Il narcotraffico in Polonia
Situata in una posizione strategica rilevante in Europa, come avamposto orientale, la Polonia (38,5milioni di abitanti, 322mila kmq di estensione territoriale) rappresenta anche un serio problema per il narcotraffico. Infatti il paese non è soltanto “consumatore” di stupefacenti – in pratica tutti quelli ben conosciuti e consumati in vari modi (tra cui l’hashish in dolcetti, le amfetamine nella Coca Cola, i lecca-lecca confezionati con stupefacenti a Lublino o come caramelle a Poznam) – ma anche “produttore” (marijuana, oppiacei, droghe sintetiche) e di “transito”, in quanto collocato lungo itinerari consolidati del tradizionale traffico dell’eroina, della cocaina e dell’hashish.
Nel paese sono operativi “uffici di rappresentanza” delle organizzazioni mafiose più note, a cominciare da quelle italiane (l’ultima presenza rilevata della camorra risale al giugno scorso, con la cattura a Glogow, di Antonio Cella, latitante da sei anni, narcotrafficante per conto del clan Contini), alle mafie turca, nigeriana, russa, ai narcos colombiani, per finire a quelle, forse meno conosciute, come i gruppi criminali ucraini. In questo contesto, tra i circa duecento gruppi criminali censiti dalla polizia, operano da anni le tre organizzazioni criminali polacche che vengono individuate con il nome delle città in cui si trovano i rispettivi “organismi di comando”; Pruszkov, Wolomn e Trojmiasto (quest’ultima, dal nome delle tre città che si affacciano sul Baltico e cioè Danzica, Gdynia e Sopot.
L’ambito degli “affari” di dette strutture criminali è ampio, abbracciando tipologie criminali diversificate, come gli omicidi su commissione, le estorsioni, le rapine, la corruzione di pubblici funzionari ecc.. Come accennato, i gruppi criminali nigeriani sono particolarmente attivi nel commercio di tutte le droghe, impiegando spesso giovani donne polacche quali corrieri. Nella parte meridionale della Polonia, piccoli gruppi di albanesi o di provenienza balcanica trafficano con eroina diretta verso i paesi scandinavi. Presenze sono segnalate di narcotrafficanti tagiki e kazaki.
La diffusione degli stupefacenti si fa risalire agli anni Settanta, in concomitanza con l’apparizione, di provenienza locale, di sostanze oppiacee estratte illecitamente dal papavero da oppio. Si passò da una bevanda-infuso ricavato dalla paglia di papavero (makivara) ad un liquido che, partendo sempre dalla bollitura della paglia di papavero, veniva iniettato per endovena (“kompot”, l’eroina polacca usata maggiormente dai tossicodipendenti). In passato, coltivazioni di oppio sono state scoperte nelle zone di Lublino, Slesia, Podkarpackie, mentre piantagioni di cannabis sono state individuate a Masovia, Opole, Lubuskie e Poldlachia.
I polacchi, oltre ad essere noti nel panorama del narcotraffico internazionale quali abili ed esperti corrieri (in Italia, nel corso del 2016, le forze di polizia hanno denunciato all’autorità giudiziaria per traffico/spaccio 56 polacchi, la quarta nazionalità dell’UE, dopo Romania, Spagna e Francia, con un incremento del 69,70% rispetto al 2015), hanno acquisito altrettanta importanza nel commercio e nella preparazione delle droghe sintetiche e dei precursori grazie alla elevata specializzazione di esperti in chimica. Va sottolineato che la maggior parte delle amfetamine sequestrate in ambito UE è risultato di provenienza polacca e prodotta in laboratori clandestini, una decina dei quali localizzati nei primi sei mesi del 2017 (una ventina di anni fa furono individuati alcun laboratori addirittura all’interno di alcune facoltà universitarie di chimica). Il sistema impiegato nella produzione di amfetamine, noto come metodo “Leuckart”, prevede l’uso del precursore “bmk” (benzil metil chetone) che un tempo veniva importato dalla Germania, mentre, da alcuni anni ormai, viene prodotto dagli stessi narcotrafficanti polacchi mescolando acido fenilacetico con l’acido acetico o con l’anidride acetica o ricavandolo per via chimica da una sostanza di sintesi del “bmk”.
Un quadro generale preoccupante destinato ad aggravarsi ulteriormente per una criminalità del narcotraffico sempre più invadente.
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