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Migrazioni: alcune considerazioni sul DL 2017/13

Piero Innocenti il . Senza categoria

immigrazione_2Di recente è entrato in vigore il decreto legge 17 febbraio 2017 n°13, pubblicato sulla G.U. n°40 dello stesso giorno, contenente le “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”. Il provvedimento, ventitrè articoli in tutto, introduce importanti modifiche ad alcuni decreti legislativi, emanati negli anni passati, di attuazione di direttive comunitarie e al testo unico vigente nel nostro paese (D.lgs. 25 luglio 1998, n°286) sulla disciplina dell’immigrazione e sulla condizione dello straniero.
Tra le novità va segnalata l’istituzione presso i tribunali di quattordici città (Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Lecce, Milano, Palermo, Roma, Napoli, Torino e Venezia) di sezioni specializzate in tema di immigrazione e di protezione internazionale che dovrebbero migliorare, grazie alla particolare competenza dei giudici, i procedimenti nelle controversie in materia di riconoscimenti delle protezioni internazionali, nelle impugnazioni dei provvedimenti di allontanamento degli stranieri per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per gli altri motivi di pubblica sicurezza e nelle altre materie indicate nell’art.3 del decreto. La competenza territoriale di dette sezioni specializzate è individuata nell’art.4 dello stesso decreto legge. Altre disposizioni sono finalizzate al miglioramento delle procedure, sempre drammaticamente lente, innanzi alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e di integrazione dei cittadini stranieri che,su base volontaria e sulla scorta di intese tra i prefetti e i Comuni interessati, potranno essere impiegati in attività di utilità sociale a favore delle collettività locali (in alcuni Comuni sono già in atto lodevoli iniziative sul punto).
Si tratterà di vedere quali potranno essere gli effetti del provvedimento e,  soprattutto, i risultati conseguiti e, sul punto, il Governo dovrà presentare entro il 30 giugno dei tre anni successivi all’entrata in vigore della legge di conversione una relazione alle Commissioni parlamentari competenti. È prevista, inoltre, una più capillare distribuzione sul territorio nazionale dei Cpr, “centri di permanenza per i rimpatri” (così vengono indicati i vecchi Cie “centri di identificazione ed espulsione”, a sottolinearne la finalità di trattenimento dello straniero per il rimpatrio) prevedendone uno per ogni regione.
Per migliorare le attività di identificazione dello straniero rintracciato in posizione irregolare o soccorso in mare ed eliminare le polemiche che, in passato, ci sono state nei vari episodi di rifiuto di sottoporsi alle operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico effettuate dalla polizia scientifica, il decreto legge in questione introduce un apposito articolo, il 10 ter, al Testo Unico sull’immigrazione per disciplinare tale momento, prevedendo, al secondo comma, che il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai suddetti rilievi configuri il “rischio di fuga” e,quindi, comporti il trattenimento in uno dei Cpr sopra indicati. Il provvedimento è del questore, conserva la sua efficacia per una durata massima di trenta giorni dalla sua adozione e passa al vaglio del giudice di pace per la convalida (alla sezione specializzata del tribunale nei casi in cui il trattenimento riguardi uno straniero che ha richiesto la protezione internazionale). In ogni caso lo straniero deve essere informato delle conseguenze del rifiuto di sottoporsi ai rilievi della polizia scientifica (comma 4 art.10 ter).
Con lo stesso articolo viene anche “riconosciuta” l’esistenza dei cosiddetti “hotspot” introdotti negli ultimi anni, inizialmente dalla semplice comunicazione comunitaria (quindi definiti nel paragrafo 10 dell’art.2 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla Guardia di Frontiera e Costiera europea emanato il 13 settembre 2016) e indicati come “appositi punti di crisi allestiti nell’ambito delle strutture di soccorso e di assistenza” previste dal decreto legge 30 ottobre 1995 n°451 e dal decreto legislativo 18 agosto 2015 n°142. E’ in questi “punti di crisi” (attualmente ne sono attivi soltanto quattro, a Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto, con una capacità ricettiva totale di 1.600 posti) che sono effettuate le operazioni di fotosegnalamento e va svolta l’attività di informazione sulle procedure di protezione internazionale, di ricollocazione in altri Stati membri dell’UE e sulla possibilità di rimpatri volontari assistiti nei paesi di origine.
Si tratta, come si può intuire, di attività complesse che richiedono spiccate competenze professionali e grande umanità che il nostro paese sta mettendo a piene mani mentre dai vertici delle istituzioni comunitarie (il presidente Juncker e il commissario Avramopoulos), in queste ultime ore, arrivano le sconcertanti dichiarazioni di rimpatriare un milione di migranti dall’UE perché non sono stati riconosciuti come rifugiati.

Immigrazioni: il grande problema

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