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Inedito: l’ultimo Borsellino, i preferiscono le fiction ai filmati veri

Sigfrido Ranucci il . Mafie

borsellino-ultima-intervistaIl Premio Roberto Morrione pubblica oggi in esclusiva il documento inedito scritto da Sigfrido Ranucci, l’attuale conduttore di Report, in occasione dell’uscita nel 2010 del libro “Il patto. Da Ciancimino a Dell’Utri. La trattativa Stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato”  (edizioni Chiarelettere) scritto insieme a Nicola Biondo. Nel 2000 Ranucci era nella redazione di RaiNews24 diretta da Roberto Morrione. Il direttore di Rai News24 decide di preparare lo speciale di un’ora sulle stragi di Capaci e Via D’Amelio con la messa in onda dell’ultima intervista al giudice Borsellino realizzata dai giornalisti Calvi e Moscardo. Nel suo racconto la ricostruzione di quanto accadde (e quanto invece restò silente e immobile) nelle stanze Rai, nei mezzi di informazione del nostro Paese e nei palazzi del potere a seguito di questa coraggiosa decisione.

È la primavera  del  2000, il direttore di RaiNews24, Roberto Morrione, decide di preparare uno speciale di un’ora in occasione dell’ottavo anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio e incarica Arcangelo Ferri e me. Tra le “concause” dell’accelerazione dell’attentato al giudice gli inquirenti segnalano  anche un’intervista che Paolo Borsellino ha rilasciato a due giornalisti francesi Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, il 21 maggio del ’92, ad appena 48 ore da Capaci. I due francesi avevano realizzato un’inchiesta sui canali utilizzati dalla mafia per riciclare. Borsellino parla dei rapporti tra Mangano, Berlusconi e Dell’Utri, del fatto che Vittorio Mangano era considerato la “testa di ponte” dei finanziamenti di Cosa nostra al nord. Dopo la morte di Falcone e Borsellino, i due giornalisti accelerano il lavoro. L’inchiesta dei francesi però non andrà mai in onda: viene acquistata da Canal plus, all’epoca in affari con la Fininvest per i diritti delle partite di calcio, e rimane in archivio. Due anni dopo, nel marzo 1994, a pochi giorni dalle elezioni, Calvi chiama l’Espresso e offre uno stralcio dell’intervista inviandone anche una copia su Vhs. L’articolo viene pubblicato a firma di Chiara Beria di Argentine. Il video viene inutilmente offerto ai vari tg della Rai. Alla fine Beria di Argentine si rassegna e pensa che forse quel video può avere un valore affettivo e lo regala alla famiglia del giudice scomparso. L’intervista pubblicata dall’Espresso suscita anche l’attenzione di Brusca che chiede conferma a Mangano su quanto scritto e lo stalliere di Arcore gli conferma tutto.

IL RITROVAMENTO DEL VHS

Per sei lunghi anni il vhs con quell’intervista cade nel dimenticatoio. Lo trovo io casualmente nella primavera del 2000 nell’archivio del giudice. É Fiammetta Borsellino a consegnarmelo. É un filmato dal valore incredibile. La voce di Borsellino è calma e serena; a volte il giudice abbozza anche qualche sorriso. Totalmente diversa dall’immagine che appare in tv dopo la morte di Falcone, pervasa dal dolore e dalla tensione per la consapevolezza che la stessa sorte sarebbe toccata a lui.

Ma poi ci sono i contenuti dell’intervista. In quel periodo Dell’Utri  è sotto inchiesta a Palermo per i suoi presunti rapporti con la mafia. Mentre la Procura di Caltanissetta sta per archiviare la sua posizione e quella di Berlusconi, quali mandanti esterni alle stragi di mafia. Decido quindi di portare la mia copia alla Procura. Il Pm Luca Tescaroli che indaga sui mandanti a volto coperto delle stragi, quando vede l’intervista a Borsellino compie un balzo sulla sedia e acquisisce copia del filmato.

MORRIONE: SI VA AVANTI!

