare uno che arriva da San Luca di cui si sa
appartenere a un clan. I mafiosi in Germania non commettono errori.
I.: Per quanto concerne il suo libro è scritto soltanto in lingua tedesca?
P.R.: Sta per essere tradotto in 5 lingue fuorché l’italiano, purtropppo.
I.: Perché?
P.R.: Non lo so, devo dire che ci sono un sacco di ottimi
libri sulla mafia, scritti da italiani che sono profondi conoscitori
della mafia. Per una casa editrice italiana la mafia non è un argomento nuovo, dunque le capisco.
Ma la definizione di Gomorra tedesca che è stata data al suo libro è esatta oppure no? Rispetto a Saviano.
Io trovo uno scandalo che uno come lui debba vivere nascosto mentre i
mafiosi girano liberi. Trovo altrettanto scandaloso che uno venga
sepolto da processi per un libro. Dimostra quanto loro ci temono.”
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