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Madrid, arrestato il boss dell’Arenella
Spagna, terra di camorristi in manette

Di Cimmino-Fantino il . Campania, Dai territori, Internazionale

La Spagna è terra d’affari per i
boss della camorra. Lo dimostra l’ennesimo arresto, questa volta
nei confronti del capo dei quartieri Vomero e Arenella, Antonio
Caiazzo, 50 anni, e del suo sodale Francesco Simeoli di 40 anni.
L’inchiesta che porta la firma del pubblico ministero
dell’antimafia, Raffaele Marino, non è l’unica che ha condotto
al fermo di importanti boss della camorra nella penisola iberica.

I precedenti in terra iberica

Già precedentemente, il 18 gennaio
scorso, i Carabinieri, grazie alla stretta collaborazione con l’unità
centrale della Guardia Civil, avevano arrestato Salvatore Zazo,
reggente del clan Mazzarella, che gestiva un ingente traffico di
cocaina da Barcellona destinato a Napoli; nell’ambito di quella
operazione, il Generale dei Carabinieri, Gaetano Maruccia, in alcune
dichiarazioni riportate anche dal quotidiano spagnolo “El Pais”,
aveva confermato una strategia della camorra. Fornire cocaina, dalla
Spagna, ai clan napoletani attraverso una mediazione con i cartelli
internazionali, specialmente quelli colombiani. Secondo il Generale
Maruccia, infatti, la camorra conosce il territorio spagnolo e gode
dell’appoggio della criminalità locale e quella colombiana con la
quale gestisce, in stretta collaborazione, gli affari dello
stupefacente. Sono circa dodici gli arresti, compiuti in questa
terra, che dal febbraio 2005, con quello di Raffaele Amato, hanno
assicurato alla giustizia capi-clan tra cui Patrizio Bosti in Costa
Brava, Paolo Pesce a Malaga e Raffaele Laurenti a Barcellona, tutti
legati al traffico di droga; per Vittorio Pisani, capo della Squadra
Mobile della Questura di Napoli, Antonio Caiazzo era in Spagna per
intrecciare affari illeciti relativi al commercio di droga; la
penisola iberica infatti si conferma il principale crocevia per il
traffico internazionale di sostanze come hashish e cocaina. Anche il
ristorante ”Bella Napoli”, dove sono stati fermati Caiazzo e
Simeoli, è considerato dagli investigatori un luogo di incontro di
trafficanti internazionali di droga.

Colombia-Spagna-Camorra, un trittico
stupefacente

Da mesi il rapporto tra narcos
colombiani e camorristi napoletani, con un punto di incontro in
Spagna, era venuto alla ribalta. Negli scorsi mesi due personaggi
Umberto Romano, esponente degli scissionisti di Secondigliano, e
Josuè Rejez Muñoz, ex militare addetto alle consegne di droga da
parte dei narcotrafficanti del cartello di Medellin, avevano portato
alla luce i nuovi metodi di contrattazione e acquisto degli
stupefacenti. Dopo un sequestro di cento chili di “bianca” tra le
province di Napoli e Salerno, la Dda di Franco Roberti aveva
delineato il nuovo metodo di smistamento dello stupefacente:
trasportato direttamente in Europa dai narcos, che aumentavano i loro
guadagni, accollandosi gran parte dei rischi e permettevano ai
contatti napoletani di giungere più facilmente in possesso della
merce. Proprio il coordinatore della Dda partenopea aveva
sottolineato questo cambiamento: «La novità – sottolineò Roberti –
è nella strategia adottata dai colombiani per smerciare la droga in
Europa: hanno fondato basi operative gestite direttamente da loro».
La Spagna, come avrebbe poi sottolineato il magistrato, era uno di
quei poli logistici.

A confermare queste ipotesi
investigative l’arresto, dieci giorni fa, del latitante Salvatore
Zazo, sorpreso in un call center catalano. Da lì, secondo gli
inquirenti, il reggente del clan Mazzarella manteneva i suoi
contatti per il traffico di coca, dopo essere fuggito dall’Italia. E
sempre secondo gli inquirenti La sua “bianca” era destinata ai
clan dei ‘Lo Russo’, de ‘I Capitoni’ di Secondigliano e anche al clan
‘Di Lauro’ quando era capeggiato da Paolo al centro di una delle piu’
sanguinose faide di camorra.

E proprio la sanguinosa faida tra di
Lauro e il gruppo scissionista di Raffaele Amato aveva visto al
centro anche la gestione del traffico di stupefacenti. I ribelli
guidati da Amato, furono definiti anche “Spagnoli”perchè «la
Spagna, infatti, era il luogo dove l’Amato, unitamente ad altri
esponenti di rilievo del clan Di Lauro, si recava per
l’approvvigionamento di ingenti quantitativi di sostanze
stupefacenti» (Relazione Dda 2007). E Amato era stato assicurato
alla giustizia dopo esser stato localizzato in Spagna dai carabinieri
dei Ros, nel quadro di un’articolata indagine sul narcotraffico
internazionale gestito dal clan, e infine arrestato nel 2005 a
Barcellona.

Senza dimenticare le ordinanze di
custodia cautelare emesse nei confronti di 40 persone affiliate ad
una organizzazione transnazionale colombiana, operante tra Napoli e
Roma, dedita al traffico internazionale di cocaina tra il Sud
America, la Spagna e l’Italia. Secondo il rapporto Dna «le
investigazioni, che si sono avvalse della cooperazione internazionale
hanno permesso di delineare l’intera filiera di narcotrafficanti,
facenti capo al “Cartello di Calì».

E la settimana scorsa, 41 arresti a
Roma, hanno messo in luce come camorristi, accusati di associazione
mafiosa finalizzata al narcotraffico internazionale, ritenessero
sempre la penisola iberica come terra d’elezione per massimizzare il
profitto del narcotraffico.

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