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L’holding del boss Matteo Messina Denaro

Di Rino Giacalone il . Dai territori, Sicilia

Mazara e Salemi, due città della provincia di Trapani. Territori ricchi di cultura e storia, Mazara in particolare è il primo porto peschereccio d’Italia se non d’Europa, certamente lo è del Mediterraneo, dentro si sono fuse e convivono bene due culture diverse, non ci sono tensioni tra la comunità italiana e quella nord africana che qui si è insediata da tempo. E questi sono fatti che servono a dire che qui i cittadini la gran parte sono onesti, non fanno malaffari, solo che come quelli del resto della Sicilia preferiscono spesso far parte di una maggioranza silenziosa che finisce con il lasciare spazio alla minoranza di mafiosi e mafiosetti di diverso genere. Oggi a maggior ragione perché questi mafiosi non sono più nemmeno quelli che sporcavano di sangue le strade o riempivano la città di droga, trasformando case di campagne in raffinerie della droga. Oggi questi fanno impresa, creano aziende e danno occupazione. Mazara quanto Salemi.

Ora può avere il suo ben dire il sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi sempre pronto ad alzare i toni se si racconta di cosa rappresenta ancora oggi Salemi nello scenario di Cosa Nostra siciliana, e che invece di attaccare i mafiosi se la prende con indefiniti “professionisti dell’antimafia” che non hanno denunciato l’affare dell’eolico scoperto in queste ore essere stato in mano ai boss come, dice, di avere fatto lui – ma forse nemmeno così è tanto abile com’è a giocare con le parole e di questo gli va riconosciuto merito – ma di mafia e impresa che può essere gestione di attività edilizia, industriale, produzione di cemento, grande distribuzione, se ne parla oramai da tempo con il conforto di sentenze passate in giudicato e con i riscontri giunti da alcuni imprenditori che nel trapanese si sono sottratti all’egemonia mafiosa. E allora dove sta la novità, oggi è l’eolico ieri erano altre cose, domani ce ne saranno delle altre.

E allora raccontiamo cos’è l’holding mafiosa della provincia di Trapani. Intanto ha un capo ed è il latitante Matteo Messina Denaro e per esserci un capo c’è un’ organizzazione e non è vero che la mafia come tale non esiste ma ci sono solo dei mafiosi in giro incapaci di influenzare i politici. Come è fatta questa organizzazione. Le intercettazioni dell’operazione “Eolo” condotta lunedì notte da Polizia e Carabinieri lo svela.

«Un palo a Mazara non si alza se non lo voglio io» diceva, alla moglie, non sapendo di essere intercettato, Matteo Tamburello, mafioso di Mazara del Vallo dagli «illustri» ascendenti in Cosa Nostra, erede di “don” Saro, suo padre. Una frase apparentemente poco chiara che ha fatto insospettire gli investigatori e ha dato input all’inchiesta sugli interessi di Cosa nostra nella realizzazione dei parchi eolici nel trapanese, che oggi ha portato all’arresto di otto persone. Presto, infatti, carabinieri e polizia hanno capito, appunto, che il «palo» altro non era che la «pala eolica» e che, dietro al business dell’energia alternativa, s’era costituita una sorta di joint venture tra imprenditoria, cosche e politici, tutti interessati ad arricchirsi col nuovo affare. Cosa Nostra si dimostra essere al passo coi tempi e riesce a fiutare tempestivamente come e dove far soldi. Per realizzare i suoi scopi, in questo caso, come in altri, non esita a tessere alleanze con la politica: Vito Martino, consigliere comunale di Forza Italia in cambio di denaro avrebbe in tutti i modi favorito la Sud Wind, riconducibile all’imprenditore trentino Luigi Franzinelli, nell’assegnazione della convenzione per la realizzazione del parco eolico. Ma la mafia, oltre a scendere in campo direttamente con i suoi principali esponenti, come Tamburello, che dà una sorta di imprimatur all’affare, usa sue imprese. Una tattica, quella di inserirsi direttamente nei settori economici con propri uomini, spesso «puliti», tipica di Cosa nostra trapanese. In questo caso, il referente nell’imprenditoria della famiglia, legata al superlatitante Matteo Messina Denaro, è il salemitano Melchiorre Saladino, autorizzato, secondo gli inquirenti, ad operare come gestore dell’operazione che dovrà portare alla realizzazione del parco. Saladino si impegna a garantire al boss le somme che gli imprenditori solitamente danno alle cosche per potere realizzare i lavori nei territori da loro controllati. E Tamburello, dal canto suo, assicura alle ditte che tutto andrà senza intoppi, insomma, promette la «protezione» mafiosa.

