La “baraonda” sulla legalizzazione della cannabis
Proviamo a fare ancora qualche considerazione sulla legalizzazione della cannabis, mentre assistiamo, quasi quotidianamente, a molteplici dichiarazioni pubbliche, anche istituzionali, (autorità anticorruzione, autorevoli magistrati) che vedono favorevolmente un intervento legislativo sulla materia, dopo che il disegno di legge che lo prevede è tornato, nelle settimane passate, all’esame della competente commissione, accompagnato da un fardello di oltre 1.500 emendamenti proposti nell’aula di Montecitorio. C’è chi, come il ministro della salute Lorenzin, si oppone alla legalizzazione, mettendo in primo piano la tutela della salute dei giovani. Le ultime, censurabili, esternazioni sono della ex segretaria radicale Rita Bernardini (cfr, C.della Sera del 21 agosto scorso, pag,17) che, in maniera provocatoria (non è una novità) sollecita gli arresti nei suoi confronti per la coltivazione domestica di una cinquantina di piante di cannabis. Naturalmente, mi auguro che la polizia giudiziaria e la magistratura procedano di conseguenza, perché sarebbe davvero intollerabile un trattamento diverso rispetto a tutti gli altri cittadini che, per finalità terapeutiche o di svago o di guadagno, piantano semi di cannabis nei giardini domestici, nei sottotetti, nei campi demaniali, nelle cantine, nei box, insomma nei posti più disparati. Gli esempi, anche in questi giorni di agosto, di norma riservati alla vacanze, non mancano, come dimostrano i ripetuti intereventi di polizia di stato e carabinieri. Così, il 20 agosto, nelle campagne di Massignano (Fermo), all’interno di un’azienda agricola, i carabinieri hanno trovato un centinaio di piante di marijuana, arrestando il titolare dell’impresa e un suo dipendente. Due giorni prima era toccato agli agenti di polizia di Tivoli (Roma): sequestrate una piantagione di “maria” nel giardino di due cinquantenni con un passato non certamente “immacolato”. E, quasi nelle stesse ore, a Lorenteggio (Milano), nel box di un palazzo popolare, la polizia sequestrava una serra di marijuana, attrezzata di tutto punto, con ventilatori, deumidificatori, lampade, persino una stazione barometrica. Stessa storia a Torino, con decine di piante coltivate nelle aule di una ex scuola, in via Milillo, e a Casaletta (Sardegna) con un cinquantaseienne, poi arrestato, che accudiva una quarantina di piante. Ed ancora, in provincia di Lucca, dove polizia e carabinieri, in un duplice intervento, hanno sequestrato una serra di marijuana in un uliveto, a Cassino (Frosinone) dove, tra origano, timo e maggiorana, due fratelli avevano deciso di piantare marijuana per fare un po’ di soldi. Ma dove le cose si fanno in grande è nel napoletano, nelle zone più impervie dei Monti Lattari, con decine e decine di persone impegnate nella semina e raccolta della cannabis e nei successivi processi di essiccamento delle foglie per la produzione di marjiuana e di resina di cannabis. Insomma, vi è stata troppa sottovalutazione negli anni passati, ritenendo, a torto, che quello delle droghe cosiddette leggere fosse un problema meno rilevante per la salute pubblica (ricordate i paragoni con il fumo, con l’alcol ?) e la sicurezza rispetto a quello delle droghe pesanti. Tra i motivi che spingono alla legalizzazione della cannabis (da non confondere con la liberalizzazione) vi è chi sostiene che in tal modo si tende a intaccare il capitale della criminalità organizzata. In realtà, i grandi profitti che le varie mafie (italiane e straniere) e i diversi gruppi autonomi di trafficanti ricavano dal commercio degli stupefacenti, derivano, soprattutto, dalla cocaina e dall’eroina, i cui prezzi, all’ingrosso e al dettaglio sono incommensurabilmente più alti rispetto a quelli praticati per marijuana e hashish. Quindi, personalmente, sulla scorta anche di alcune esperienze pluriennali avute nell’antidroga nazionale (anche all’estero, come esperto), avrei qualche perplessità che, per questa via, possa essere colpita duramente la criminalità del narcotraffico nei suoi interessi economici. Di certo la vendita legale, controllata, determinerebbe consistenti entrate per lo Stato (si parla fino a dieci miliardi di euro l’anno). Ed è questo, forse, il punto che spinge alla legalizzazione.
L’hobby (italiano ma non solo) di coltivare cannabis in casa
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