Caso Alpi-Hrovatin, aperto nuovo fascicolo
Falso in atto pubblico, calunnia e favoreggiamento. Con queste ipotesi di reato la Procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo sul caso del duplice omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Il procedimento, al momento a carico di ignoti, cercherà di ricostruire i passaggi di quel depistaggio a cui si fa riferimento nelle motivazioni della sentenza di revisione della condanna a 26 anni a carico di Hashi Omar Hassan con cui la corte d’Appello di Perugia, il 19 ottobre scorso, ha dichiarato innocente il somalo.
Giuseppe Pignatone, Procuratore capo di Roma, ha affidato la delega per l’inchiesta al sostituto Elisabetta Cennicola.
L’appello fatto a fine gennaio dalla mamma di Ilaria, la signora Luciana Riccardi, non è rimasto dunque inascoltato. I legali della signora Luciana più volte avevano pubblicamente indicato le incongruenze e i troppi interrogativi ancora aperti sulla vicenda. Primo fra tutti la gestione di Ahmed Ali Rage, detto Gelle, il testimone – poi rivelatosi falso – sparito nel nulla per anni che ha rappresentato il perno dell’impianto accusatorio contro Hashi e che, però, non ha mai confermato in una udienza le sue accuse a carico del connazionale.
Una testimonianza oltre tutto sconfessata già dallo stesso Gelle nel 2002, quando aveva ammesso di aver mentito in cambio della promessa di denaro e della garanzia di poter abbandonare la Somalia, in quegli anni un teatro non facile in cui vivere.
Sono passati quasi 23 anni da quel 20 marzo a Mogadiscio. Ci sono state troppe parole, molta fretta e forse un leggero fastidio nei confronti di una donna che, nonostante tutto, non si è mai arresa davanti a una versione di comodo. C’è da sperare, però, che il 20 marzo avrà quest’anno un significato diverso per la mamma di Ilaria. Perché arrivare alla verità dovrebbe essereuna richiesta dell’intero Paese e non solo di chi è stato colpito in prima persona da questa tragedia.
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