La scelta dell’impresa da favorire tra le tante per la realizzazione degli impianti cade sulla Sud Wind, appoggiata anche dal mafioso Giovan Battista Agate, fratello del boss detenuto Mariano Agate e da Antonino Cuttone, socio di un’impresa di calcestruzzi, sorvegliato speciale, legato a filo doppio con gli Agate. Per consentire all’azienda di spiazzare la concorrenza e far vincere la Sud Wind, addirittura, Saladino riesce a mettere le mani sull’offerta della Enerpro, altra impresa candidata, chiusa in una cassaforte degli uffici comunali di Mazara. In questo modo la Sud Wind riesce a modificare rendendola più competitiva la propria proposta di convenzione col Comune. Se Saladino sovrintende alla gestione dell’affare, Martino si impegna ad aggirare tutte le lungaggini e gli intoppi burocratici che potrebbero ostacolare il progetto. Naturalmente in cambio di una tangente: 150mila euro da versare in due tranche, ma anche di una fiammante nuova Mercedes.

Tutto ricalcando il modello Cosa Nostra trapanese. “Mafia attiva, vivace, al passo con i tempi, che prima ha scoperto la nuova frontiera degli investimenti pubblici nelle pale eoliche”, dice il comandante provinciale dei Carabinieri Giovanni Barbano, o che, come spiega il capitano dell’Arma Antonello Parasiliti, “applica in chiave ovviamente mafiosa il metodo della corruzione per comprare l’aiuto di politici e pubblici funzionari” come fecero (e fanno) le grandi imprese scoperte ai tempi di tangentopoli. Cosa Nostra continua a cercare appoggi dentro la pubblica amministrazione, e li ottiene. E dove c’è business i boss si presentano e portano tutto all’incasso. Sullo sfondo il “patto” tra mafia, politica e impresa. “E’ il modello di Cosa Nostra trapanese – sottolinea il capo della Mobile Giuseppe Linares – Cosa Nostra preferisce l’approccio con le imprese al racket delle estorsioni. Negli anni abbiamo potuto verificare delle infiltrazioni mafiose nei settori produttivi. Cosa Nostra è sempre attenta a valutare le nuove evoluzioni del settore imprenditoriale e a cogliere la moda del momento, che nel caso specifico è quella dell’energia eolica. È nata così una joint venture occulta tra imprenditori come il trentino Luigi Franzinelli gestita con imprenditori locali del trapanese come Melchiorre Saladino, ritenuto vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro. Una peculiarità della mafia trapanese è la sua capacità di infiltrarsi nei settori produttivi, attraverso la costituzione di società affidate a persone non legate alle cosche che partecipano direttamente agli affari”. Grande abilità quelle possedute dalla mafia trapanese: “Matteo Messina Denaro ha una filiera di imprenditori a disposizione, e sono imprenditori che riescono a creare alleanze, insediare comitati di affari, cercando sempre di mantenere l’invisibilità, non è vero che abbiamo dinanzi una mafia al tappeto, tutt’altra è la realtà”. Tante sono le operazioni antimafia che hanno messo in luce la presenza dei mafiosi dentro l’economia. Come perciò non riuscire a leggere il fatto che in provincia di Trapani vi sia stato un attacco al territorio che la politica ha stentato e stenta a bloccare, mentre le forze dell’ordine sono riuscite a scovare dinamiche distorte. «A Trapani – spiega Linares – la mafia sta attenta al senso comune e non vuole diventare impopolare, non è come a Palermo dove chiede il pizzo anche a chi è in difficoltà. A Trapani non fanno pagare il pizzo, i mafiosi sono vettori di attività produttive, fanno da volano, sono catalizzatori di alcuni settori produttivi. Qui, non hanno la coppola, si muovono nei settori produttivi». «Ma l’onesto Nord – sottolinea Linares – non può dire che la mafia è solo in Sicilia. C’è un imprenditore – spiega riferendosi a Franzinelli – che ha preso 150mila euro e li ha messi in tasca dell’assessore Martino per fare questa corruzione».