Intanto bisogna pensare a come mandare in onda l’eccezionale e sconosciuto documento. Al direttore Morrione tocca decidere: “si va avanti” – è la sua risposta. L’intervista fa parte dello speciale sulle stragi del ‘92, dove si parla anche di tutto quanto sarebbe poi emerso nella sentenza che sette anni dopo avrebbe condannato Dell’Utri a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’inchiesta ci sono due interviste inedite a Salvatore Cancemi e a Ezio Cartotto. E poi una ricostruzione sulla base di testimonianze della trattativa tra Stato e Mafia e sulla strategia di Cosa nostra di liberarsi dei vecchi referenti politici e agganciarne nuovi.

Quell’intervista a Borsellino, che con la sua voce parlava di Mangano, Dell’Utri e Berlusconi si incastra perfettamente. Tutto deve essere pronto per il 19 luglio anniversario della morte del giudice e della sua scorta. Ma Morrione, trattandosi di materiale delicato, decide di farlo vedere al Direttore generale della Rai, Pier Luigi Celli, che, durante la visione, sprofonda sempre di più nella poltrona. Alla fine decide di far venire da Palermo un giornalista esperto delle vicende giudiziarie siciliane, per sapere se quel filmato rappresenta un rischio per la Rai. Ma anche dopo le rassicurazioni del perito, Celli decide ugualmente di non mandare in onda lo speciale. Mentre per l’intervista a Borsellino si può fare un’eccezione e s’impegna a divulgarla il più possibile sui tg nazionali.

IL NO DEL TG1 E DI TUTTE LE REDAZIONI DEI TG RAI

E’ ormai vicino il 19 luglio, lo speciale sulla mafia rimane per sempre in un cassetto, Morrione decide di mettere in atto quanto suggerito da Celli e comincia a fare il giro delle redazioni dei telegiornali. Parte dal Tg1 dove c’è Gad Lerner. Lerner dopo un consulto con il suo vice Mario Giordano, che poi passerà a guidare le testate Mediaset e il Giornale di Paolo Berlusconi, decide di non trasmettere l’intervista. Così il 19 luglio il Tg1 apre il notiziario con la notizia della guarigione di Silvio Berlusconi dal cancro alla prostata. L’intervista di Borsellino non viene  trasmessa dai tg nazionali. Ma la notizia inizia a girare. Il primo agosto un articolo sul “Foglio” di Giuliano Ferrara, dal titolo ambiguo denuncia: “Gli ultimi complottisti che non mollano a Palermo e dintorni”. Viene anche tirato in ballo il giudice nisseno Tescaroli: “Anche a Caltanissetta –scrive il Foglio- non manca chi rincorre i complotti. Il pm Luca Tescaroli, trasferito sulla carta da tempo a Roma , ma tuttora in attività in  Sicilia continua a indagare…”. Il pezzo ha tutte le caratteristiche di quello che nell’ambiente viene definito “un articolo preventivo”.

RAINEWS24 MANDA IN ONDA L’INTERVISTA E LO SPECIALE

Alla fine, il 21 settembre l’intervista inedita di Borsellino viene  trasmessa da RaiNews24, su satellite e  alle 23.05. La vede solo chi è munito di parabola e sofferente d’insonnia. Alla trasmissione partecipano Antonio Ingroia, sostituto procuratore a Palermo e braccio destro di Borsellino, e Luca Tescaroli. Sono invitati anche Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi che ringraziano ma fanno sapere che preferiscono non intervenire. Viene delegato Enrico Trantino  difensore di Dell’Utri.

L’INVIO ALL’ANSA DEL TESTO DELL’INTERVISTA A BORSELLINO

Pochi sanno quello che è accaduto nei momenti  precedenti la messa in onda del servizio. Il giorno prima della trasmissione, la Rai invia all’Ansa il lancio della puntata con il testo dell’intervista di Borsellino: nel video il magistrato siciliano è seduto dietro la sua scrivania e indossa una Lacoste verde, davanti a lui sono seduti i due francesi che gli fanno le domande:

… e questo Vittorio Mangano faceva traffico di droga a Milano?

