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Migrazioni: alcuni (amari) “spunti di riflessione”

Piero Innocenti il . L'analisi

Gli inglesi li chiamano “food for thougts”, da noi sono “spunti di riflessione”, che proviamo a fare leggendo alcuni interessanti, analitici documenti sull’immigrazione illegale in Italia, redatti, mensilmente, dal Ministero dell’Interno. Analizzando dati e informazioni su migliaia di persone in fuga dai loro paesi, sulle incapacità, bugie e ipocrisie di molti governi nel modo di affrontare l’epocale trasferimento forzoso in atto si riescono a fare  solo riflessioni amare. Amarezza alla quale si aggiunge l’avvilimento per le morti, quasi quotidiane, di decine di profughi annegati in mare (due giorni fa, gli ultimi 30 cadaveri recuperati nel canale di Sicilia),  morti che si sommano alle vittime del terrorismo e alla paura collettiva che si diffonde con gli attentati in Europa (l’ultimo a Monaco con 9 morti e diversi feriti).
In un mondo che sembra “impazzito”, continuano, senza sosta e senza possibilità di arrestarli, i flussi migratori in diversi continenti. Anche dal Corno d’Africa, inizialmente via terra, poi via mare, verso le nostre coste, gli arrivi continuano. In questo primo semestre del 2016 si è rilevato un aumento del 13,5% di immigrati etiopi rispetto allo stesso periodo del 2015. Ciò è collegabile, probabilmente, alle tensioni culminate in ripetuti violenti scontri tra l’Etiopia e l’Eritrea, scaturiti dalla mancata delimitazione del confine tra i due Stati, in particolare nella zona di Badme, un villaggio “assegnato” da una Commissione ONU all’Eritrea, a scapito dell’Etiopia. In Eritrea, intanto, il presidente Isaias Afewerki ha imposto ai cittadini il servizio militare obbligatorio e permanente, estendendolo anche alle donne giovani e meno giovani. Qualcuno se la sentirebbe di vivere in un paese come questo o, viceversa, affronterebbe viaggi, anche rischiosi? Viaggi  (pagati, inizialmente, anche 2.000 dollari) che possono durare anche dai 4 ai 6 mesi, quelli che intraprendono i migranti in fuga dalla Nigeria, paese sconvolto dai continui scontri nella regione nord-est, tra le forze militari e i terroristi di Boko Haram. Stessa odissea tocca ai somali e agli eritrei che giungono in Libia dopo aver attraversato Etiopia e Sudan. Si fugge dal Gambia, uno dei paesi più oppressivi al mondo, tra tentativi di colpi di stato, violenze, fame e miseria (il presidente Jammeh ha decretato il carcere a vita per lesbiche e gay!). Notizie drammatiche dal Sud Sudan, un paese martoriato nelle mani di due criminali in guerra tra loro. Chi vorrebbe vivere in Malawi con l’emergenza siccità che sta causando centinaia di morti e con un presidente che, al popolo affamato, suggerisce di “..mangiare topi e cavallette”? Chi, potendo, non fuggirebbe? Scappano gli ivoriani dal loro paese colpito da una serie di attacchi terroristici rivendicati da Al Quaeda. Fuggono dalla Guinea, dal Senegal, dal Mali, soprattutto giovani maschi.
Alle frontiere i controlli, naturalmente, si fanno più stringenti. Anche in Italia, soprattutto alla frontiera aerea e marittima, la nostra polizia di stato è particolarmente allerta. Così, nel solo mese di giugno scorso, all’aeroporto di Fiumicino, sono stati ben 173 gli stranieri “respinti” e 118 a quello di Malpensa (per un totale mensile, inclusi altri scali, di 473 persone). Anche nei principali porti (Ancona, Bari, Brindisi, Venezia) la polizia di frontiera ha operato con particolare attenzione “respingendo” 233 stranieri (140 solo a Bari). I motivi dei respingimenti sono quelli ricollegabili al Codice Frontiere Schengen e attengono alla mancanza di un documento di viaggio valido, all’uso di uno falso o contraffatto, alla mancanza di idonea documentazione sullo scopo e la condizione del soggiorno, alla mancanza di visto o di permesso di soggiorno,  alla mancanza di sufficienti mezzi di sussistenza  in relazione al periodo e alle modalità di soggiorno. Nel mese di giugno, i principali motivi di respingimento (in prevalenza verso albanesi, moldavi e nigeriani) sono stati quelli riconducibili a mancanza di idonea documentazione sullo scopo del soggiorno e alla mancanza di visto o permesso di soggiorno.
Tre stranieri – un serbo, un romeno e un albanese -sono stati respinti alla frontiera perché considerati pericolosi per l’ordine pubblico.  Attenta, come mai in questo periodo, l’azione di prevenzione generale svolta da polizia di stato e carabinieri su tutto il territorio nazionale, con 2.143 stranieri irregolari rintracciati dall’inizio dell’anno e 435 rimpatri forzati nel solo mese di giugno, verso l’Egitto, la Tunisia, il Marocco, l’Albania, la Nigeria, l’Ucraina, la Cina e la Georgia. Un grande sforzo sul piano organizzativo e delle risorse finanziarie di cui va dato atto sia al Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione che alla Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, che porta, alla fine, ad un modesto numero di riconoscimenti del solo status di rifugiato – 2.350, pari al 5% del  totale nel corrente anno – contro i 29.507 non riconosciuti (pari al 60%). Anche su questo punto, dunque, le “riflessioni” non possono che essere amare.

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