Intanto oggi parliamo di eolico e mafia. «La maggior parte dei parchi eolici in questa provincia non funzionano – spiega Linares – ma c’è una richiesta da parte delle grandi compagnie energetiche che li comprano chiavi in mano perché devono fatturare in settori di energia alternativa». “Questo è un colpo dato a Messina Denaro che fa seguito ad altre azioni investigative riuscite e sicuramente ne precede altre continuando come si sta facendo” dice Linares che il perché del ricorso all’holding imprenditoriale lo spiega anche in altro modo: “La mafia ha fatto un passo indietro per sfuggire alle pene severe per i fatti omicidi ari, per i traffici di droga in cui si è spesso ritrovata, occuparsi di appalti, truffe e corruzione trova spiegazione e risvolto nel fatto che per questi reati le pene previste sono molto più miti”. Esempi? Un sub appalto illegale oggi scoperto comporta una condanna al pagamento di ammende nemmeno un secondo di carcere.

Lo ha citato il vice questore Linares, il personaggio di questa storia è l’imprenditore Luigi Franzinelli, arrestato per corruzione aggravata dall’avere favorito la mafia. L’indagato è socio della Sud Wind srl che ha presentato nel trapanese progetti per la realizzazione di parchi eolici e per questi impianti secondo l’accusa avrebbe versato somme di denaro e «regalato» automobili a politici e impiegati comunali.

Franzinelli ricopre cariche in diverse società. È presidente della commissione amministrativa dell’azienda municipalizzata dei servizi energetici del comune Di Riva Del Garda, che si occupa della produzione, trasporto, distribuzione e commercio di energia elettrica; presidente del «Consorzio Bardonetto», per la produzione di energia elettrica; amministratore unico della «energetica monti alburni piacentini», per la produzione di energia elettrica. È inoltre amministratore unico della «Eolo Lazio srl», «Eolo Murge srl», della «Esseolica srl», della «Gioia Tower Corporation Srl», per la produzione, trasporto, distribuzione e commercio di energia elettrica. Amministratore delegato della «Sardeolica Srl». Lo hanno arrestato mentre era in partenza per Parigi. Imprenditore e politico, col pallino dell’autonomismo, uno perciò che in Sicilia, terra da sempre legata all’autonomismo, si è bene ritrovato. Ex sindacalista, è stato segretario della funzione pubblica Cgil per un anno, tra il 92 ed il 93, ma, come affermano dal sindacato, per motivi di carattere personale, rassegnò improvvisamente le proprie dimissioni, interrompendo ogni rapporto con la Cgil del Trentino per intraprendere un’altra carriera sia in campo professionale che politico. Su questa circostanza si è aperta una querelle tra Sgarbi (al solito irruento) e il segretario generale Cgil di Trapani Mimma Argurio, questa “rea” di avere indicato ancora la presenza di soggetti di Salemi nelle indagini antimafia, si è sentita dire che Franzinelli era un suo uomo (come appartenenza sindacale) e perciò era nella Cgil che doveva guardare e non altrove. Tutto questo ovviamente il sindaco di Salemi non lo ha detto in questo modo, ma secondo il suo stile, urla e offese.

Ultima notazione. Non solo pale eoliche ma anche stamperia di euri falsi. Questo però è rimasto un progetto. Cosa nostra di Mazara del Vallo, con l’appoggio del consigliere comunale di Forza Italia Vito Martino, stava, infatti, progettando la installazione di una stamperia che avrebbe dovuto realizzare monete da due euro false, utilizzando le vecchie 500 lire. Martino insieme all’imprenditore di Salemi Saladino sono andati nel bresciano per contattare un falsario che avrebbe dovuto consegnare loro il macchinario per trasformare le vecchie 500 lire in monete da due euro. I soldi dovevano poi essere fatti girare nei supermercati trapanesi vicini alla mafia, ma non se ne fece niente perchè non fu possibile reperire il macchinario».

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