NEWS

Le ipotesi di Zuccaro, la realtà dello smuggling

Piero innocenti il . Senza categoria

migrantiLo sconcerto per le dichiarazioni fatte alcuni giorni fa dal procuratore della Repubblica di Catania su “ipotesi” di possibili contatti tra organizzazioni dei trafficanti e navi Ong che soccorrono i migranti nei pressi delle coste libiche, è aumentato (e non solo in chi scrive) dopo l’audizione del 3 maggio scorso del magistrato innanzi alla Commissione Difesa del Senato. Zuccaro, ribadendo le sue “ipotesi”, dunque senza alcun riscontro probatorio come ha ripetuto (e questo punto già doveva bastare per invitarlo decisamente a svolgere il suo ruolo di p.m. con appropriate indagini e chiari elementi indiziari), si è lasciato andare a valutazioni generali, più di carattere politico che giudiziario, sostenendo, tra l’altro che “il nostro paese non è in grado di ospitare tutti i migranti” (che , in realtà, vogliono proseguire, per la stragrande maggioranza, verso altri paesi europei), che “la maggior parte di essi non ha diritto alla protezione internazionale” (ha rimpiazzato le commissioni territoriali che esaminano le domande di asilo?), che “non è il caso che le Ong svolgano questa attività di supplenza” (ricordando alla politica le proprie responsabilità sul punto). Dulcis in fundo,  ha sollecitato adeguamenti normativi per l’impiego della polizia giudiziaria anche sulle navi delle Ong e per le intercettazioni satellitari che avvengono in acque internazionali.

Non è escluso, anzi è quasi certo che, a giorni (pare il 9 maggio p.v.),  il procuratore Zuccaro possa essere invitato in Commissione parlamentare antimafia per approfondimenti sul ruolo della criminalità mafiosa nel traffico di migranti verso l’Italia. Su quest’ultimo punto, forse, sarebbe stato meglio “audire” il procuratore nazionale antimafia Roberti, che ha sicuramente tutte le informazioni necessarie sul tema. “Collegamenti” delle mafie nostrane con cellule di trafficanti, in realtà, sono emersi, da tempo, in inchieste svolte dalle nostre forze di polizia negli anni passati e sfociate in processi con condanne. A partire dal 2009, quando i carabinieri di Locri arrestarono undici persone ( tra cui otto collegate alla ‘ndrangheta) in esecuzione di ordinanze di custodia in carcere, per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cittadini provenienti dal Punjab (India). Ma, già nel 2006, con l’operazione “Rima”, conclusasi a Catanzaro con l’arresto, da parte della polizia di stato, di 34 persone, era emersa la partecipazione della ‘ndrangheta nella gestione dei migranti. Ed anche nel 2010, a Reggio Calabria, sempre la polizia aveva ammanettato ben 67 persone, tra cui alcune collegate alla cosca Iamonte, ancora coinvolte nel traffico di migranti. Nel 2011, infine, tra Catania e Siracusa, oltre ai 19 scafisti egiziani erano finiti in carcere con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, insieme a quattro persone risultate “affiliate” al clan mafioso “Brunetta”.

Tornando alle valutazioni di Zuccaro, sorprende, non poco, come mai un magistrato così “serio e perbene, un gentiluomo” ( parole del procuratore di Catanzaro Gratteri), non abbia sentito l’esigenza di approfondire il punto sulle Ong, sui “tanti soldi che hanno”, sulla opportunità della presenza della polizia giudiziaria a bordo di tali navi, su adeguamenti normativi che permettano intercettazioni satellitari anche in alto mare, con Eurojust, con la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA). Si poteva, forse, fare quello che era accaduto poco più di quattro anni fa, quando, dopo un atto di indirizzo inviato ( settembre 2013) dal Procuratore Distrettuale di Catania del tempo alle forze di polizia del Circondario sulla problematica dello sbarco sulle coste italiane  di migranti su piccole imbarcazioni dopo un viaggio sulla “nave madre”, era stata elaborata, poi, una direttiva dalla DNAA nel 2014 ( integrata con altra direttiva del 28 ottobre 2015) per la soluzione dei problemi di giurisdizione penale nazionale, relativamente agli interventi effettuati nelle acque internazionali su navigli usati dai trafficanti. Insomma, un confronto per trovare, anche nelle “ipotesi” (giudiziarie) delineate da Zuccaro, possibili soluzioni ci poteva essere. Senza investire la politica, sia nazionale che europea, che non ha risolto granché sul fenomeno migratorio ( 37.240 i migranti soccorsi/salvati in mare, di cui oltre 10mila dalle navi Ong, nel 2017 alle ore 8 del 3 maggio) così dannatamente complesso e drammatico.

