Illusorio tamponare i flussi migratori dall’Africa
Dunque, ci risiamo con l’illusione di cercare di fermare, arginare, i flussi migratori provenienti dai paesi africani elargendo consistenti contributi finanziari che, sino ad oggi, non hanno portato a nessun risultato concreto. Gli ultimi 50milioni di euro li verserà il nostro paese al Niger per rafforzare la sua capacità di “controllare le frontiere e ridurre i flussi migratori”. Questa la solita “causale” del bollettino di versamento al paese africano che serve, in qualche modo, anche a zittire quanti, da alcune parti politiche, asseriscono che si fa poco per limitare l'”invasione” dei migranti nel nostro paese. Il denaro dovrebbe servire (condizionale d’obbligo perché in quei paesi i controlli sulla spesa pubblica sono davvero carenti) alla istituzione di nuclei specializzati di polizia di frontiera e alla realizzazione di un nuovo centro di accoglienza per i migranti che transitano in Niger diretti verso la Libia. Il Niger, in effetti, già negli anni passati ( 2012) era stato destinatario,insieme a Egitto, Gambia, Ghana, Gibuti, Libia e Nigeria, di consistenti forniture di veicoli e materiale vario per un importo complessivo di poco più di 62milioni di euro. Senza contare il progetto Nigerimm ( 2012) con la spesa di tremilioni di euro, sostenuta dal nostro Ministero dell’Interno per fornire a quel paese fuoristrada, minibus, camion e realizzare due pozzi artesiani oltre alla convenzione stipulata con l’Istituto Don Luigi Sturzo di 400mila euro (poi rinnovata con altri 150mila euro) per la realizzazione di una (illusoria) campagna informativa in quel paese, attraverso la Tv e la radio, per sensibilizzare i nigerini a non emigrare. Con i risultati a tutti noti. Alla Libia, poi, secondo gli ultimi accordi (marzo 2017) l’UE dovrebbe riservare, circa 800 milioni di euro per controllare i confini sud del paese da dove entrano i migranti. Nella situazione di caos che vige ancora nel paese,anche di quella parte sotto il controllo riconosciuto dall’ONU di Al Serraj, riesce davvero difficile pensare ad operazioni di tale portata. E ne è ben consapevole il nostro Governo anche se il ministro dell’interno Marco Minniti, con una tenacia davvero encomiabile, nei giorni scorsi è riuscito a mettere intorno ad un tavolo, al Viminale, addirittura i rappresentanti di oltre sessanta tribù libiche (avete letto bene, sessanta!) insieme al vicepresidente libico Kajman per una iniziativa finalizzata al contrasto dei trafficanti di esseri umani ma anche al terrorismo jhadista e alla radicalizzazione. L’accordo firmato da tutti i presenti alla riunione, parrebbe un primo passo per migliorare la situazione di contrasto in Libia fra le varie tribù che, di fatto, controllano buona parte del territorio e che sono ancora divise nelle alleanze con i governi di Tripoli e di Tobruk. In realtà non solo l’Italia ma tutto il mondo occidentale è ormai investito da grandi movimenti di popolazioni determinati da molteplici fattori tra i quali assumono particolare importanza gli squilibri di natura demografica (la popolazione è in crescita e continua ad espandersi nei paesi ad economia meno avanzata determinando un aumento del bisogno alimentare in zone dove le risorse diminuiscono o restano inalterate), gli squilibri di natura economica (la povertà determina una bassissima qualità della vita e prospettive non comparabili con quelle offerte dai paesi industrializzati; il divario tra queste due realtà non appare destinato a ridursi). Ci sono, poi, gli squilibri di natura sanitaria e ambientale (le epidemie, la siccità, la desertificazione e si parla, in questo caso, di grandi spostamenti di eco-immigrati, in futuro, a causa dei grandi cambiamenti climatici) e quelli di natura politica ( le guerre civili, il terrorismo, gli scontri etnici che spesso determinano situazioni in cui le istituzioni statali sono incapaci di garantire livelli di tutela minima ai cittadini). Sono questi i veri nodi da sciogliere per cercare una soluzione al fenomeno migratorio mondiale, non certo dando soldi a pioggia, qua e là, senza riuscire a controllare, poi, la vera destinazione di quel denaro pubblico.
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