“Vittorio Mangano, se ci vogliamo limitare a quelle che furono le emergenze probatorie più importanti, risulta l’interlocutore di una telefonata intercorsa tra Milano e Palermo, nel corso della quale lui, conversando con un altro personaggio mafioso delle famiglie palermitane,  preannuncia o tratta l’arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente  secondo il linguaggio convenzionale che si usa nelle intercettazioni telefoniche come “magliette” o “cavalli” .

Comunque lei in quanto esperto, può dire che quando Mangano parla di Cavalli al telefono vuol dire droga…

“Si, tra l’altro questa tesi dei cavalli che vogliono dire droga, è una tesi che fu avanzata dalla nostra ordinanza istruttoria e che poi fu accolta al dibattimento, tant’è che Mangano fu condannato  al dibattimento del Maxi processo per traffico di droga”.

Dell’Utri non c’entra in questa storia?

“ Dell’Utri non è stato imputato nel Maxi processo per quanto io mi ricordi, so che esistono indagini che lo riguardano e che riguardano insieme a Mangano” .

A Palermo?

“Si, credo che ci sia stata un’indagine che attualmente è a Palermo con il vecchio rito processuale nelle mano de giudice istruttore, ma non ne conosco i particolari”.

Marcello Dell’Utri o Alberto Dell’Utri?

“Non ne conosco i particolari, potrei consultare avendo preso qualche appunto, cioè si parla di Dell’Utri Marcello e Alberto,  di entrambi”…

Quelli della Publitalia?

“Si”.

Perché c’è nell’inchiesta della San Valentino, un’intercettazione tra lui e Marcello Dell’Utri in cui si parla di cavalli.

“Beh, nella conversazione inserita nel Maxi Processo  si parla di cavalli da consegnare in Albergo, quindi non credo potesse trattarsi effettivamente di cavalli, se qualcuno mi deve recapitare due  cavalli, me li recapita nell’ippodromo o comunque al maneggio, non certamente dentro l’albergo”.

C’è un socio di Marcello Dell’Utri, tal Filippo Alberto Rapisarda, che dice che questo Dell’Utri gli è stato presentato da uno della famiglia di Stefano Bontade.

“Palermo è la città della Sicilia dove le famiglie mafiose erano più numerose, si è parlato addirittura in un certo periodo di almeno 2000 uomini d’onore, con famiglie numerosissime, la famiglia di Stefano Bontade sembra che in un certo periodo ne contasse almeno 200, si trattava comunque di famiglie appartenenti ad un un’unica organizzazione, cioè Cosa Nostra, i cui membri in gran parte si conoscevano tutti, e quindi è presumibile che questo Rapisarda riferisca una circostanza vera….”

Non le sembra strano che certi personaggi, grossi industriali come Berlusconi, Dell’Utri,  siano collegati a uomini d’onore tipo Vittorio Mangano?

“ All’inizio degli anni ’70, Cosa nostra cominciò a diventare un’impresa anch’essa, un’impresa nel senso che attraverso l’inserimento sempre più notevole che a un certo punto diventò addirittura monopolistico nel traffico di sostanze stupefacenti, Cosa nostra cominciò a gestire una massa enorme di capitali, dei quali naturalmente cercò lo sbocco, cercò lo sbocco perché questi capitali venivano esportati o depositati all’estero e allora così si spiega la vicinanza tra elementi di Cosa nostra e finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitale”.

Lei mi dice che è normale che Cosa nostra si interessa a Berlusconi?

“E’ normale che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerchi gli strumenti per poter impiegare questo denaro, sia dal punto di vista del riciclaggio, sia dal punto di vista di far fruttare questo denaro”.                

Mangano era un pesce pilota?

“Si, guardi le posso dire che era uno di quei personaggi che, ecco, erano i ponti, le teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel nord Italia”. 

Si dice che ha lavorato per Berlusconi?

