La gramigna e il gelsomino di Partinico
La piazza era vuota ieri a Partinico. C’era poca gente a dare sostegno e solidarietà al giornalista di TeleJato vilmente picchiato pochi giorni fa. Non c’era la buona parte della cosiddetta società civile, non c’era la Partinico dei giovani che vuole cambiare. Sotto al palco soltanto vecchietti distratti che si dilettavano ad osservare ed ascoltare le voci di quanti salivano a prendere la parola.
Ma c’erano tante associazioni antimafia, tra le impegnate su più fronti, ed insieme a loro tanti amministratori comunali di Corleone, Monreale, Trappeto, Alcamo, Montelepre. C’era Salvo Vitale insieme a Giovanni Impastato a ricordare l’impegno di Peppino proprio sul fronte dell’informazione libera, c’erano i ragazzi di Addio Pizzo, ed alcuni familiari di vittime di mafia, e c’era Libera con tutta la rete delle cooperative che gestiscono beni confiscati anche in quei territori.
Non si aspettavano fiume oceaniche a dare sostegno a Pino Maniaci, un giornalista “anomalo” che in questi anni ha condotto varie inchieste, forse troppo scomode, per far luce su talune questioni poco attenzionate dai media regionali e nazionali. Ma ci si aspettava un vivo interesse, per il paese di Danilo Dolci, a ribellarsi e a mobilitare le proprie coscienze.
“Bisogna recuperare la voglia di indignarsi e di arrabbiarsi – ha sottolineato in tal senso Gino Scasso, responsabile locale di Legambiente – e far sì che Partinico torni ad essere una città normale”.
Parole dure, contro il malgoverno di una città a pochi chilometri da Palermo la cui amministrazione comunale è stata sciolta per infiltrazione mafiosa, un invito palese ad esprimere la cultura della legalità in un paese dove, a detta di tanti, fino a pochi mesi di essere catturato, il giovane Sandro Lo Piccolo aveva l’ardore di prendere il caffè e di passeggiare indisturbato. Frasi pesanti che hanno scalfito la crosta del disinteresse di quanti forse guardavano quel gruppetto di persone da dietro le finestre o che passavano dalla piazza lanciando sguardi distratti.
Sono troppe le difficoltà in quel distretto, troppo vivo è il malcontento nei confronti di una politica che fatica a trovare dei validi rappresentanti e che in taluni casi non si schiera apertamente contro Cosa Nostra. Come dare torto, quindi, a Lo Monaco quando ha sottolineato la necessità di ritrovare una dimensione etica della politica. “Faccio un appello per le prossime elezioni ai partiti di tutti gli schieramenti: che non si candidino nelle proprie liste persone rinviate a giudizio”. Questa la voce del presidente del Centro Studi Pio La Torre che ha evidenziato la necessità di non abbassare la guardia contro la recrudescenza mafiosa e di sondare maggiormente sul nodo gordiano che intreccia gli affari delle imprese grandi e piccole agli interessi dei boss.
“Voi mafiosi siete i veri deboli di questo paese, e noi continueremo a colpirvi”. Questo lo sfogo di Francesco Forgione, attuale presidente della Commissione Parlamentare Antimafia perfettamente in sintonia con quello dell’Arciprete Geraci: “La chiesa di Partinico è contro la mafia, e noi non abbiamo paura di nessuno”. Frasi tonanti, lanciate in una fredda serata di gennaio, che rappresentano una rivoluzione culturale, un punto di partenza e non di arrivo.
E a chiusura le dichiarazioni emblematiche di Pino Maniaci: “Con quest’iniziativa abbiamo dato uno scossone a tutti i «malacarni»,
ma dobbiamo andare avanti e continuare a gridare, come diceva Peppino Impastato, che la mafia è una montagna di merda” – queste le parole di un giornalista scomodo che ha salutato il pubblico presente annunciando una lieta notizia – “domani le ruspe saranno di nuovo a Valguarnera a distruggere le stalle dei Vitale, gli stessi che mi hanno picchiato vilmente”.
Perché la gramigna bisogna pestarla tutta affinché possa crescere il gelsomino, anche a Partinico.
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