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“Le misure di polizia non arrestano le masse migratorie”

Piero Innocenti il . Senza categoria

migranti-in-fugaSulle migrazioni e sui trafficanti di esseri umani ci sono problemi anche in America latina, in particolare in Colombia, come emerge da un rapporto degli ultimissimi giorni elaborato da Interpol e dalla Dijn (Direzione di Investigazione Criminale) della Polizia Nazionale colombiana. Fenomeno sicuramente non paragonabile a quello che sta vivendo in questi anni il nostro paese con arrivi che hanno superato, solo negli ultimi due anni, oltre trecentomila migranti soccorsi/sbarcati sulle nostre coste e che quest’anno – al 19 luglio siamo già a oltre 93mila – porterà verosimilmente a superare le duecentomila persone.

In Colombia il rapporto parla di un movimento di circa 49mila migranti intercettati negli ultimi anni che hanno interessato gli itinerari terrestri in 21 dipartimenti. Persone provenienti principalmente da Haiti, Cuba ma anche da nazioni lontane come India, Congo, Nepal, Pakistan, Ghana e Bangladesh e la cui destinazione principale sono gli Usa e il Canada. Un fenomeno che vede coinvolti almeno 25 gruppi criminali (tra cui Los Surenos, la Amazonia, il clan del Golfo, la organizzazione del Waffe) che provvedono a pianificare itinerari, assicurando mezzi di trasporto, accompagnamenti, documenti falsi, alloggio in alberghi o case della stessa organizzazione situate nei “barrios” di Bogotà, di Medellin, di Cali.

Un giro di affari stimato in diversi milioni di dollari l’anno che è andato aumentando negli ultimi tempi con le aumentate richieste di ingressi illegali negli Usa. Inutile illudersi di bloccare il flusso costruendo muri al confine (è noto il progetto del presidente americano) perché ci saranno sempre altre possibilità di superarli, già ci sono i tunnel che vengono scavati clandestinamente, utilizzati non solo per le droghe.

Così come è ridicolo pensare di fermare i migranti che salpano su gommoni e altre imbarcazioni dalle coste libiche con i cosiddetti “blocchi navali” in mare davanti alla Libia, blocchi che vengono sempre più spesso invocati da alcuni esponenti politici ma anche dalla gente comune. Queste ipotetiche misure, ammesso che sia possibile realizzarle, determinerebbero soltanto lo spostamento delle correnti migratorie verso i paesi vicini ossia Tunisia, Egitto, Algeria,Marocco. E se si riuscisse a bloccare anche queste vie ne verrebbero trovate delle altre.

Era quello che, a ben vedere, annotava oltre un secolo fa il beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza dal 1876 al 1905, conosciuto come il “padre dei migranti”. “Le misure di polizia  – diceva il vescovo – non arrestano bensì deviano dai nostri ad altri porti le masse migratorie, rendendo così più doloroso e dispendioso l’esodo dei nostri connazionali. Gli ostacoli artificiali non trattengono le correnti ma le fanno rigurgitare, aumentandone e rendendone più rovinoso l’impeto”. Era il 1888 e Scalabrini faceva queste osservazioni mentre si discuteva il disegno di legge (divenuta legge nel 1901) sull’immigrazione italiana, allora già piuttosto consistente. E ricordando il noto detto “mala suadet fames” ammoniva “..chi potrebbe trattenere un polo che scatta sotto le convulsioni del ventre, dato che non vi fosse la speranza di trovare altrove il pane quotidiano?(…) L’emigrazione nella quasi totalità dei casi non è un piacere, ma una necessità ineluttabile (..) Coloro che vorrebbero impedita o limitata l’emigrazione in nome di considerazioni patriottiche ed economiche e quelli che la vogliono in nome di una male intesa libertà, abbandonata a se stessa senza consiglio e senza guida, o non ragionano affatto o ragionano, a mio avviso, da egoisti e spensierati ..”.

Riflessioni di grande attualità che potrebbero essere utili a tutti coloro che volessero approfondire il tema, magari con l’ausilio del libro “Scalabrini e le migrazioni moderne”, a cura di Silvano Tomasi e Gianfausto Rosoli, Ed. SEI, Torino, 1997. Tornando ai nostri tempi, va detto con molta chiarezza che la situazione generale nell’immediato futuro certamente non migliorerà e, se si vuole capire perché centinaia di migliaia di persone fuggono dall’Africa verso l’Europa ed altri continenti, si pensi anche alle tante promesse – non mantenute – fatte in passato dai governi di molti paesi a partire dagli impegni che furono assunti al G8 di Gleneagles e alla Conferenza di Bruxelles del 2001 quando, rispettivamente, si ridussero a 4 miliardi di dollari gli aiuti messi a bilancio nel 2007 a favore delle popolazioni africane (rispetto ai 25 miliardi iniziali) e scesero a 29 miliardi di dollari i 62 miliardi previsti a Bruxelles.

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