“Non le saprei dire in proposito, anche se le debbo far presente che come magistrato ho una certa ritrosia a dire le cose di cui non sono certo, so che ci sono addirittura ancora delle indagini in corso in proposito, per le quali non conosco quali atti sono ormai conosciuti, ostensibili, e quali debbano rimanere segreti, questa vicenda che riguarderebbe i suoi rapporti con Berlusconi è una vicenda che la ricordi o non la ricordi, comunque è una vicenda che non mi appartiene, non sono io il magistrato che se ne occupa quindi non mi sento autorizzato a dire nulla” ….

C’è un’inchiesta ancora aperta?    

“So che c’è un’inchiesta ancora aperta”

Su Mangano e Berlusconi? A Palermo?   

“Si.”  

TARDIVI LANCI DI AGENZIA E LA MINACCIA DI SEQUESTRO DEL VHS

Il lancio d’agenzia esce solo  a tarda sera, quando cioè nessun giornale può riprenderlo e pubblicarlo. Infatti il giorno seguente la notizia non compare sui quotidiani, nessuna reazione, l’unica a muoversi è la Procura di  Caltanissetta,  guidata all’epoca da Giovanni Tinebra che il 20 settembre del 2000 dispone il sequestro, su richiesta inviata via fax dal difensore di Dell’Utri, il quale pur essendo estraneo in quel momento agli atti di indagine, teme  che la messa in onda da parte della Rai il giorno dopo potesse recare danno al suo assistito che è sotto processo a Palermo per concorso esterno alla mafia. Così due agenti della DIA partono dalla Sicilia per sequestrare il video di Borsellino. Rainews24 pensa di opporsi minacciando una denuncia per interruzione di pubblico servizio. E’ un susseguirsi frenetico di telefonate e tutto si gioca sul filo delle ore, anzi dei minuti. Alla fine quel mandato di sequestro ordinato dalla procura di Caltanissetta si trasforma, durante la strada per Roma, in un’acquisizione di copia. Ma a che scopo? Visto che la Procura ne aveva già acquisita una copia a giugno proprio dai  giornalisti della Rai. Insomma alla fine la Procura di Caltanissetta acquisisce una copia che già possiede.

SILENZIO STAMPA IN ITALIA E LE ACCUSE DI MANIPOLAZIONE

Nella stessa serata la trasmissione con il video di Borsellino va in onda, ma, come già detto,  il giorno dopo nessuno ne parla. E neppure il giorno seguente. Ed è così per un mese fino a quando Elio Veltri, all’epoca membro della Commissione parlamentare antimafia in quota Italia dei Valori, mi chiama, chiede spiegazioni su quel video e ne acquisisce una copia. Ma non segue nessuna iniziativa parlamentare. Dopo pochi giorni, nel mese di ottobre del 2000 viene battuta un’agenzia stampa in cui si annuncia che Antonio Di Pietro porterà l’intervista di Borsellino al Parlamento Europeo per presentarla in una conferenza stampa visto il silenzio stampa in Italia. Il giorno dopo uno dei legali di Dell’Utri inoltra alle agenzie un comunicato dove si dice che l’intervista a Borsellino mandata in onda da RaiNews24 è manipolata. In sostanza si tratterebbe della risposta di  Borsellino sulla telefonata tra Dell’Utri e Mangano sui “cavalli”. Secondo Dell’Utri, nel suo caso si trattava di cavalli veri e non droga. L’avvocato di Dell’Utri giunge a quella conclusione facendo un paragone con quanto era stato scritto nel 1994 dall’Espresso da Chiara Beria. In trasmissione nessuno però ha obiettato nulla. Ora che Di Pietro minaccia di portare il video davanti la stampa europea si parla di manipolazione e il giorno dopo il Giornale della famiglia Berlusconi rincara la dose. Esce il primo di una serie di articoli a firma di Paolo Guzzanti dove accusa RaiNews24 di aver mandato in onda un’intervista manipolata  e parla di un “giallo nei tagli”.  In realtà quell’intervista trasmessa è la versione che era stata montata dai giornalisti francesi pronta per essere trasmessa, è una versione di circa 12 minuti che RaiNews24 non ha mai modificato.  L’unica operazione fatta dalla Rai è stata quella di dividerla  in tre parti per facilitare il dibattito durante la trasmissione con i magistrati e con l’avvocato Trantino. E quando Morrione, direttore di Rainews24, risponde alle accuse di “manipolazione” proponendo un’intera trasmissione  su quella che veniva considerata la versione “integrale ” dell’intervista a Borsellino pubblicata dall’ Espresso nel ’94, il suo invito cade nel vuoto.

