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Lettera aperta al Direttore di Repubblica

Davide Mattiello il . Senza categoria

tribunale-rc-2Caro Direttore,
ci sono molti motivi per ritenere che la forza della ‘ndrangheta nel nostro Paese sia solida e imperniata su una struttura che non soltanto si è rivelata unitaria e gerarchizzata, ma anche a “compartimenti stagni”. C’è una ‘ndrangheta visibile, che continua a comportarsi come ci si aspetta che si comporti una criminalità organizzata da 416 bis, cioè che delinque avvalendosi della forza indimidatrice del vincolo associativo e poi c’è una ‘ndrangheta “invisibile”, che colonizza capillarmente ed efficacemente gli apparati di potere anche istituzionali, con la forza del denaro, che diventa a sua volta corruzione e convenienza perversa. Un modello operativo che richiama più la vecchia e cara Legge “Anselmi” del 1982, quella che portò allo scioglimento della P2. Con una avvertenza importante: la ‘ndrangheta “invisibile” mantiene pur sempre la disponibilità dell’opzione violenta, garantita dal segmento visibile della organizzazione, qualora l’odore dei soldi non dovesse essere bastevole.
I più recenti sviluppi investigativi fanno pensare ad una “borghesia armata” capace di drenare immense quantità di denaro pubblico, forse addirittura di determinare il processo decisionale con il quale vengono deliberati a monte certi grandi investimenti, che è una cosa un po’ più grave che infiltrarsi con le proprie aziende a valle nel sistema degli appalti e dei sub appalti.
Se poi l’attuale supremazia della ‘ndrangheta invisibile la si volesse leggere insieme a quanto fin dal 1992 Leonardo Messina mise a verbale in Commissione parlametare Antimafia, o di quanto disse anni dopo un boss di peso della ‘ndrangheta, provvidenzialemte intercettato, come Luni Mancuso, e ancora più recentemente da un collaboratore ritenuto credibile come Nino Fiume, ricaveremmo un’immagine agghiacciante: l’osmosi funzionale tra le organizzazioni mafiose che ancora siamo soliti descrivere come distinte e differenti, il trasferimento della regia mafiosa in certi sodalizzi massonici, la collaborazione sistematica con ambienti storici dell’estrema destra e di pezzi di apparati di sicurezza.
Tutto ciò posto in premessa, arrivo alla questione.
Dal mio piccolo osservatorio ci sono alcuni “segni” che io non riesco a non interpretare come riflessi, non so dire quanto indiretti, della pervasività della ‘ndrangheta invisibile nel determinare le sorti di quanto accade a Reggio Calabria e dintorni.
Le è mai capitato di andare a trovare nei loro uffici i magistrati che compongono la DDA di Reggio Calabria? Per raggiungerli, al sesto piano di un edificio nato per altro, bisogna passare attraverso i bagni. Dai loro uffici però si può godere di un’ottima vista sul nuovo avveniristico Palazzo di Giustizia che sorge li davanti, a poche decine di metri: vuoto, mai finito, irridente.
Le è mai capitato di sentire parlare di Amedeo Matacena o di Vincenzo Speziali? La Giustizia italiana ha titolo per vederseli recapitare, ma i due stanno latitanti alla luce del sole il primo negli Emirati Arabi e l’altro in Libano, senza che la nostra diplomazia riesca a venirne a capo, da circa 3 anni.
C’è infine un altro “segno” che davvero vorrei poter leggere diversamente: nonostante da anni sia chiara la centralità delle vicende che germinano in quel di Reggio Calabria, nessuna grande testata giornalistica ha mai aperto una redazione stabile e robusta in quel territorio. Per carità, le notizie arrivano lo stesso, ma spesso questo si deve al coraggio di alcuni giornalisti che si muovono a proprio rischio e pericolo.
Il giornale che lei dirige e il gruppo editoriale cui fa riferimento hanno le spalle larghe: sarebbe davvero un bel segnale, di “segno” contrario, decidere di investire ed aprire finalmente una luminosa redazione affacciata sullo Stretto. No?
Cordialmente,
Davide Mattiello
Deputato, componente della Commissione Parlamentare Antimafia

Dell’Utri e la pacificazione nazionale

 

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