Le pecore nere nelle forze di polizia
Davvero troppi gli episodi degli ultimi mesi che hanno visto protagonisti, in senso negativo, appartenenti, ai vari livelli, delle diverse forze di polizia. Comportamenti che, avendo violato la legge penale, sono stati in alcuni casi già oggetto di valutazioni giudiziarie, e in altri lo saranno, e che comunque hanno arrecato un grave pregiudizio ai rispettivi Corpi di appartenenza.
Nessuno, penso, avrebbe da obiettare o preoccuparsi eccessivamente se si trattasse di qualche “pecora nera”, ma quando il “gregge” ne presenta troppe qualche preoccupazione e perplessità sono legittime.
Parliamo, infatti, di rappresentanti della Legge, di tutori dell’ordine pubblico, di cittadini che hanno prestato solenne giuramento di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato, di adempiere alle delicatissime funzioni pubbliche con quel senso di disciplina ed onore richiamati dall’art.54 della Costituzione. Valori, in realtà, troppo spesso accantonati nella nostra società. Tutori della sicurezza che, oltretutto, anche fuori dal servizio, dovrebbero mantenere una condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni (in questo senso le disposizioni legislative e regolamentari di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza).
Non sempre, purtroppo, è così e ciò dipende, in parte, dal venir meno dei controlli delle varie gerarchie nei confronti dei dipendenti (un tempo, lo ricordo, controlli discreti venivano effettuati anche fuori dal servizio) e, in parte, anche dai pessimi esempi provenienti, in generale, dalla società e da chi ha ruoli di responsabilità, anche politiche. Un riepilogo, sia pure sintetico, di alcune “brutte notizie” (ne ho annotate più di trenta) negli ultimi quattro mesi che hanno riguardato esponenti delle tre forze di polizia (oltre ad alcuni agenti della Polizia Penitenziaria e delle Polizie Locali), può aiutare anche a capire quanto sia necessaria una riflessione su cosa fare per prevenire o, comunque, far rientrare in una casistica contenuta gli episodi in argomento. Da ultimo, in ordine di tempo, un carabiniere è stato arrestato (con lui anche la moglie) alcuni giorni fa a Napoli per corruzione ed altri gravi delitti nel contesto di un’operazione coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia che ha portato in carcere una cinquantina di persone.
Il 2017 si era chiuso con altri sgradevoli fatti, che avevano portato all’arresto di quattro agenti dell’ufficio immigrazione della Questura di Milano e di altri due di un Commissariato cittadino per corruzione e associazione per delinquere in relazione al rilascio di permessi di soggiorno, mentre a Como, il Tribunale emetteva una sentenza di condanna nei confronti di un ex dirigente medico della Polizia di Stato e di tre agenti della Stradale, imputati di falso, abuso d’ufficio e calunnia (la vicenda risaliva al 2013). Sempre a dicembre, un carabiniere in servizio presso il Consiglio di Stato veniva condannato alla reclusione di due anni e quattro mesi per aver intascato denaro da alcuni avvocati in cambio di informazioni sulla trattazione di fascicoli relativi a loro assistiti; un poliziotto di 53 anni in servizio presso l’ufficio della polizia di frontiera, aerea di Rimini, che si fingeva malato da circa un anno, finisce ai “domiciliari” su provvedimento del Gip.
Il 2018 si presenta con l’arresto (e i domiciliari) di un ispettore della questura di Foggia, accusato di aver estorto denaro a romeni che occupavano abusivamente alcuni immobili di proprietà del Comune; un agente della Polizia Penitenziaria di Cassino, già sospeso dal servizio per ludopatia è accusato dalla figlia di 14 anni di violenza sessuale; due agenti della Questura di Napoli sono destinatari, insieme ad altre persone, di misure cautelari della DDA, per complicità con il clan camorristico Moccia. Il mese di gennaio si chiude con sei agenti della Polizia Stradale di Taranto arrestati per le tangenti che riscuotevano dai camionisti per evitare multe. A febbraio finiscono in manette due militari della Guardia di Finanza di Milano con l’accusa di aver “aggiustato” una verifica fiscale ad un imprenditore edile, mentre quattro carabinieri del Comando Brigata di Sardegna vanno a processo per associazione per delinquere, truffa informatica e falso (si sarebbero attribuiti oltre 500mila euro violando il sistema informatico). Marzo annota, tra l’altro, gli arresti di quattro agenti della polizia municipale di Rimini per abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, percosse e violenza privata; un poliziotto in servizio al Commissariato di Marsala (Trapani) viene arrestato per un traffico di passaporti e permessi di soggiorno in bianco e rivenduti sul mercato clandestino.
Negli ultimissimi giorni ancora due inquietanti episodi relativi a due carabinieri di Milano, indagati per i reati di falso, calunnia e lesioni in relazione ad un immigrato tunisino irregolare, vittima di percosse durante un intervento nei mesi passati, ed il rinvio a giudizio di gran parte dei componenti il distaccamento della Polizia Stradale di San Piero in Bagno (Cesena) per corruzione e truffa ai danni dello Stato. Insomma, quanto basta per indurre a intraprendere qualche iniziativa, a livello centrale, che miri a “bonificare” alcune di quelle articolazioni territoriali delle nostre forze di polizia che restano e devono restare sempre punto di riferimento per i cittadini.
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