LA ROTTURA DEL SILENZIO NELLA TRASMISSIONE “SATYRICON” E SCOPPIA IL PUTIFERIO

Il quotidiano di Berlusconi un risultato intanto lo ottiene: Di Pietro non fa la conferenza stampa annunciata. Tutta la vicenda cade nuovamente nel dimenticatoio, almeno apparentemente, perché qualcuno prende il testimone da RaiNews24 e lavora in silenzio fino alla sera del 14 marzo del 2001. A pochi giorni dalle elezioni, Marco Travaglio presenta il suo libro “L’odore dei soldi” scritto a quattro mani con Elio Veltri, nella trasmissione Satyricon condotta da Daniele Luttazzi. Travaglio è un fiume in piena, parla delle origini della Fininvest, del meccanismo delle 22 holding che la controllavano e della gestione finanziaria  per come era stata ricostruita da un perito della Banca d’Italia. Ma proprio Cosa nostra è il piatto forte servito nella trasmissione.  Travaglio ricorda le origini del partito Forza Italia, le dichiarazioni di Cartotto, la partecipazione alla creazione di Forza Italia di Craxi. Ma parla anche del boss Vittorio Mangano, assunto come stalliere ad Arcore e dell’intervista a Borsellino che RaiNews24 ha trasmesso mesi prima e che è stata oscurata dai media.  Luttazzi chiude la trasmissione ringraziando Travaglio: “Con questo libro dimostri di essere un uomo libero. E non è facile trovare uomini liberi in quest’Italia di merda”.  Pochi minuti dopo scoppia il putiferio. I centralini della Rai impazziscono. Il Polo attacca la Rai e chiede le dimissioni dei vertici. Gianfranco Fini invoca l’intervento del Presidente della Repubblica Ciampi, Cossiga dice che è stato  “un crimine politico in Tv”. Interviene anche il noto ex-dissidente sovietico Vladimir Bukovskij che parla di “uno sporco artificio dei comunisti, che tendono a dipingere l’avversario politico come l’autore di crimini contro l’umanità”.  Invece Silvio Berlusconi sorprendentemente se la prende con il meno comunista di tutti, ha una certezza assoluta: è stata una trappola del “guru americano” consulente della campagna elettorale di Rutelli, Stan Greenberg, poi  afferma che l’intervista a Borsellino è “notoriamente manipolata, lo sanno tutti”,  e conclude vietando ai suoi di partecipare alle trasmissioni della Rai.

