Criminalità ad Ostia: “Non è associazione mafiosa”
Tre ore di camera di consiglio. Tanto ci è voluto alla Corte d’Appello per cancellare l’accusa di associazione di stampo mafioso nei confronti degli appartenenti alle famiglie criminali che a Ostia controllano affari di usura, estorsioni, droga, ma anche attività commerciali, ricreative, balneari e della ristorazione. Lo fanno condizionando gli appalti di Ostia e del litorale romano. La Procura di Roma aveva contestato l’associazione di tipo mafioso ai Triassi e al “gruppo” Fasciani: reato finalizzato, secondo l’accusa, ad una serie di delitti. Assolti Vito e Vincenzo Triassi (che secondo l’impianto accusatorio rappresentavano i referenti della mafia siciliana ad Ostia ed erano già stati prosciolti in primo grado con la formula ” perché il fatto non sussiste”) e considerata quella dei Fasciani una associazione per delinquere semplice, la Corte d’appello ha giudicato insussistente anche la terza associazione, che avrebbe fatto capo ancora alla famiglia Fasciani e che secondo gli inquirenti si occupava dell’importazione dalla Spagna di grandi quantitativi di sostanze stupefacenti che poi venivano distribuiti a Roma e Ostia. Alla fine sono state 10 le condanne ed otto le assoluzioni .
Giustizia a passo di gambero, dunque, se si considera che in primo grado – un anno e mezzo fa – la decima sezione penale del Tribunale di Roma aveva nel complesso giudicato fondate le accuse della Procura, firmando 14 condanne e cinque assoluzioni, distribuendo pene pesanti, per un totale di oltre 200 anni di carcere ai componenti della famiglia Fasciani, a cominciare dal capo: Carmine Fasciani. La decisione era stata salutata come un fatto importante, un passo avanti non solo dal punto di vista della giurisprudenza -che segnalava Roma e il Lazio come luoghi in cui pareva impossibile attribuire la qualifica di associazione mafiosa, perfino ad organizzazioni che pure tali erano considerate nelle regioni di provenienza – ma anche dalla politica e da settori delle istituzioni. C’era chi negava che le “presenze” criminali avessero forma organizzata, diffusa o esercitassero un diretto controllo del territorio, tantomeno che avessero caratteri di mafiosità. Ora la sentenza della Corte d’Appello – che pure come tutte le sentenze va rispettata- potrebbe essere strumentalizzata da chi, in questo campo, sostiene da sempre forme di “negazionismo”. E comunque non si può guardare a questa decisione dei giudici senza preoccupazione. Libera si chiede “quale sia il futuro di un territorio, quello di Ostia, che deve finalmente affrancarsi dal potere espresso dai clan e dalla corruzione che ha segnato l’operato dei suoi uffici municipali, oggi sciolti proprio per mafia. Le storie che emergono da questo processo e dalle vicende di questi anni la loro gravità e la loro rilevanza- si legge nella nota di “Libera”- non esonerano nessuno, né Istituzioni, né mondo politico, né ciascun cittadino dall’occuparsi del futuro di questo quadrante di città, delle sue fragilità e delle sue splendide risorse, che non devono continuare a essere strumento e luogo di potere delle organizzazioni criminali”.
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