 

Migliaia di vite salvate

Facciamo quindi qualche considerazione sulle migrazioni, più realistica, meno approssimativa, speculativa e confusionaria di alcune di quelle fatte nei giorni scorsi dopo le inopportune e incomprensibili dichiarazioni del procuratore di Catania relativamente a ipotesi di contatti fra trafficanti e navi Ong per il soccorso di migranti in mare. E lo facciamo nel momento in cui, da poche ore, proprio due di queste imbarcazioni, la Prudence e la Hestia, sono approdate nei porti siciliani con a bordo le salme di 5  migranti recuperati nella zona costiera della Libia. Vanno ad aggiungersi ai 32 cadaveri recuperati nel 2017, ai 390 del 2016, ai 296 del 2015, ai 168 del 2014. Si badi bene che ho indicato cadaveri recuperati, persone sulle quali la morte, per le autorità, è certa, perché le altre migliaia, vengono indicate, burocraticamente, ancora come  dispersi . E sono davvero molti: 3.538 nel 2014, 3.784 nel 2015 e 4.734 nel 2016 (fonte, UNCHR, maggio 2017 ). Un’ecatombe nel mare Mediterraneo, il Mare Nostrum! Un bollettino che sarebbe stato ancora più drammatico se nell’area marina prospiciente la Libia non ci fossero state gli assetti navali delle Ong che, solo nel 2016, con 457 interventi in mare sul totale dei 1.580 registrati (inclusi, naturalmente, quelli delle operazioni EunavforMed-Sophia, Tritone e dei mercantili intervenuti all’occorrenza), hanno soccorso/salvato 53.875 persone sul totale di 181.436 (fonte, Ministero dell’Interno, maggio 2017).

Navi che sono aumentate nel corso del 2016, fino ad arrivare a 14 unità, rispetto alle tre del novembre 2015, e che navigano in prossimità delle acque territoriali libiche, talvolta spingendosi anche all’interno delle stesse, per fare quegli interventi che, negli anni passati hanno fatto, con straordinario impegno, i marinai della nostra Marina Militare nell’operazione Mare Nostrum (operazione, poi, accantonata su pressioni politiche nazionali e dell’UE). D’altronde,la ricerca e il salvataggio in mare non sono i compiti prioritari delle operazioni Tritone (cinque assetti navali e cinque aerei per il controllo delle frontiere esterne UE in questo scorcio di anno) né, tantomeno, del dispositivo aeronavale di Eunavfor Med-Sophia (attualmente 5 navi inclusa la flag-ship italiana e 6 aerei) che, dopo una prima fase – conclusa da tempo -di individuazione e di monitoraggio delle reti di migrazione e di raccolta di informazioni, è passata ad una seconda fase in cui può procedere a fermi, ispezioni e sequestri in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere utilizzate nel traffico di esseri umani. La terza fase (se mai ci sarà), presuppone risoluzioni ONU (non adottate) o il consenso dello Stato costiero (con la Libia non c’è) per far si che le navi dell’operazione Sophia intervengano nelle acque territoriali per adottare, alle condizioni previste da dette risoluzioni o detto consenso, le misure necessarie nei confronti di imbarcazioni sospettate di essere usate nel contrabbando e nella tratta di persone. L’operazione Sophia, la cui durata prevista, per ora, è fino al 27 luglio p.v., si è ampliata, da giugno dello scorso anno, con altri compiti tra cui l’addestramento ( con il concorso di Frontex) della Guardia Costiera e della Marina libica, il controllo dell’embargo sulle forniture di armi alle milizie libiche.

Ma c’è di più. Le attività informative che scaturiscono dalla importante missione e che consentono anche di formulare “ipotesi” per spunti investigativi possono essere oggetto di scambio con l’Interpol ( tutto questo in virtù della Decisione 2016/2314 del Consiglio del 19 dicembre 2016). Restano fuori da questo circuito, sicuramente importante, le informazioni riguardanti il traffico di armi e di esser umani che potranno essere oggetto di scambio soltanto con una decisione dell’Assemblea Generale dell’Interpol (che non c’è ancora stata). Resta preziosa, a Catania, la presenza ed il lavoro fatto (qualche volta anche di ipotesi) dal team di esperti della European Regional Task Force, operativi dal giungo 2015, composto da rappresentanti delle nostre forze di polizia, di Frontex, di EunavforMed, di Easo, della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, del Corpo delle Capitanerie di Porto. Rispetto per il servizio che viene svolto da tale struttura e finalizzato al contrasto dell’immigrazione irregolare delle organizzazioni criminali collegate, per la condivisione,a livello nazionale ed europeo, delle informazioni. Rispetto profondo anche per le navi delle varie Ong che anche in questi primi quattro mesi del 2017 hanno partecipato ad un centinaio di eventi di soccorso in mare con oltre 10mila persone salvate sul totale delle 37.240 alla data del 3 maggio.