LA PRIMA MESSA IN ONDA INTEGRALE SUL CANALE NAZIONALE E LA TELEFONATA DEL CAVALIERE

Così, quando il 16 marzo Michele Santoro decide di trasmettere  per la prima volta su un canale nazionale l’intera intervista di Borsellino, la trasmissione si apre indicando tre sedie vuote, quelle che sarebbero spettate agli uomini di Berlusconi. Ma nel corso della trasmissione, mentre dibattono Di Pietro, il direttore di RaiNews24 Morrione  e Paolo Guzzanti sull’intervista al magistrato appena trasmessa, arriva una telefonata in diretta. Sono le 22.15 e dall’altro filo del telefono c’è il Cavaliere. Rompe la sua stessa consegna: il divieto per tutti gli esponenti del Polo di partecipare a trasmissioni. Berlusconi saluta con voce squillante ma è furioso e attacca. “Complimenti, la Rai continua  i suoi processi televisivi…” Ma  prima di dargli la linea Santoro l’ha fatto aspettare dieci minuti. Giusto il tempo di mandare in onda un’altra tranche dell’inedita intervista a Borsellino, quella in cui il giudice siciliano spiega i motivi del perché la mafia “che negli anni settanta si era fatta impresa essa stessa” si mette in contatto con imprenditori del calibro di Berlusconi, e indica in Vittorio Mangano la testa di ponte di Cosa nostra per i finanziamenti che arrivano nel Nord Italia. Berlusconi è furibondo anche per questo ma perde la pazienza quando Santoro gli chiede se aveva interrotto l’embargo. “Non partecipiamo a trasmissioni trappola” dice Berlusconi. Santoro minaccia: “Allora chiudo il collegamento”. Il Cavaliere alza il tono: “Lei è un dipendente pubblico, si contenga”. E Santoro, duro: “Appunto, non sono un suo dipendente”. Poi i toni si placano e l’oggetto della discussione diventano le Holding della Fininvest. Il  cavaliere spiega che è tutto regolare, che non sono state fondate da sconosciuti ma da un noto  commercialista milanese, il dott. Minna, dalla sua segretaria e dalla figlia, che i versamenti non erano in contanti ma fatti attraverso assegni circolari o di conto corrente, che dopo vent’anni le banche non hanno più la documentazione perché è andata al macero.  Ricorda che i procedimenti su riciclaggio che lo vedono coinvolto sono stati archiviati e che i magistrati di Palermo non l’hanno mai cercato per chiedergli queste cose. Ma su quest’ultimo punto viene smentito in diretta da Sandro Ruotolo che nel frattempo ha fatto una verifica con i Pm siciliani. Quando poi i Pm palermitani lo interrogheranno  presso la sede istituzionale nel processo Dell’Utri in qualità di indagato per reato connesso,  si avvarrà della facoltà di non rispondere.

L’ECO INTERNAZIONALE, LE ACCUSE A RAINEWS24 E LA VOCE DELLA FAMIGLIA BORSELLINO SULL’INTERVISTA

Il giorno dopo le polemiche si fanno ancora più infuocate. An e Dell’Utri tornano alla carica, “quell’intervista è manipolata”, il presidente di Mediaset Confalonieri chiede 50 miliardi di danni alla Rai. Il Messaggero scrive un articolo in cui raccoglie le indiscrezioni di una gola profonda della Procura di Caltanissetta: “L’ipotesi del ‘Patto Scellerato’ è  vicina all’archiviazione…due anni di indagini del procuratore Tinebra sui mandanti occulti delle stragi del ’92, ma l’inchiesta non ha fatto passi avanti”. Nell’articolo si legge che, per le posizioni di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, la procura nissena “sarebbe sul punto di fare richiesta al Gip di archiviazione”. La storia finisce oltre confine, e ne parlano The Independent, El Pais e il Guardian. Ma le reti Mediaset e Il Giornale continuano a parlare e scrivere per giorni di “manipolazione”. Per la prima volta nella vicenda entra la voce di un componente della famiglia del giudice: “Quell’intervista  la conosco bene, è autentica” dice la sorella del magistrato, Rita Borsellino.

Interviene, su richiesta dei legali di Dell’Utri, la Procura di Roma che invia gli ufficiali giudiziari a sequestrare, presso la redazione di RaiNews24, copia della trasmissione e apre un’inchiesta contro ignoti con l’ipotesi di reato di falsificazione e manipolazione di documenti e attentato ai diritti politici del cittadino. Anche la Procura di Palermo vuole vederci chiaro e apre un’inchiesta proprio per accertare se la cassetta sia stata manipolata.

Il 19 marzo l’Ansa batte un’agenzia dal titolo: “Figlia Borsellino su video cassetta, nessuna difformità”. E poi all’interno si specifica: “ Fiammetta Borsellino, figlia minore di Paolo, il magistrato ucciso dalla mafia nel ’92, ha confermato oggi al pubblico ministero di Palermo Antonio Ingroia la sostanziale autenticità della videocassetta che riproduce l’intervista del padre… avrebbe detto di non avere riscontrato difformità tra la versione in suo possesso e quella trasmessa dalla tv”.

