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Cannavò: “Libera, un volo di fantasia e coraggio”

Di Lorenzo Frigerio il . Interviste e persone

Si sono svolti
ieri a Milano, nella basilica di Sant’Ambrogio i funerali di Candido
Cannavò, al timone della Gazzetta dello Sport per quasi vent’anni.
È stata una cerimonia davvero partecipata, che ha visto centinaia e
centinaia di persone, volti noti e illustri sconosciuti, rendere omaggio
al giornalista catanese, scomparso domenica, in seguito ad una emorragia
cerebrale che lo aveva colpito la scorsa settimana mentre si trovava
in redazione.

In una basilica
affollata, dietro l’altare maggiore, spiccavano gli stendardi dei
più importanti club di calcio della serie A, della scuderia automobilistica
Ferrari, oltre che i gonfaloni delle istituzioni locali. Il presidente
Napolitano nel messaggio di cordoglio ha ricordato Cannavò come
“il giornalista di lungo corso che dalle colonne della Gazzetta dello
Sport e dalle più diverse tribune mediatiche, ha raccontato con passione
e acutamente divulgato i valori di lealtà
e di competizione che hanno reso sempre più
popolare il gioco del calcio e lo sport italiano”
. Le cronache
di questi giorni, nel ripercorrere i successi e la carriera del giornalista,
hanno rispolverato anche un ulteriore autorevole parere, quello dell’avvocato
Giovanni Agnelli: “Candido Cannavo decise di fare il giornalista,
abbandonando un destino che lo voleva medico. Non sapremo mai ciò
che ha perduto la medicina, ma sappiamo quanto ci ha guadagnato lo sport,
e noi con lui”
.

Un giudizio
importante, ma arricchito se possibile ancor di più dalle parole dell’omelia
delle esequie celebrate da don Gino Rigoldi, cappellano del carcere
minorile Beccaria di Milano: “uno che cercava la parte buona delle
persone. Era la sua specialità. Voleva vedere di persona e poi cercare
di cambiare le cose”.

E una conferma
ulteriore dello spessore umano e non solo professionale di Cannavò
viene dall’annuncio dato dall’attuale direttore della Gazzetta,
Carlo Verdelli durante i funerali: “Rcs ha deciso di istituire
in suo onore la fondazione Gazzetta dello Sport Candido Cannavò, suo
scopo sarà quello di fare del bene, non solo per lo sport. Candido
se lo merita”
.

Una carriera,
quella di Cannavò, all’insegna dello sport e poi del sociale, iniziata
nel quotidiano della sua città, La Sicilia. Nel 1955, inizia a collaborare
con la Gazzetta dello Sport e da allora, come inviato, gira per l’Italia
e per il mondo a raccontare gli appuntamenti sportivi più importanti
del momento. Inizia a firmare il giornale in qualità di direttore dal
1983 e lo farà fino al 2002, trasformando la Gazzetta nel quotidiano
più letto dagli italiani. Liberatosi dagli impegni faticosi della direzione
e conservate alcune rubriche come opinionista, inizia una seconda vita
professionale e umana, altrettanto ricca di traguardi e successi, raccontando
l’anima del sociale nel nostro paese con tre libri, che lo portano
a parlare della situazione carceraria (Libertà
dietro le sbarre)
, di disabilità ed emarginazione (E li chiamano
disabili)
, della Chiesa di frontiera più impegnata (Pretacci.
Storie di uomini che portano il Vangelo sul marciapiede).

Cannavò incontra
Libera proprio in occasione della stesura di Pretacci: una galleria
di sedici ritratti di sacerdoti, di “preti da marciapiede”,
impegnati a testimoniare il Vangelo quotidianamente, in mezzo agli ultimi
e agli emarginati, nella quale trova posto il presidente di Libera e
fondatore del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti.

In un caldo
pomeriggio di ottobre, il giornalista trascorre alcune ore in compagnia
di don Ciotti e dei dirigenti e collaboratori che affollano la sede
di via IV Novembre. Ne esce un ritratto a tutto tondo di una realtà
che ogni giorno si impegna per coordinare i tanti territori, le diverse
associazioni che ad essa fanno riferimento, le scuole di ogni ordine
e grado, per cercare di coniugare legalità e partecipazione in una
sintesi impegnativa ma vitale per la democrazia.

I rapporti
pregressi e le altre occasioni di incontro con don Ciotti e alcuni dirigenti
di Libera, in quel lungo pomeriggio, acquistano maggiore vigore da una
vera e propria full immersion alla quale Cannavò si sottopone per capire
meglio, per cogliere il messaggio che da ogni storia che ascolta avidamente
gli proviene.

“Fatemi
capire”
è il titolo della famosa rubrica che tiene ogni giorno
sulle pagine della rosea e anche quel giorno il fuoco di fila di domande
a cui sottopone quanti incontra in sede riecheggia questa volontà,
mai doma, di fare bene fino in fondo il proprio lavoro di giornalista.
Per raccontare, ci spiega, bisogna capire. E per capire si deve chiedere
conto di quello che non si conosce.

E in che modo
Cannavò abbia raccontato magnificamente e con vere e proprie pennellate
d’autore l’esperienza umana, religiosa e civile di Don Luigi Ciotti
e, allo stesso tempo colto l’anima più profonda di Libera, ciascuno
lo può giudicare da sé tornando a leggere quelle belle pagine del
libro Pretacci che oggi pubblichiamo, grazie al consenso fornitoci
dalla sua casa editrice (Rizzoli RCS).

Colpiscono
i tratti precisi con cui descrive persone viste solo per alcuni minuti,
ma ancora di più riempie d’orgoglio uno dei giudizi più belli che
riserva al network di associazioni fondato nel 1995: “E basta parlare
di Libera perché i profeti del sospetto e i coltivatori del nulla battano
in ritirata. Cinquant’anni di commissioni antimafia non bastano a
eguagliare la forza di un’idea tradotta in sfida di legalità, di
lavoro e di speranza e affidata non a politici riciclati, ma a giovani
che credono in quello che fanno”
.

Più ancora
che la definizione di Libera come di “un’accademia nazionale
della legalità”
, ci piace ricordare un altro passaggio davvero
ispirato di Cannavò: “Ecco Libera, un’idea che decolla
dalla pista della solidarietà: è
un volo di fantasia e di coraggio che plana sulle terre dove il male
vuole imporre la sua legge”.

Chissà se
l’immagine del volo gli era nata quel pomeriggio di ottobre, così
denso di parole, di emozioni e di storie, quel pomeriggio di ottobre
conclusosi con la vista dall’alto dei tetti di Roma: una cartolina
mozzafiato dei cieli della capitale, che apre il cuore alla speranza,
che, sì, le cose possono cambiare, perché le mafie possano essere
sconfitte.

Si ringrazia Rizzoli RCS per la collaborazione e il consenso alla pubblicazione

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