 

Da Mare nostrum a Frontex cos’è cambiato

Alcuni frammenti di intercettazioni, fatte dagli apparati della sicurezza, tra persone in Libia e altre su una nave (“..potete mandarli…noi siamo qui..”) sembrano semplici indizi di contatti che non sottendono, sic et simpliciter, complicità criminali nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina,  ma solo possibili messaggi  per segnalare la presenza, in mare,  rassicurante, di soccorsi tempestivi. La verità è che queste imbarcazioni di varie e ben conosciute Ong stazionano ai limiti delle acque territoriali libiche, talvolta si sono spinte anche all’interno, e rappresentano sicuramente un dispositivo navale di “pronto intervento”, sempre sotto il coordinamento delle nostre autorità marittime, molto più efficace di quello di Frontex e di EunavforMed-Sophia (è l’operazione europea condotta nell’ambito della Politica di Sicurezza e di Difesa Comune, a guida italiana). Queste ultime, oltretutto, non hanno il compito prioritario di ricerca e soccorso in mare, ma, rispettivamente, di controllo delle frontiere esterne dell’UE e di contrasto ai trafficanti.

Ora bisogna dire con molta chiarezza che,  già negli anni passati, l’operazione Mare Nostrum, condotta in modo esemplare dalla nostra Marina Militare, aveva dato “fastidio” non solo ad alcuni esponenti dell’UE,  ma anche a forze politiche nazionali retrive, che avevano giudicato la presenza delle nostre navi come “pull factor” per i migranti che salpavano dalle coste libiche e per gli stessi trafficanti. Il fatto che con quella operazione si fossero salvate centinaia di vite umane, in un’area marina più a ridosso della Libia, era “secondario” secondo le valutazioni fatte da alcuni personaggi della nostra politica nazionale. Fatto sta che, lentamente, tenuto conto dei costi della operazione Mare Nostrum, interamente sostenuti dal nostro paese, era prevalsa, poi, la linea di affidare all’agenzia europea Frontex, quindi con un dispositivo aeronavale di più paesi ( di qui le varie operazioni Triton 2014, 2015, 2016, Aenea , Poseidon), la vigilanza in mare di quella che è considerata la frontiera sud dell’Ue. Quindi, controllo della frontiera e, di fronte a situazioni emergenziali, soccorso in mare, in un’area operativa marina che è stata notevolmente ridimensionata rispetto a quella assegnata a Mare Nostrum.

Non potevano di certo essere ridimensionati gli stanziamenti del Settore marittimo dell’agenzia Frontex, che, in ragione degli accresciuti bisogni operativi, ha ricevuto consistenti fondi e per il 2017 oltre 100 milioni di euro di budget da destinare alle operazioni congiunte di pattugliamento marittimo, di cui il 45% riservato all’operazione Triton. Ma, tornando alla attuale “massiccia” (e per taluni ingombrante) presenza di assetti navali (talvolta ben 14 unità e un aereo, a fronte di sole tre imbarcazioni presenti nel novembre 2015) appartenenti ad Ong, nell’area prospiciente al Libia, va detto con molta chiarezza che tale situazione è ben nota, da tempo, allo stesso ministro dell’interno Minniti, che riceve, mensilmente, dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, un articolato documento sulla “Situazione Migratoria- Hot Spot Appproach”) in cui, tra l’altro, si evidenzia che “l’incremento del flusso migratorio  (..) a partire dal mese di ottobre 2016..” era attribuibile anche alla presenza di imbarcazioni delle Ong, che “..costituiscono un inevitabile fattore d’attrazione per i migranti e le organizzazioni criminali che ne gestiscono il traffico”.

Una presenza fondamentale, aggiungo, per i 53.875 migranti soccorsi in mare dalle imbarcazioni delle Ong nel corso dei 457 interventi fatti ( sul totale di 1.580) in tutto il 2016. Naturalmente è possibile che l'”ipotesi” fatta dal Procuratore di Catania sia da collegare alle attività che svolge la European Regional Task Force (prevista dall’Operational Plan 2015), struttura di esperti di polizia istituita proprio a Catania in accordo con Frontex e su proposta della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, i cui compiti sono, tra l’altro, la cooperazione tra agenzie europee e autorità nazionali, la condivisione delle informazioni a livello nazionale ed europeo, il supporto agli uffici impiegati operativamente in attività investigative. Potrebbe trattarsi di una iniziativa per mettere in difficoltà l’attività di alcune Ong che sono reputate come concorrenti non gradite invece che come preziose collaboratrici?

“A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” diceva qualcuno ben noto. Tuttavia  l’ “ipotesi”  di Zuccaro  potrebbe portare anche ad indagini di polizia giudiziaria sui tanti “segmenti” che compongono le varie organizzazioni criminali internazionali dei trafficanti sempre indaffarate a trasportare migranti, via mare, verso l’Italia (36.684 alla data del 28 aprile, il 35,13% in più rispetto allo stesso periodo del 2016). Staremo a vedere.

Il diritto d’asilo e le convenzioni internazionali

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link