Una notizia importante che però non viene ripresa da nessun organo di stampa, come non sarà ripresa un anno dopo anche un’altra agenzia in prossimità del decimo anniversario della strage di via D’Amelio: quella del 16 luglio 2002, dal titolo “ RAI NON MANIPOLO’ INTERVISTA A BORSELLINO “. All’interno poi si specifica che “la Procura di Palermo ha prodotto nel processo a Marcello Dell’Utri la videocassetta integrale dell’ intervista resa da Paolo Borsellino”. I pm hanno prodotto una perizia comparativa del contenuto dell’intervista mandata in onda lo scorso anno dal canale satellitare ‘RaiNews24’, con la quale escludevano la manipolazione da parte dei giornalisti Rai. Ormai le elezioni sono lontane e la vicenda non interessa più, su quel video hanno indagato di volta in volta le procure di Roma, Palermo, Caltanissetta, Catania, Milano, si sono tutte concluse con un nulla di fatto escludendo manipolazioni, falsi, violazioni di segreto istruttorio.

IL RUOLO DELLA PROCURA DI CATANIA

Ma la vicenda del nastro di Borsellino ha una coda velenosa, di cui pochi sono a conoscenza. Una disputa che si svolge in un’arena particolare: la Procura di Catania, dove si mette in scena la resa dei conti tra il procuratore Giovanni Tinebra e uno dei suoi sostituti più bravi: Luca Tescaroli che aveva indagato sui mandanti a volto coperto delle stragi del ’92 e ’93. Era accaduto che il 12 marzo 2001, cioè pochi giorni prima della trasmissione del Raggio Verde dove veniva riproposta l’intervista del giudice Borsellino, la Procura di Catania, competente sui magistrati nisseni, proprio su input di quella di Caltanissetta aveva aperto un’inchiesta contro ignoti per violazione del segreto istruttorio. La violazione sarebbe consistita nel far uscire dagli uffici la videocassetta contenente l’intervista del giudice! L’obiettivo neppure tanto nascosto era il pm Luca Tescaroli. Quella violazione però non c’è mai stata in quanto quel video non è mai uscito dagli uffici giudiziari nisseni, al contrario era stato portato in procura  proprio da me. Così il procedimento viene archiviato.

Ma la Procura di Catania è costretta ad  aprire un altro fascicolo che coinvolge magistrati nisseni, stavolta al centro delle indagini è addirittura il capo della Procura Giovanni Tinebra, da poco scomparso. Le ipotesi di accusa per l’ex procuratore di Caltanissetta sono pesanti: favoreggiamento personale aggravato. Tinebra avrebbe ritardato di circa sei mesi l’iscrizione nel registro degli indagati di Silvio Berlusconi e Dell’Utri, disponendo poi, per evitare clamore, che le loro generalità fossero criptate con gli  pseudonimi di Alfa e Beta. L’iscrizione avviene solo verso fine  luglio ‘97 in seguito a una nota della Procura Nazionale Antimafia, inviata da Petralia. Tinebra poi avrebbe manifestato ai suoi sostituti il proposito mai attuato di togliere la protezione e procedere per calunnia nei confronti del collaboratore Salvatore Cancemi, che aveva reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di Berlusconi e Dell’Utri. Sempre Tinebra, in seguito a una denuncia sporta da Berlusconi, risultata priva di fondamento giuridico, provvedeva a indagare i pm di  Palermo Nico Gozzo, Antonio Ingroia e Umberto de Giglio, per abuso d’ufficio in quanto avrebbero indotto l’imprenditore Rapisarda (rinviato a giudizio dallo stesso Tinebra per calunnia) ad accusare il premier e dell’Utri di riciclaggio di capitali mafiosi. Una mossa, quella dei legali di Berlusconi, che sarebbe servita a spostare i processi da Palermo a Caltanissetta dove evidentemente si sarebbe sentito più sereno. Ma le ipotesi di accusa nei confronti di Tinebra non finiscono qui. L’ex capo della procura nissena ha autorizzato il difensore di Dell’Utri a ottenere una copia della richiesta di archiviazione di questo procedimento, prima che venisse depositata e quindi facendo conoscere in anticipo gli elementi d’accusa prima che il giudice deliberasse. Alla fine, la Procura di Catania chiede l’archiviazione anche per Tinebra, perché, pur “non ritenendo fantasiose” le accuse del Pm Luca Tescarolireputa che il comportamento dell’ex procuratore di Caltanissetta  non abbia favorito Dell’Utri e Berlusconi, né abbia ostacolato le indagini.

