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«Ogni disprezzo alla mafia e ai suoi sostenitori»

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Neanche la memoria a Catania ha cittadinanza. Report ha acceso i riflettori sulll’intreccio di affari che governa la città etnea: il “sistema Catania”. Nella stessa puntata de I Vicerè  –  in un breve passaggio –  Dario Montana, fratello del commissario di polizia ucciso da Cosa nostra, racconta un’altra storia  – breve e dolorosa –  che si svolge, nella redazione de La Sicilia, tre mesi dopo l’omicidio del fratello. A distanza di quasi 24 anni neanche questi episodi che allora fecero notizia oggi trovano cittadinanza nella memoria collettiva. Abbiamo intervistato Dario Montana per capire come andarono i fatti  nel trigesimo della morte del fratello Beppe, quando La Sicilia decise di non pubblicare il necrologio della famiglia Montana in memoria del commissario.

Da  23 anni la mancata pubblicazione del necrologio è un fatto risaputo. Dopo  I Vicerè c’è stata una nuova precisazione da parte della testata che all’epoca non pubblicò il necrologio in memoria di suo fratello. Può dirci come andarono i fatti quel giorno?

Certo, è un fatto di dominio pubblico, all’epoca già raccontato dalla stampa nazionale, da Repubblica all’Unità e di cui mio padre mise a conoscenza con una missiva anche la Commissione antimafia del tempo. Le cose andarono dunque come riportano i giornali citati e come mio padre raccontò più volte. Alla presentazione del necrologio nel quale  c’erano scritte solo le seguenti parole ““La famiglia con rabbioso rimpianto ricorda alla collettività il sacrificio di Beppe Montana, commissario di P.S. Rinnovando ogni disprezzo at mafia e suoi anonimi sostenitori”  l’addetto chiese a mio padre di attendere davanti allo sportello. Andò nella stanza del direttore e tornò con il suo diniego alla pubblicazione. Un no che arrivava dal parere congiunto dell’editore – direttore e dal suo vice Conigliaro.

E dopo come andarono le cose? Il giornalista Tony Zermo su La Sicilia scrive che “chi aveva portato il necrologio l’aveva subito ritirato e se n’era andato indispettito”…

Altra inesattezza. Mio padre con lucidità  attese allo sportello, chiese di scrivere sul foglio le motivazioni che portavano al rifiuto del telegramma  (“testo respinto allo sportello su disposizione del Vicedirettore Conigliaro e del Direttore Mario Ciancio”) e fece controfirmare ad un testimone l’esatta dinamica dei fatti.

Nella puntata di Report lei legge in favore di telecamera le parole che componevano in quell’ottobre del 1985 il ricordo che la famiglia Montana chiedeva di pubblicare in memoria del proprio caro sull’unico quotidiano della città. Nonostante ciò il giornale sostiene  oggi che il necrologio contenesse  “illazioni”: di che si tratta?

Si, nello stesso articolo comparso il 18 marzo di questo mese su La Sicilia si precisa che la motivazione con la quale sarebbe stato respinto il necrologio all’epoca fu correlata alla presenza di riferimenti ad “alti mandanti istituzionali”. Semplicemente nel foglio non c’è traccia di questa frase, l’ho mostrato in telecamera, ne abbiamo copia ufficiale.

Com’è possibile pubblicare il falso su un fatto di questa portata?

E’ accaduto. E le repliche di questi giorni ci lasciano sgomenti tanto quanto il  silenzio che c’è stato in città. Eccezion fatta per un comunicato firmato da Antonio Condorelli (giornalista – collaboratore della puntata I Vicerè, ndr) nel quale si esprime solidarietà e condivisione alla famiglia Montana e  qualche nota di politici, per il resto tutto è rimasto in silenzio.

Era il 1985. Un anno prima moriva a Catania ucciso dalla mafia (mandante la famiglia Santapaola) il giornalista Pippo Fava. Il quotidiano La Sicilia non pubblicò il necrologio presentato dai famigliari  che avevano osato scrivere “ucciso dalla mafia”. In sostanza la parola mafia non si poteva scrivere sull’unico quotidiano della città. Avvolta in una amnesia collettiva, Catania è rimasta immobile, silenziata e sospesa. Come la sua diversa democrazia e da oggi registriamo anche, la sua “differente” memoria.

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