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L’esperienza dell’antimafia italiana in aiuto alla società responsabile messicana

Di Gabriella Stramaccioni il . Internazionale

Seimila morti ufficiali, ottomila
ufficiosi , solo nel 2008. La guerra in Messico per il controllo del
traffico della droga è in corso ormai da tempo , con proporzioni sempre
più impressionanti. Partendo da questa drammatica situazione che Libera,
con Don Luigi Ciotti, ha accettato l’invito della Conferenza Episcopale
Messicana per incontrare le realtà delle Caritas locali per fare un
punto sul delicato tema della violenza e del contrasto sociale al crimine
organizzato. L’esperienza che Libera ha costruito in questi anni in
Italia è stata infatti presa a modello dalla Cem (Conferenza Episcopale
Messicana) che in un seminario di formazione di tre giorni ha messo
a confronto le diverse problematiche che stanno affliggendo il paese
con esperti in grado di poter dare delle via di risoluzione. L’esperienza
di Libera è stata quindi al centro della riflessione degli operatori
sociali presenti (circa un centinaio) che hanno cercato di individuare
modalità esportabili anche nella dura realtà messicana. I temi che
hanno destato più attenzione sono stati sicuramente quelli legati all’utilizzo
sociale dei beni confiscati, che si vorrebbe diventasse anche proposta
della realtà messicana (anche se il quadro politico attuale non pare
molto sensibile all’argomento). Fortemente apprezzata anche la rete
dei familiari delle vittime che vorrebbe prendere il via mutuando l’esperienza
italiana. Abbiamo incontrato infatti donne che hanno perso in modo drammatico
i loro cari e i loro figli e che ci hanno chiesto una mano per partire
e per non rimanere sole in un contesto sociale che tende sempre di più
ad isolare ed a mettere paura. Perplessità e preoccupazione hanno destato
le voci  di un imminente plan Messico che dovrebbe partire dopo
l’esperienza (fallimentare e discutibile) di quello della Colombia.
A tale proposito Libera ha presentato il lavoro di indagine curato da
Sandro Donati sul buco nero della cocaina, che analizza in maniera spietata,
ma scientifica, le bugie e le omissioni messe in campo dalle autorità
colombiane e americane . Ciò che sembra normale però in Italia, e
quindi anche la possibilità di poter far denunce e di far partire indagini,
è molto più difficile nella realtà messicana. Ce lo hanno raccontato
e ribadito i giovani delle università che abbiamo incontrato in un
confronto appassionato: dai loro volti e dalle loro parole traspariva
l’inquietudine e la preoccupazione di agire in un paese che ha fatto
della violenza una delle chiavi di tenuta del potere. Ci hanno raccontato
delle forze di polizia e di come circa il 60% di loro sia pagato dai
narcotrafficanti : la difficoltà quindi di poter fare azioni di contrasto
e di denuncia, pena il soccombere. Fondamentale quindi per questi giovani
è costruire reti, sia nazionali, che internazionali, per poter supportare
azioni di denuncia e di contrasto.

C’è molta attesa nel ruolo
della Chiesa. Una chiesa che in Messico coinvolge milioni di fedeli
(impressionante il pellegrinaggio quotidiano di fedeli al Santuario
della Madonna di Guadalupe) e che sicuramente potrebbe operare in campi
più ampi, in primo luogo quello del contrasto al narcotraffico. Un
ruolo maggiore che alcuni vescovi sentono fortemente e fra questi anche
il segretario generale della Caritas che ci ha invitato: un ruolo che
deve essere però ancora esplicitato  nelle modalità di azione.
Ecco perché Libera ha assunto l’impegno di tornare ad Aprile, quando
Don Luigi Ciotti terrà un incontro ufficiale con tutti i vescovi della
Conferenza Episcopale per dare il via a quella , che se attuata, potrebbe
rappresentare una rivoluzione sociale nel paese .

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