Il 13 luglio del 2006, il Presidente dei Gip accoglie la richiesta di archiviazione e commenta che Giovanni Tinebra si è mosso “con la dovuta prudenza e attenzione, prudenza di cui dovrebbero far uso tutti i Pm – al fine di non arrecare inutili danni e provocare strumentalizzazioni politiche” – e poi il Gip conclude – Il procuratore della Repubblica Giovanni Tinebra, da sempre impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata con sacrifici per la propria libertà personale e con pericoli “quoad vitam”, ha agito a parere del Giudicante con prudenza, intelligenza e nel rigoroso rispetto delle leggi e soltanto per motivi di giustizia”.

BORSELLINO CONTINUA A ESSERE UNA MINACCIA

Polemiche, veleni e video cassette cadono nel dimenticatoio. Fino a quando Ciancimino junior ha parlato di “papelli” e ha evocato fantasmi e segreti del passato che sembravano ormai definitivamente tombati.

Fatti che portano l’8 settembre del 2009 il premier Silvio Berlusconi a gridare al complotto.  “E’ una follia che ci siano frammenti di Procura che da Palermo a Milano guardano ancora a fatti del ’92, del ’93, del ’94… quello che mi fa male è che gente così, con i soldi di tutti noi, faccia cose cospirando contro di noi che lavoriamo per il bene comune del Paese”.

Il giorno dopo, il 10 settembre 2009, Davide Giacalone, ex sottosegretario alle Telecomunicazioni della fine della prima Repubblica, in un articolo dal titolo “La madre dei teoremi” raccoglie l’esternazione di Berlusconi sulle procure che complottano, e stavolta senza che nessuno l’abbia citata, fa nuovamente riferimento all’intervista di Borsellino che, scrive , è stata “opportunamente manipolata”.  Insomma quello che è certo che Paolo Borsellino fa paura anche da morto. E oggi che si paventa la possibilità che sia stato ucciso a causa di un’inconfessabile trattativa tra mafia e istituzioni, fa ancora più paura. Siccome non si poteva dire che le sue fossero esternazioni da “toga rossa”, vista le sue simpatie per la destra, e neppure che avesse rilasciato quell’intervista per motivi politici perché all’epoca né Dell’Utri, né Berlusconi avevano manifestato l’intenzione di scendere in politica, allora l’unica strada da percorrere era quella della delegittimazione dei giornalisti che avevano trasmesso l’intervista accusandoli di “manipolazione”.

QUEL CHE RESTA DELLA VOCE DEL GIUDICE BORSELLINO

Oggi quell’intervista ufficialmente non c’è più. É sparita incredibilmente anche la copia che aveva acquisito la Procura di Caltanissetta nel procedimento sui mandanti a volto coperto delle stragi, come si legge nel decreto che archivia le posizioni di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. Perché è sparita? Certo è che chi l’ha portata via ha tolto un mezzo di prova, sicuramente non probante, ma altrettanto sicuramente ingombrante.  Ascoltare la voce di Paolo Borsellino che poche settimane prima di morire fa i nomi di Mangano, Dell’Utri e Berlusconi avrebbe potuto creare qualche imbarazzo a chi voleva scrivere la parola fine a tutta questa vicenda. Oggi il video si trova negli archivi Rai, ma un vincolo lo rende di fatto inutilizzabile, la voce del giudice morto per lo Stato, invece, sopravvive sulla memoria del web, come fosse un clandestino.

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